Il nostro Paese si dota per la prima volta di una strategia, riassunta in un documento-guida di riferimento per le istituzioni
Con una prevalenza di 113 milioni di persone che ne sono affette, le malattie cardiache sono ancor oggi la causa di mortalità più comune in Europa, dove i nuovi casi superano i 12,7 milioni ogni anno.
La relativa spesa sanitaria complessiva tocca così i 300 miliardi di euro, il 2% del Pil.
In Italia, che si colloca a un livello di rischio cardiovascolare moderato, i decessi sono più di 220 mila l’anno, con una prevalenza di 7 mila casi ogni 100 mila abitanti: più elevata non solo di Paesi a basso rischio come Francia e Spagna, ma anche della media continentale. E, tra costi diretti e indiretti, nel 2021 il Sistema sanitario nazionale e quello previdenziale hanno speso circa 20 miliardi.
Il Piano strategico nazionale per la salute del cuore
Partendo da questi presupposti, e dalla considerazione che l’invecchiamento della popolazione si tradurrà in un ulteriore aumento di queste patologie, la Federazione italiana di cardiologia ha ritenuto “necessario e non più rinviabile” un intervento per elaborare, analogamente a quanto già realizzato per esempio per le malattie oncologiche, una guida di riferimento per le istituzioni.
In occasione della Giornata mondiale del cuore del 29 settembre, è stato così elaborato, in collaborazione con Società italiana di cardiologia e Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri e con il sostegno della Società europea di cardiologia, il primo strumento programmatico di settore: un Piano strategico nazionale per la salute del cuore.
Linee guida che si legano alla considerazione, sottolineata dai più recenti studi, che il 40% dei nuovi casi e il 50% delle morti per malattie cardiovascolari sono evitabili attraverso la prevenzione, legandosi a fattori di rischio modificabili perché determinati da stili di vita non corretti.
I punti fermi del piano
L’obiettivo del piano, un documento articolato di 89 pagine, è proprio quello di stimolare l’adozione di politiche concrete di aiuto alla tutela della salute del cuore, di gestione della cronicità e di programmi di prevenzione, primaria e secondaria, che guardino ai principali fattori di rischio cardiovascolare, a partire da colesterolo alto e ipertensione.
Insieme alla promozione in scuole e luoghi di lavoro di campagne educazionali di disincentivazione del fumo, di educazione alimentare e di promozione dell’attività fisica, alla previsione di percorsi di cura chiari e omogenei, alla riduzione delle disuguaglianze garantendo l’equità nelle cure e alla maggior digitalizzazione per snellire la burocrazia, il Piano fissa così alcuni punti fermi.
In primis, si suggerisce l’introduzione dell’obbligatorietà, a partire da 18 anni, degli screening su colesterolo e pressione, così come, superati i 65 anni, di un controllo tramite elettrocardiogramma con cadenza annuale. Attività che consentirebbero di intercettare precocemente i soggetti a rischio.
Ma si punta anche sull’innovazione hi-tech, che ha permesso tra l’altro di sviluppare innovativi farmaci ancora poco diffusi, sull’intelligenza artificiale per il ripensamento dei percorsi diagnostici e terapeutici e, a livello territoriale, sulla previsione di piste ciclabili e spazi dedicati all’attività fisica nei parchi, creando cioè aree pubbliche cittadine vere e proprie “alleate dello sport” per la riduzione della sedentarietà
Alberto Minazzi