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Covid: Veneto, ecco come i vaccini riducono le terapie intensive

Covid: Veneto, ecco come i vaccini riducono le terapie intensive
Paolo Rosi

«Nella situazione attuale, se nessuno fosse vaccinato, avremmo 140 ricoverati in terapia intensiva. Se invece tutti avessero ricevuto le due dosi, avremmo solo 7 ricoveri in area critica anziché l’attuale cinquantina».
A fare il punto su come la vaccinazione stia aiutando a gestire l’emergenza sanitaria in Veneto è stato il responsabile delle terapie intensive della regione, Paolo Rosi.

Vicini alla “fase 2”

Nel bollettino presentato dal presidente Luca Zaia, la situazione nelle terapie intensive del Veneto è stabile a quota 52.
In realtà, spiega Rosi, da 48 ore le dimissioni hanno superato gli ingressi.
«Se continuiamo così, riusciremo a restare sotto il livello d’allarme. E, pur essendoci comunque un margine d’errore, la previsione più realistica è che non ci sarà un considerevole aumento oltre quota 50».
Superare questo livello significherebbe entrare nella “fase 2” regionale, passando dall’ordinario all’emergenza e attivando così i posti letto di intensiva in stand by. L’unica provincia veneta che attualmente è abbastanza tranquilla è Belluno, con un ricovero in rianimazione, mentre per il resto la distribuzione è tutto sommato uniforme, pur con le punte di Padova e Verona.

I pazienti in terapia intensiva

Pur essendo ancora attorno alla cinquantina di ricoveri, quindi con percentuali di riempimento sotto controllo, si tratta in ogni caso di pazienti impegnativi. Gli intubati o ventilati sono ad esempio 32 e 3 (2 a Mestre e 1 a Vicenza) sono in assistenza con respirazione extracorporea. Sostanzialmente stabile, rispetto allo scorso anno, è il numero di positivi che finiscono in terapia intensiva (1 su 300), perché – spiega Rosi – «in gran parte si tratta di non vaccinati».

Sono invece cambiate nettamente le fasce d’età ricoverate. Il 58% ha meno di 60 anni, di cui il 27% meno di 50, con un 16% di 60enni e un 20% di 70enni. E anche questo dato si spiega con la vaccinazione. Del resto, di 257 ricoverati dal primo maggio, solo 18 (il 7%) sono persone che avevano ricevuto entrambe le dosi, con un 78% di non vaccinati e un 14% con una sola dose.
Su 100 mila abitanti non vaccinati, i ricoverati non vaccinati sono 3, i vaccinati 0,17.

I decessi e la degenza media

L’effetto della vaccinazione è evidente non solo per la riduzione drastica dei ricoveri in terapia intensiva, ma anche per quanto riguarda i decessi. Se prima il 40% dei ricoverati moriva, adesso il 73% viene dimesso: dato ritenuto conforme alla riduzione di età. E dei 57 morti dal 1 maggio, solo 3 avevano completato il ciclo vaccinale. Un quarto dei decessi ricade nella fascia over 70, un altro quarto in quella 60-70, con solo 7 casi con meno di 60 anni e 2 meno di 50.

Significativi anche i dati della degenza media. I ricoverati in area non critica si fermano in ospedale 12 giorni. Chi passa in terapia intensiva mediamente 71 giorni, con punte di 150 giorni. E spesso, anche se dimessi, escono con gravi conseguenze croniche. «Possiamo concludere – afferma Rosi – che in terapia intensiva stiamo ricoverando i non vaccinati, perché la protezione del vaccino è quasi totale».

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