I numeri stanno cambiando, il Veneto resterà in zona gialla.
I dati relativi alle ospedalizzazioni, nella settimana fino al 19 gennaio, si sono infatti mantenuti al di sotto della soglia del 30% (26%) per le occupazioni in area medica e sono ritornate al di sotto della soglia del 20% (18%) per le terapie intensive. Fuori soglia resta solo l’incidenza, attualmente a 2.587, mentre anche l’Rt è sceso da 1,34 a 1,22.
“I dati sono in flessione da 5-6 giorni e quindi, pur prudenzialmente – ha detto il presidente della regione Luca Zaia – possiamo ben sperare. Anche perché, rispetto all’Inghilterra, il nostro ritardo è quantificabile in circa 15 giorni: dovremmo aver iniziato la fase di stallo per poi passare al calo dell’infezione”.
Un nuovo scenario
Rispetto allo scorso anno, la situazione è completamente diversa.
Se i nuovi positivi sono passati da 1.359 a 21.833 con un totale di 273.895 attualmente positivi a fronte dei 57.469 del 2021, i ricoverati sono oggi meno di quelli di un anno fa (2.010, rispetto a 2.898), con 205 persone in terapia intensiva contro le 338 del 2021.
“Nonostante i tanti positivi – ha commentato Zaia – in alcune giornate i dimessi hanno superato i ricoverati. Il virus si sta endemizzando, perché Omicron è molto contagiosa, ma non altamente letale. E i dati dimostrano che la vaccinazione ci ha dato una grande mano”.
Al riguardo, i Veneti vaccinati sono l’88,5%, con il superamento, questa mattina, dei 10 milioni di somministrazione. Quanto alla fascia 5-11 anni, la percentuale di copertura è infine al 30,8%.
Zaia: “dobbiamo cambiare strategia”
Sulla base di questi dati, Zaia ha rinnovato la richiesta al Governo di cambiare strategia.
“Con le norme attuali previste dal piano di sanità pubblica, in questa nuova situazione ci ritroviamo nel caos e di fronte alle comprensibili lamentele dei cittadini – ha detto il presidente -. Un tema su tutti è quello del contact tracing, perché non è possibile farlo su 21 mila persone ogni giorno e sono bravissimi i nostri ragazzi che riescono a salvaguardarlo nel 40% dei casi”.
Alla base di tutto, per il presidente del Veneto c’è dunque la modifica della definizione di “caso” sulla base di quanto indicato dall’Ecdc e, ad esempio, già fatto in Gran Bretagna.
“Bisogna dare fiducia al cittadino, che si ponga autonomamente in isolamento se positivo. E poi la partita dei tamponi, da ridurre e semplificare, in particolare per quanto riguarda la scuola. Il passaggio successivo sarà poi quello di ragionare sull’ospedalizzazione, in particolare nella gestione dei cosiddetti “Covid per caso”, cioè le persone trovate positive all’ingresso in ospedale”.
Le proposte
A fare il punto sulle richieste è infine intervenuta Francesca Russo, direttore della Prevenzione del Veneto e componente del gruppo nazionale che sta riflettendo su queste tematiche.
“Chiediamo misure adattate al contesto attuale e sostenute dalle evidenze, per evitare scelte non razionali”, ha detto Russo.
Un tema particolarmente significativo è quello della durata dei tempi di isolamento e quarantena, riguardo ai quali “ci sono difficoltà, soprattutto per il ritorno al lavoro degli asintomatici vaccinati”.
Puntando sul “breve periodo di contagiosità di Omicron”, la proposta è quella di consentire il ritorno all’attività, soprattutto dei lavoratori dei servizi essenziali, dopo il passaggio di 3 giorni, dando il via ad un ulteriore periodo di autosorveglianza di 3 giorni, durante i quali indossare la mascherina Ffp2 in tutti i contesti.
Infine, il direttore della Prevenzione del Veneto si è soffermato su contact tracing a scuola,“non più utile, perché non più misura di mitigazione del rischio, visto che non blocca la circolazione”.Russo ha infine sottolineato che “La sorveglianza a scuola è oggi insostenibile -ha concluso Russo -.Con le regole attuali c’è il rischio che i bambini debbano restare in quarantena permanentemente”.