Molecolari e antigenici. Naso-faringei e salivari.
Con nuovi prodotti, adesso, che sono anche in grado di rilevare direttamente le varianti, a partire da Omicron.
Sono sempre più le tipologie di tamponi che, con un grado di attendibilità più o meno elevato, ci possono dire se siamo o meno positivi al Covid.
E sono sempre maggiori le richieste.
A partire dalle festività natalizie, la diffusione dei tamponi “fai da te” ha registrato un vero e proprio boom, tanto da averli resi per un certo periodo introvabili.
Adesso, dopo il rapido esaurimento delle scorte e il conseguente aumento dei prezzi, la situazione sembra tornata alla normalità.
Tampone fai da te
Tutti, così, possono ora verificare in autonomia l’eventuale positività. “Anche se – ricorda il responsabile dell’area di ricerca di Immunologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, Lorenzo Moretta – va ricordato che non tutti sono in grado di farlo correttamente e quindi non hanno lo stesso valore di un test effettuato in farmacia o in un punto tampone ufficiale, se non quello di dare delle indicazioni su come orientarsi”.
Il kit test “individua-Omicron”
Già lo scorso 28 novembre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emesso una raccomandazione ufficiale volta a sollecitare l’utilizzo di kit che siano in grado di identificare le diverse varianti già al momento del rilevamento della positività. L’ultima novità, in questo settore, sono i kit diagnostici di rilevamento sviluppati dall’italiana Menarini Diagnostics.
“Nell’annuncio – precisa Moretta – si parla di una risposta in 2 ore. In realtà è il test che ha una durata di 2 ore, ma questa nuova opportunità è comunque sicuramente utile. Perché si tratta di un test Pcr, quindi più preciso, in grado di indicare subito di fronte a quale variante ci si trovi, compresa Omicron. In pratica, rispetto a quanto avviene ora, il vero vantaggio è che si passa a una sola fase rispetto alle 2 attuali. Al momento si rileva infatti in un primo tempo la sola positività e solo successivamente si procede con il sequenziamento”.
Il kit appena annunciato, compatibile con la maggior parte dei protocolli attualmente in uso, è in grado di rilevare l’rna virale anche dai tamponi salivari, oltre che da campioni naso-faringei o da prelievi combinati dalla mucose della bocca e della parete posteriore della faringe. La metodica utilizzata sarebbe inoltre in grado di amplificare le tracce del materiale genetico del virus anche a fronte di una bassa carica, compresi gli asintomatici.
Le tipologie di tampone
Lo sviluppo della tecnologia, in questi anni di pandemia, ha permesso di arrivare a perfezionare sempre più gli strumenti a disposizione dei laboratori per la fase di testing.
“Ci sono almeno un paio di tamponi antigenici di terza generazione – fa il punto Moretta – che hanno dimostrato di funzionare molto bene, con un netto aumento della sensibilità. Anche se, ovviamente, quelli più sicuri restano i molecolari, che si basano sul sistema di amplificazione Pcr per rilevare la carica virale”.
Il tampone resta comunque l’esame più affidabile per rilevare la presenza del virus. Tecnicamente, è un test molecolare, cioè un’indagine diagnostica con cui si ricerca nell’organismo la presenza di frammenti del materiale genetico da cui è composto l’agente infettante.
I campioni da analizzare vengono rilevati normalmente dal naso del sospetto positivo.
Il test salivare e i test rapidi
Attualmente sono disponibili anche test molecolari rapidi, che ricercano le tracce del virus non nel muco, ma nella saliva, rendendo più semplice il prelievo anche fai da te. Nonostante la sempre maggior evoluzione, questi test restano però assai meno attendibili di quelli classici.
Vi sono poi i test antigenici rapidi, che ormai costituiscono la maggioranza di quelli effettuati, anche dalle strutture pubbliche. In questo caso, non si cerca il materiale generico del virus, ma la presenza nell’organismo di proteine virali in grado di legarsi agli anticorpi nel campione prelevato con tampone o nella saliva. I pregi sono la rapidità del risultato, senza la necessità dell’intervento di personale sanitario, e i costi contenuti. Anche in questo caso, però, la velocità va parzialmente a discapito dell’attendibilità.
Quale tampone? La discussione è aperta
Nella strategia di contenimento della pandemia, le posizioni astrattamente possibili sono dunque diverse. Tra le Regioni, l‘Emilia Romagna è stata la prima a introdurre la possibilità di gestire l’uscita dall’autoisolamento dei positivi senza bisogno di ricorrere nemmeno alla farmacia, ma semplicemente attraverso l’autosomministrazione di un test antigenico nasofaringeo o rapido fai da te.
Una soluzione, questa, che lascia però dubbiosi gli esperti, proprio per i limiti dei test antigenici rapidi. Alla minor sensibilità e alla ridotta finestra temporale per identificare la positività si aggiunge infatti la difficoltà, per chi non è “del mestiere”, di raccogliere da se stesso un campione valido.
Il rischio di falsa negatività, per di più, aumenta ulteriormente in considerazione della maggior capacità di Omicron, ora prevalente, di sfuggire ai test. Al riguardo, sono in fase di revisione alcuni studi che sembrerebbero indicare la saliva come miglior campione per rilevare la variante.
I tamponi tornano in farmacia
“A oggi, la disponibilità di tamponi nelle farmacie è tornata ampia” assicura intanto il presidente di Federfarma Veneto, Andrea Bellon. “E ce ne sono per tutti i gusti: dai nasali ai salivari, che però in questo momento non hanno un grande appeal”. Insomma: almeno in Veneto, il tampone salivare non sfonda.
“Hanno avuto fortuna breve, legata soprattutto al periodo fino a cui il rino-faringeo è stato piuttosto invasivo. Da quando la gente si è resa conto che, adesso, si penetra nella narice solo di 1,5 o 2 cm, riducendo al minimo il fastidio, è tornata a preferire questi tamponi, che sono più maneggevoli e più comodi dei salivari”.
Dopo il boom natalizio, comunque, la vendita di tamponi fai da te è tornata sui livelli precedenti.
“In questi 2 anni – sottolinea Bellon – i prodotti legati al Covid hanno registrato oscillazioni di domanda pazzesche. Gli stessi tamponi fai da te, che sono sul mercato ormai da un anno, all’inizio non li voleva nessuno, poi ci siamo trovati di fronte a una carenza improvvisa per l’esplosione delle richieste. E c’è voluto un paio di settimane per ristabilire le forniture, visto che si tratta di merce che arriva dalla Cina. Grazie alla rete di distribuzione, comunque, le farmacie sono riuscite a rispondere per prime alla domanda nei momenti di difficoltà. Adesso, la domanda è ancora un po’ più alta della media, ma senza più esagerazioni”.
Quanto costa un tampone
Riguardo ai tamponi, infine, c’è chi si lamenta che in farmacia costano di più. “È bene ricordare – risponde il presidente di Federfarma – che, così come per le mascherine, non abbiamo nessun tipo di esclusiva, per cui può esserci qualche tabaccheria o cestone nei punti della grande distribuzione in cui si trovano a un prezzo più basso. Noi siamo mediamente tra i 5 e i 10 euro, sia per i nasali che per i salivari e mi sembra che, da quando la situazione è tornata alla normalità, i prezzi si siano più o meno allineati. Si tratta però, lo ripeto, di un mercato molto fluido. Basti pensare alle mascherine Ffp2, che prima erano un prodotto di nicchia, mentre adesso nessuno compra più le chirurgiche. Ma anche ai tamponi di seconda o terza generazione, che hanno perso appeal da quando siamo stati autorizzati ad effettuare i controlli di fine quarantena con test di prima generazione”.
Alberto Minazzi