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Covid: dalla nuova variante in Francia alla "pista" dei topi per omicron

Covid: dalla nuova variante in Francia alla "pista" dei topi per omicron

I virus mutano continuamente.
Lo abbiamo imparato tutti, a nostre spese, nel corso degli ultimi due anni. Così, se adesso è il momento della variante Omicron, che ha portato il contagio da Sars-CoV-2 a livelli mai registrati prima durante la pandemia Covid, già circolano nuove forme del coronavirus.
Una, al centro di un paper appena pubblicato, sarebbe stata individuata in Francia a dicembre.Riguardo a Omicron, intanto, nuovi studi, in questo caso cinesi, stanno valutando se nell’evoluzione del virus umano c’entrino anche i topi.

La nuova variante: dal Camerun alla Francia

Sono 12, al momento, i casi di Covid che sarebbero ricollegabili alla nuova variante B.1.640.2 (la sigla con cui è stata depositata nel database internazionale Gisaid).
In attesa della definizione ufficiale dell’Oms, che non le ha ancora dato un nome, è stata chiamata “IHU” dall’unità francese di Marsiglia che l’ha identificata per la prima volta il 9 dicembre.
Il “paziente zero”, in questo caso, sarebbe stato un viaggiatore proveniente dal Camerun. Mentre i restanti casi hanno riguardato persone residenti a Forcalquier, nel Sud del Paese.

IHU, la variante con struttura simile a omicron

IHU (che prende il nome dall’acronimo dell’Istituto Mediterranee Infection), spiegano i ricercatori, è abbastanza simile, nella sua struttura, a Omicron.
Presenta 46 mutazioni e 37 soppressioni immunitarie, 23 delle quali sulla proteina Spike. Ma, a differenza della variante ormai dominante anche in Francia, “non si è diffusa rapidamente”, come ha dichiarato a Daily Mail il capo dell’équipe che l’ha scoperta, Philippe Colson.

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Una variante che al momento non preoccupa

L’annuncio della scoperta, anticipato da un tweet dell’Istituto IHU il 9 dicembre, è stato ora ripreso in versione non sottoposta a revisione paritaria sulla piattaforma Medrxiv. Tra le mutazioni rilevate, la E484K, che renderebbe il virus più resistente ai vaccini, e la N501Y, che potrebbe facilitarne la trasmissibilità.
In ogni caso, nel mese trascorso dalla scoperta, l’Oms, che comunque sta vigilando anche su questa nuova mutazione, non ha inserito la variante tra quelle “di preoccupazione” (Alpha, Beta, Gamma, Delta e Omicron) o “di interesse” (Lambda e Mu). Del resto, IHU deriverebbe da B.1.640, che è stata individuata per la prima volta a settembre ed è “variante sotto monitoraggio” già da novembre.

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Omicron e i topi

Riguardo a IHU, inoltre, alcuni virologi sottolineano che sarebbe addirittura precedente a Omicron. Ed è quindi sulla variante che ha causato in tutto il mondo la nuova ondata di contagi che si concentrano al momento i principali studi. Al riguardo, va evidenziato un lavoro cinese, citato dal Journal of Genetics and Genomics, che avrebbe individuato l’origine della mutazione in un salto di ritorno del virus dai topi all’uomo.

Il presunto “spillback” al genere umano

I ricercatori cinesi, che hanno studiato le 45 mutazioni di Omicron, avrebbero individuato un primo passaggio del virus dall’uomo ai topi e un successivo ritorno (in gergo “spillback”) al genere umano con nuove mutazioni specifiche.
La teoria era stata avanzata, già a dicembre, anche dagli studiosi dell’Università di Washington e dell’Istituto nazionale di genetica molecolare.
Non è però l’unica tesi, visto che le mutazioni potrebbero collegarsi anche all’evoluzione del coronavirus nell’organismo di una persona immunocompromessa con un’infezione di lunga durata.

Alberto Minazzi

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Tag:  coronavirus