L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito un probabile collegamento con i cani procioni del mercato di Wuhan
Nei tamponi raccolti al mercato della città cinese da dove tutto è partito con il primo focolaio, sono state trovate tracce del virus insieme a materiale genetico di cani procioni.
Parte da qui la considerazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che il responsabile della pandemia sia potenzialmente questo animale, un tipo di volpe asiatica, un po’ cane, un po’ tasso.
La scoperta dei cani procione a Wuhan si deve a una ricerca di Istituto Scripps, Università di Sidney e Università dell’Arizona, a Tucson, che aveva notato sul database open Gisaid, un archivio di sequenze genetiche dei virus, una serie proveniente proprio da quel mercato nelle primissime fasi della pandemia.
Le successive analisi di quei dati hanno condotto alla presenza di animali potenzialmente infetti dal Covid, in particolare ai cani procione, venduti nel mercato ittico di Wuhan.
Il cane procione responsabile del Covid?
Proprio i risultati delle analisi, dice l’OMS, mostrano che oltre alle sequenze di Sars-CoV-2, alcuni campioni contenevano anche Dna umano e Dna mitocondriale di diverse specie animali, comprese alcune note per essere suscettibili al virus come appunto i cani procione, ma anche istrici della Malesia e ratti del bambù.
Questi dati, come chiarisce la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, sebbene rappresentino un passo avanti per ricostruire l’origine della pandemia, non sono prove conclusive. Per questo invita a rendere immediatamente disponibili tutti i dati relativi allo studio delle origini di Sars-CoV-2, in attesa che siano pubblicati studi definitivi sui procioni come potenziali animali intermedi.
L’origine naturale del virus non è in discussione
A sostenere la teoria che siano proprio i cani procione i responsabili della diffusione del virus vi sono anche due precedenti studi che localizzano la multipla origine zoonotica (le zoonosi sono infezioni o malattie che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo, ndr) di Sars-CoV-2 nel mercato ittico e non nel bio-laboratorio di Wuhan.
Tuttavia, poiché i dati che hanno portato alle recenti deduzioni non sono più disponibili nel database Gisad, l’OMS ha fatto partire un richiamo nei confronti della Cina per avere reso pubblici i dati solo a tre anni dalla loro raccolta.
Il 18 marzo, inoltre, l’Organizzazione ha pubblicato una nota nella quale si riportano i chiarimenti della Sanità cinese sul perché non vi siano più, promettendo la pubblicazione di uno studio definitivo su Nature a partire dal preprint originale, la bozza di articolo scientifico non ancora valutata da una rivista accademica che prevede revisione paritaria.
Silvia Bolognini