Col processo di digitalizzazione degli Archivi di Stato le informazioni storiche rivivono grazie ai “big data”
Viaggiare nel tempo e nei luoghi, in una sorta di quarta dimensione accessibile: da Leonardo in poi, è il sogno di molti. Su quel sogno sono stati scritti libri, realizzati film, costruiti prototipi di macchina del tempo che consentissero di oltrepassare le barriere. Invece, a breve, il viaggio lo faremo a piedi. Anzi, comodamente seduti nella nostra poltrona di casa, o davanti al computer dell’ufficio, recuperando in un sol attimo ben 80 km di documenti custoditi all’Archivio di Stato dei Frari e altrettanti sparsi nella rete.
Si parla di “Big data”. Big perché i dati che andranno a confrontarsi sono tanti. Big perché sono veloci. Big perché sono vari. Cosa potremo sapere? Le cose più impensabili, perché i dati, nell’arco di un secondo, si accavallano, si intrecciano, si relazionano, scoprendo anche i più insospettabili legami tra fenomeni diversi e travalicano le normali capacità di hardware e software noti.
A garantirlo è il progetto “Venezia Time Machine”, attivato dall’Archivio di Stato di Venezia in collaborazione con il Politecnico di Losanna e l’Università Ca’ Foscari. E non si tratta di fantascienza, ma di tecnologia, perché sarà un particolare motore di ricerca a consentire tutto ciò, in virtù di un lavoro di digitalizzazione dei documenti iniziato qualche anno fa e ora giunto a buon punto. L’infinitamente piccolo diventerà quindi infinitamente grande, perché dai dati si andrà direttamente all’esperienza. Quello che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo sognato pensando ad una fantomatica macchina del tempo.
Solo una cosa varia, rispetto all’idea che di questa abbiamo: qui si viaggia in una sola direzione: il passato. Ma a consentircelo, è ancora una volta una sola direzione: il futuro. Futuro significa far diventare un impolverato archivio un suggestivo luogo ricco di fascino e di avventura. Significa stare ad un passo dalla realtà aumentata per ricostruire, nel momento in cui si cercano informazioni, ad esempio su un palazzo, tutta la storia dei suoi abitanti, la loro quotidianità fatta di spese e di impegni documentati. Quanto pagavano di affitto? Chi ha comprato nel 1657? Quel che un tempo era impossibile sapere ora è a portata di click. È come mettere la lente di ingrandimento su un luogo e vederlo magicamente vivere. Quante navi partirono da Venezia nel 1223? Cosa trasportavano? A che ora salpavano? Da dove? Libri mercantili, contratti di vendita, mappe, appalti, diari e ogni documento in sé poco interessante, diventano tutt’uno, aprendo il sipario sulla storia come mai è stato aperto.
Tutto in rete quindi? A disposizione di tutti? Quasi. Finora sono stati digitalizzati 190.000 documenti dell’Archivio di Stato, 720 mila immagini della fototeca della Fondazione Cini, 230 anni di storia dei fondi fiscali e catastali della Magistratura dei Dieci Savi. Con fatica, ma soprattutto con la necessità di individuare tecnologie adeguate a ogni tipo di documento (creando quindi anche macchinari specifici per ognuno di questi), gran parte delle informazioni che la Repubblica della Serenissima ha diligentemente conservato e tramandato è stato digitalizzato.
La grande sfida, ora, riguarda i manoscritti, per i quali il Politecnico di Losanna, basandosi sui principi della tomografia, usata per le diagnosi delle radiografie mediche, conta di poter andare a digitalizzare ogni pagina senza neppure aprirli, in modo tale da non deteriorarli. Impossibile? Pare di no: i raggi x, che già riescono a riprodurre immagini a strati del corpo, riconoscendo il ferro contenuto nell’inchiostro usato nel passato potranno decifrare lettera per lettera, senza aprirlo, un intero libro. (C.T.)