La chiamiamo spesso “terraferma“, quasi anteponendola alla città d‘acqua per antonomasia che è Venezia.
Eppure basterebbe la toponomastica di Mestre a mostrare come la città abbia da sempre vissuto in simbiosi con l’acqua. Via Porto di Cavergnago, via Brenta Vecchia, oppure Riviera Marco Polo, Riviera 20 Settembre.
Sono solo alcuni esempi che ricordano come Mestre abbia per secoli basato la propria vita sui corsi d’acqua
che irrorano il proprio territorio come vene pulsanti.
Il Marzenego, in particolar modo, ha sempre costituito l’arteria principale della fitta maglia di fiumi, fiumiciattoli e canali che solcano l’entroterra mestrino.
Non è un caso che, nel suo ultimo tratto, sia stato ribattezzato “Flumen de Mestre”.
Se i nomi delle strade della città ricordano il passaggio dei letti di vecchi fiumi e canali, il loro andamento sinuoso rispecchia come gli edifici fossero eretti in conformità al passaggio dei rii, come si nota nelle immagini satellitari di Via Giardino e Via S. Girolamo, laddove si insinuavano anticamente le acque del citato rio S. Girolamo.
Anche il toponimo “via Porto di Cavergnago” ci ricorda che lì sorgeva il primo porto commerciale della terraferma, non lontano dall’antica foce del “Flumen de Mestre”.
Dall’interramento alla riscoperta di un’identità
Eppure, questa vocazione fluviale e acquea di Mestre è andata svanendo nel corso del tempo.
In particolar modo, il pragmatismo dell’otto e novecento hanno portato all’interramento dei canali e alla copertura dei fiumi.
Negli ultimi decenni, la tendenza è stata invertita.
La pedonalizzazione e la riqualificazione del Borgo di S. Lorenzo e dell’area del Castello di Mestre hanno riconosciuto e riconsegnato alla città il suo Centro Storico.
In questo differente contesto urbano le vie d’acqua assumono il nuovo ruolo di conferire nuovamente la bellezza e la piacevolezza del contesto naturale originario alla città. Per questo il tratto del Ramo Campana, precedentemente coperto, è stato riportato alla luce
Sponde e arginature sono state rese percorribili e fruibili.
La navigabilità, dove possibile, è stata ripristinata e sono stati creati posteggi per le barche nell’Osellino, fin quasi al Ponte Colombo.
Il Parco Fluviale di Mestre
Sempre in quest’ottica, è stato recentemente presentato il progetto per il nuovo Parco Fluviale del Marzenego.
Un progetto molto ambizioso ed all’insegna del green, mirata a risolvere numerose questioni in sospeso da anni.
Il progetto del parco infatti, comprende anche il recupero di habitat naturali e di edifici storici -compreso il Ponte di Castelvecchio, la riqualificazione dell’area dell’ex ospedale Umberto I e la creazione di un vero e proprio Parco Naturale attraversato da percorsi ciclabili.
Il riscatto ambientale di Gazzera
Anche la viabilità cittadina sarà interessata dal progetto, che prevede la contestuale realizzazione del collegamento tra il vicino snodo della Gazzera e la tangenziale e il completamento del raccordo viario Brendole-Castellana della linea del sistema ferroviario metropolitano.
Un riscatto ambientale per Gazzera, che tornerà a essere la porta attraverso la quale Mestre si affaccerà all’entroterra. Il “nuovo Castelvecchio” tornerà ad essere l’epicentro della vita cittadina e il corridoio ecologico del Parco Fluviale, penetrando fin dentro il Centro Storico, farà tornare il Marzenego e le sue acque al centro del progetto urbano.
Il Marzenego
Il Marzenego ha rappresentato fonte di vita e di ricchezza per la città.
Nel medioevo ospitava lungo le sue sponde svariate attività, dalle cave e le fornaci di laterizi, ai mulini e ai maceratoi per la lavorazione tessile di lino e canapa.
Nella stessa epoca, le sue acque scorrevano lungo il confine fra il dominio patavino e quello di Treviso, che eresse una moltitudine di castelli a scopo difensivo. Alcuni di essi -come la Rocca dei Tempesta a Noale non smette di affascinare ancora oggi, riflettendosi sulle acque placide del fiume.
In questo contesto la città di Mestre divenne un centro fondamentale e strategico, al vertice fra le due potenze terrafermiere e il Dogado veneziano: il Marzenego rappresentava il crocevia fluviale d’accesso più vicino all’isola di Venezia e, assieme ai corsi d’acqua minori circostanti, costituiva un’importantissima rete navigabile.
Castelvecchio e le sue acque
Ha sempre svolto un ruolo chiave anche nello sviluppo urbano.
Acquisite le acque del Rio Storto e del Rio Cimetto, il fiume si biforca all’altezza di Via Olimpia dividendosi nel ramo cd. delle Beccherie (o di S. Lorenzo) a nord, e nel ramo cd. delle Muneghe (o Campana) a sud.
Nella porzione compresa fra i due rami, presso l’ex Umberto I, sorgeva il primordiale Castelvecchio che, dopo l’incendio del 1274, fu progressivamente abbandonato.
Nel XIV sec., il Dogado veneziano costruì più a est il Castelnuovo il quale, nonostante si trovasse oltre il ramo nord, era attraversato dalle acque del rio San Girolamo.
All’altezza dell’ex ospedale, il rio si distaccava dall’ansa del ramo Beccherie, correndo grossomodo parallelamente ad esso, seguendo via Einaudi e via S. Rocco, svoltando prima a nord lungo via S. Girolamo e poi a est lungo via Giardino, per immettersi nuovamente nel ramo nord presso il Ponte Colombo.
Il rio fu interrato nei primi ‘900.
La nascita del Canal Salso
Stesso destino toccò al canale Brentella, il cui corso deviava dal ramo sud del Marzenego all’altezza del Ponte della Campana, proseguendo verso l’attuale stazione e oltre, in località Rana, da dove arrivava fino a Malcontenta.
Nel XIV sec. la Serenissima per agevolare i sempre più intensi commerci con la terraferma ordinò lo scavo della “Cava Gradeniga” -meglio nota oggi come Canal Salso– che porta dritto verso la laguna, lungo l’odierna Via Forte Marghera.
Nel 1500 poi, per salvaguardare la Laguna, le acque del Marzenego furono incanalate nell’“Osellino” (all’altezza di quella che oggi è Via Fapanni), che scorre fino a S. Giuliano per poi deviare verso Tessera.
Molto bene!!! Ottima prospettiva.
Interpretare la nuova Mestre tra corsi d’acqua (canal Salso) parchi e boschi…e modernità sarebbe stupenda….basta pulirla e ordinarla…..