Sarà Verona a coordinare, in Italia, la valutazione dell’evidenza scientifica dell’utilità degli anticorpi monoclonali nella cura del Covid-19 anche nei pazienti che non presentano fattori di rischio.
L’annuncio della comunicazione di Aifa, che assegna al Veneto la fase di sperimentazione, è stato dato dalla professoressa Evelina Tacconelli, fin dall’inizio in prima linea per quanto riguarda questo farmaco.
“Il Veneto è il punto di riferimento nazionale per i monoclonali”, ha sottolineato il presidente della Regione, Luca Zaia.
La sperimentazione
Saranno circa una trentina i centri coinvolti. Faranno capo a Verona, dove confluiranno i dati provenienti dalla rete veneta di infettivologia e quelli della rete nazionale attivata per lo studio dell’Oms in Italia, che è stato coordinato dalla stessa realtà dell’Azienda universitaria veronese.
“Ci aspettiamo – ha affermato Tacconelli – che la somministrazione rapida riduca l’ospedalizzazione, ma anche il bisogno di fornire ossigeno a domicilio. E, per le valutazioni economiche, calcoleremo anche i giorni di lavoro persi”.
Come funzionerà la sperimentazione
La sperimentazione partirà al più presto, non appena concluso l’iter burocratico, ma non prima di un mese. Il piano di budget, che verrà discusso nei prossimi giorni, prevede un campione di 1.260 persone per ottenere quell’evidenza scientifica con la forza necessaria per ampliare poi il progetto a livello regionale e nazionale, dando le necessarie indicazioni su cosa sia utile fare.
A essere coinvolti saranno over 50 senza fattori di rischio né bisogno di ossigenoterapia. Non devono essere trascorsi più di 4 giorni dalla diagnosi di positività al Covid attraverso tampone, anche rapido. Per avere diritto a entrare nello studio, dovrà inoltre essere presente almeno un sintomo associato al Covid a livello internazionale: dalla cefalea ai problemi respiratori, dalla perdita di gusto alla diarrea, fino alla semplice stanchezza.
La selezione e lo studio
I monoclonali che saranno impiegati sono quelli di Lilly e Roche, all’interno di una piattaforma aperta di valutazione, che passa attraverso una continua analisi dei dati del paziente specifico. Questo consentirà, attraverso metodi statistici, di capire più velocemente possibile i benefici o meno del farmaco specifico, senza attendere i risultati su un campione più ampio. Oltre a consentire di eliminare eventualmente dalla terapia ciò che non serve, permetterà di inserire nella terapia anche eventuali nuovi farmaci.
I monoclonali funzionano: lo dicono i dati veneti
In parallelo alla sperimentazione, il Veneto continuerà comunque anche la somministrazione a coloro che presentano almeno una patologia concomitante al Covid in forma severa. Giornalmente, in ogni Ulss e nelle aziende universitarie di Verona e Padova vengono effettuate oggi tra le 20 e le 30 somministrazioni, con un leggero calo nelle ultime giornate. Ma il Veneto resta la prima realtà d’Italia, visto che su poco più di 2.000 somministrazioni, circa 410-420 sono avvenute in questa regione.
Nello specifico, a Verona hanno ricevuto monoclonali 115 persone, tutte over 70, equamente suddivise tra maschi e femmine. “Senza questi anticorpi – spiega Evelina Tacconelli – le statistiche internazionali ci dicono che circa 30-35 finiscono in ospedale e tra 5-7 muoiono. Noi ne abbiamo ricoverati 14 su 115, di cui uno in via precauzionale senza somministrazione di ossigeno, e non abbiamo registrato nessun decesso”.
Meno decessi a febbraio 2020/21 che nel periodo 2017/19
In prima linea nella lotta al Covid, la professoressa Tacconelli ha espresso anche considerazioni a più ampio respiro sulla situazione della pandemia. “Sicuramente – ha detto – stiamo assistendo a una riduzione dei ricoveri ospedalieri e dei pazienti che hanno bisogno del ricorso alla terapia intensiva. A essere molto interessante è poi il dato della mortalità. Abbiamo confrontato il periodo 2017/19 e quello 2020/21, notando che a febbraio c’è una lieve riduzione dei decessi”.
“I dati – continua Tacconelli – possono essere soggetti a fluttuazioni. Ma l’importante è che non ci siano stati aumenti, come invece avvenuto ad esempio nel confronto tra dicembre 2017 e dicembre 2020. E, pur non avendo ancora dati completamente definiti, la tendenza è confermata anche a marzo. Significa che è stato fatto un buon lavoro, tra organizzazione sanitaria, vaccinazioni e nuovi farmaci”.
Il nodo scuole-trasporti
Nel punto stampa dalla sede della Protezione civile di Marghera, il presidente Zaia si è invece soffermato su quello che ritiene il principale punto critico in vista delle riaperture che inizieranno dal 26 aprile. Ovvero il tema dei trasporti collegato a quello delle scuole.
“Con la didattica in presenza al 50% – sottolinea il presidente – abbiamo schierato 2.700 mezzi, che effettuano 24 mila corse al giorno, potendo essere riempiti solo al 50%. A questi abbiamo aggiunto altri 500 mezzi privati, oltre ad aver assunto 230 steward. E riusciamo a gestire la situazione a malapena. Portare la didattica in presenza da lunedì al 100%, mantenendo la capienza dei mezzi al 50% significa come minimo dover raddoppiare la dotazione. Ma, al di là del tema delle risorse, il vero problema è che non ci sono mezzi sul mercato”. Le soluzioni possibili? Poche: dallo scaglionamento degli orari di ingresso, all’introduzione della possibilità di scelta da parte delle famiglie sulla frequenza in aula, alla riduzione della percentuale di didattica in presenza.
Le novità sul fronte vaccinazioni
Sul fronte vaccinazioni, intanto, il Veneto ha introdotto un sistema di forzatura del sito unico di prenotazione se il codice fiscale di disabili o fragili non viene riconosciuto. In tal caso, si deve presentare la dichiarazione che attesta l’appartenenza alle categorie in questione direttamente al centro vaccinale. Completata la vaccinazione degli over 80 (solo il 5% ha rifiutato il vacicno, mentre c’è un 1% di non rintraccabili)è stato comunque confermato il piano basato sulle fasce d’età, partendo dai più anziani.
Da lunedì 26 aprile, dovrebbero poi arrivare mediamente 50 mila dosi di vaccino Pfizer in più ogni settimana rispetto ai poco più di 120 mila “canoniche”. Nello specifico, sono attese 181.350 dosi il 29 aprile e 171.990 sia il 6 che il 13 maggio A inizio mattinata del 19 aprile, le dosi a magazzino erano invece 103.646: 49.445 di Pfizer, 33.198 di AstraZeneca e 21.003 di Moderna.