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Monoclonali anti Covid: le prime somministrazioni in Veneto funzionano

Monoclonali anti Covid: le prime somministrazioni in Veneto funzionano
monoclonali

La sperimentazione per verificare se possono avere anche valore preventivo

Martedì 16 marzo, alle 12.30, sono state consegnate all’Azienda ospedaliera di Verona le prime dosi spettanti al Veneto della prima fornitura di anticorpi monoclonali giunte in Italia, unico Paese con la Germania ad averne approvato l’uso in via emergenziale. E alle 13.30 sono stati chiamati i primi due pazienti per effettuare la somministrazione del farmaco che ha dimostrato un’elevatissima efficacia anti-Covid se somministrato nelle prime ore dall’infezione.
Passate 48 ore, i risultati sono stati quelli attesi, senza effetti collaterali. Lo ha confermato L’infettivologa Evelina Tacconelli, direttrice dell’Unità operativa complessa veronese di malattie infettive e tropicali.

Le prime somministrazioni degli anticorpi monoclonali

Grazie al lavoro preparatorio svolto nelle tre settimane precedenti, avviato subito dopo l’autorizzazione del Ministero della Salute dell’8 febbraio, il Veneto è stato il primo ad avviare questa attività.
Le prime due persone che si sono sottoposte alla somministrazione (della durata di un’ora più un’altra di osservazione al termine) sono due pazienti maschi, di Verona e provincia, uno di 55 e uno di 65 anni, sintomatici da pochi giorni e con tampone molecolare positivo.

«Alla prima infusione – ha spiegato Tacconelli – non sono seguiti effetti collaterali, nemmeno minori. Né si sono registrati effetti su pressione e frequenza cardiaca. Li abbiamo poi ricontattati e ci hanno dichiarato di sentirsi decisamente meglio». Dopo i primi due pazienti si è arrivati rapidamente a 15. Ma Verona si sta organizzando per arrivare a 20 somministrazioni al giorno, 7 giorni su sette.
Domani si terrà una riunione con gli altri centri di somministrazione per coinvolgere le altre Ulss regionali. «Abbiamo calcolato – spiega l’infettivologa – che dovremmo riuscire ad arrivare a 100-150 somministrazioni a settimana».

Le consegne di monoclonali

Dopo le prime 200 dosi del farmaco della Lilly destinate al Veneto all’interno della prima fornitura di 4.000 dosi arrivate in Italia, Aifa dovrebbe distribuire almeno altre 30 mila fiale.
«Le prime fiale – fa il punto Tacconelli – riguardano il prodotto di Lilly, che si basa su un solo anticorpo, di tipo IGG, che blocca l’unione della cellula del corpo del paziente con la proteina spike del virus. La seconda consegna riguarderà invece la combinazione di due monoclonali di Roche, che agisce nella stessa maniera, ma dà risultati più importanti».

«Tra la consegna già effettuata e la prossima – conclude la professoressa – dovremmo comunque essere assolutamente in grado di coprire tutte le necessità della regione. Nel frattempo, vorremmo avviare anche una ricerca su queste somministrazioni, chiedendo ai medici di medicina generale tutte le segnalazioni, anche sui non aventi diritto al farmaco. È per questo che abbiamo cercato di comunicare ad Aifa l’esatto quantitativo di cui abbiamo bisogno».

Chi ha diritto agli anticorpi monoclonali

In questo momento, per accedere alle cure con i monoclonali bisogna avere alcune caratteristiche. Bisogna cioè avere più di 12 anni, avere almeno un sintomo (anche la semplice stanchezza) comparso dopo un tampone positivo, non essere sani e non avere bisogno di ossigeno. Inoltre, bisogna presentare almeno un fattore di rischio peggioramento: essere sottoposti a dialisi, avere un diabete scompensato, essere obesi o avere un’immunodeficienza primaria, cioè congenita, o secondaria (ad esempio legata a malattie oncologiche).

La sperimentazione per capire se limitano il contagio

«La sperimentazione – precisa Evelina Tacconelli – la faremo invece su chi non ha fattori di rischio, per verificare, come sembra, se gli anticorpi monoclonali sono in grado di ridurre la possibilità di trasmettere il virus e dunque valutarne anche un possibile impatto preventivo. Stiamo intanto già analizzando gli effetti collaterali sulla qualità della vita e sulla produzione di anticorpi all’interno del progetto Òrchestra, per ottimizzare le terapie anti-Covid».

Le cure per il Covid

Gli anticorpi monoclonali sono solo una delle armi a disposizione nella complessiva strategia per fronteggiare il coronavirus.  «Non c’è – precisa l’infettivologa – una sola terapia ottimale da fare a casa, ma una serie di possibilità: dall’ossigenazione precoce, all’aspirina, agli steroidi, dagli antinfiammatori agli antibiotici». Va ricordato che su 100 pazienti sintomatici, se ne ricoverano tra il 5 e il 7%, ma il 25% in caso di over 80.

I monoclonali, nello specifico, per riuscire a prevenire l’ospedalizzazione richiedono un uso quanto più vicino alla manifestazione dell’infezione: possibilmente entro 5 giorni, anche se teoricamente possono essere usati anche entro 10. A Verona è stata dunque allestita un’organizzazione che parte da medici di base e delle Usca, cercando anche di coinvolgere i medici di pronto soccorso, per una segnalazione e un’attivazione della cura più rapida possibile. Il monitoraggio seguente dura invece 4 settimane. Quanto alle possibili controindicazioni, si legano esclusivamente ad allergie, in particolare agli eccipienti.

Le vaccinazioni

Da infettivologa, Evelina Tacconelli si esprime anche sul tema delle vaccinazioni. «Se avessi avuto piena libertà di scelta – ha affermato – io avrei dato come indicazione prioritaria la vaccinazione degli uomini sopra i 65 anni e delle donne sopra i 75, perché sono i soggetti dal maggior rischio di ospedalizzazione e di evoluzioni infauste della malattia. Ritengo infatti che la differenza maggiore tra questa ondata e la precedente si leghi al fatto che, nel frattempo, si sono vaccinati gli ospiti delle Rsa. E, per la prima volta da febbraio 2020, sono ottimista: procedendo così, per ottobre potremmo aver chiuso quasi completamente la partita dell’emergenza Covid».

I numeri del Veneto

Il venerdì è la giornata dell’assegnazione alle fasce, ma non ci saranno novità per il Veneto, visto che la previsione della fascia rossa dura 14 giorni ed è trascorsa solo una settimana. Al riguardo, comunque, le proiezioni dell’Rt si attestano sull’1,25, quindi con un timido calo, mentre sale a 245 l’incidenza, che fa suonare il vero campanello d’allarme. Quanto all’ospedalizzazione, il riempimento delle terapie intensive è al 19% e quello dell’area medica al 21%. Il Veneto, infine, sta valutandol’idea di emanare un’ordinanza sulle seconde case in vista della Pasqua. «Ma la soppeseremo a lungo, perché gli ospiti che scelgono la nostra regione sono sacri» ha spiegato Zaia.

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