Solo 85 i bambini e ragazzi risultati positivi su 770.824 studenti. Ovvero lo 0,02% della popolazione scolastica, che la Regione ha sottoposto a monitoraggio con i controlli fatti nelle scuole. “Un’incidenza infinitesimale – ha detto il presidente della regione Veneto Luca Zaia nel presentare l’esito dello screening effettuato con i tamponi dopo l’avvio delle scuole – Capisco – ha proseguito – che un bambino infettato faccia notizia. Ma se avessimo avuto questo tipo di incidenza sulla popolazione, non ci sarebbe stata nessuna emergenza sanitaria”.
I risultati dello screening
Sono 90 le scuole venete in cui si è verificato almeno un caso di contagio da coronavirus. E 970 i ragazzi, lo 0,24%, in quarantena preventiva. Su 95.786 operatori, quelli in quarantena sono invece 120, pari allo 0,13% del totale.
A ulteriore rassicurazione, il presidente della Regione ha poi sottolineato i risultati derivanti dalla ricostruzione del cosiddetto “contact tracing”.
“Quel che è emerso – ha spiegato – che il virus è stato portato da un contesto familiare o sociale, come una squadra di calcio. Nel contact tracing scolastico, invece, sono risultate in generale solo negatività”.
Le 3 richieste della Regione
Zaia ha quindi annunciato di aver presentato per iscritto la richiesta di modifica del protocollo del piano pubblico di sanità nazionale.
La prima variazione riguarda la possibilità di utilizzare il tampone rapido (“che ormai funziona al pari del tampone molecolare”) negli screening scolastici.
La seconda richiesta è quella di fare il tampone rapido a tutta la classe del bambino positivo, non facendo scattare, nel caso di negatività, quei 14 giorni di isolamento sanitario attualmente previsti. “Vogliamo che i medici entrino nelle classi a fare i tamponi, per evitare disagi ai genitori ed essere più performanti”, ha detto il presidente.
Il Veneto chiede poi di effettuare il secondo tampone di controllo dopo 7 giorni e, soprattutto, che torni ai medici pediatri di libera scelta la facoltà di decidere se mandare o meno un paziente ad effettuare il tampone.
Meno terapie intensive e meno intubati
Tra i dati del bollettino, Zaia si è soffermato in particolare anche sul tema delle terapie intensive. Attualmente, i pazienti-Covid ricoverati in questi reparti sono 27, 21 dei quali attualmente positivi. Ma, ha rimarcato Zaia, “stanno accadendo cose interessanti”.
In primo luogo, si è significativamente abbassata l’età media, che adesso è di 66 anni per i ricoverati in generale. Si è poi ridotta la percentuale di pazienti in terapia intensiva rispetto al totale dei ricoverati. Oggi si attesta sul 6%, rispetto a una media precedente del 15%, con punte del 40% nei momenti di maggior difficoltà.
Si abbassa anche la degenza media, in terapia intensiva, passata da 14 a 6-9 giorni. E questo permette una cura migliore e meno problematica dei pazienti. Anche perché un terzo dei ricoverati in terapia intensiva non è intubato.
“Il quadro clinico – ha commentato il presidente – è molto diverso dal precedente. Adesso possiamo intervenire in molti più casi con le terapie sub-intensive e in maniera più agevole anche nelle pneumologie”. Va inoltre ricordato che, su 3.621 attualmente positivi, i sintomatici sono solo 40, cioè l’1,1%.