Un metro di distanza? Non basta per essere in una situazione di sicurezza e non contrarre il coronavirus. Questo il risultato di una ricerca condotta dal Cnr e precisamente dal professor Corrado Spinella, direttore del dipartimento di Scienze fisiche e Tecnologie della materia.
Come ormai sappiamo tutti il coronavirus SARS-CoV-2 si trasmette principalmente attraverso le goccioline che espelliamo quando parliamo, starnutiamo, tossiamo o anche semplicemente respiriamo.
Ecco perché è fondamentale indossare sempre la mascherina, meglio se di tipo FFP2.
Ma il virus che non ci da tregua da ormai un anno, è, come tutti i virus, per natura mutevole e a oggi diverse sono le varianti registrate che hanno portato gli studiosi ad interrogarsi sulle misure di prevenzione sin qui messe in atto.
Il maggior rischio di contagio delle varianti
Svariati studi condotti nel Regno Unito hanno dimostrato come la variante inglese B.1.1.7 abbia una trasmissibilità tra il 30 e il 50% maggiore rispetto alla variante di Wuhan, e secondo una ricerca dell’Imperial College di Londra porterebbe a un incremento dell’indice Rt di + 0,7.
Un team di esperti del New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NEVRTAG) sostiene che potrebbe avere una mortalità fino al 70% superiore. Appare chiaro quindi come sia necessario prevedere nuove misure anti contagio che siano più severe. Tra queste, anche il distanziamento fisico che, se aumentato ci preserverebbe maggiormente.
Il distanziamento
Va in questa direzione la ricerca svolta dal Prof. Corrado Spinella, direttore del dipartimento di Scienze fisiche e Tecnologie della materia secondo il quale, proprio a causa della maggiore carica virale delle varianti del coronavirus, un metro di distanza non sarebbe sufficiente ma dovrebbe diventare di 1 metro e 40 centimetri.
L’algoritmo che indica le distanze
“Il modello messo a punto è di tipo fisico-matematico – spiega Spinella – e si basa su un algoritmo che analizza i dati su soggetti infettati, pazienti in terapie intensive e morti. Abbiamo analizzato i tempi caratteristici che variano in base alle diverse situazioni ovvero il tempo che intercorre tra il contagio e il decesso correlati a dati come la densità abitativa di un’area e gli effetti della campagna vaccinale”
Un nuovo distanziamento
Il modello riesce a determinare il grado di mobilità degli italiani e lo correla al numero dei contagi. Da ciò è apparso chiaro come il numero dei contagi salga nonostante le restrizioni alla mobilità imposte dal Governo.
Questo ha portato alla definizione di una distanza media da mantenere per garantire la sicurezza ed evitare il contagio: 1,4 metri
“La Presenza di una certa percentuale di positivi che portano in giro questa variante- afferma Spinella – è caratterizzata da un incremento della trasmissibilità del virus del 40%. Nelle regioni dove si rileva l’anomalia, i positivi portatori della variante sono già intorno alla metà dei positivi totali circolanti. Proprio a causa di questa maggiore trasmissibilità( 40% )in realtà molto rapidamente i positivi con la variante finiscono numericamente per dominare la popolazione di tutti i positivi circolanti. Il tutto in circa 4 mesi”
Valentina Rossi