Campionature di acque fognarie, fanghi e acque di scarico.
Castello, Sacca Fisola e l’area in cui si trova l’ospedale Santi Giovanni e Paolo, a Venezia, setacciate nelle loro più profonde viscere.
Nei meandri degli impianti di depurazione veneziani, infatti, si potrebbero trovare frammenti di Rna che consentano di approfondire la conoscenza del virus che ha sconvolto le nostre vite: Covid 19.
Soprattutto, si potrebbero accorciare i tempi per le diagnosi di contagio. Oggi, dal momento in cui si contrae il virus alle prime eventuali manifestazioni sintomatiche, passano circa una dozzina di giorni.
La ricerca “veneziana”
Lo studio, avviato a settembre con i primi prelievi, fa capo all’Università di Padova, all’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e al Corila. Da gennaio inizieranno le analisi dei campioni prelevati e, da marzo, alle aree già monitorate, si aggiungerà una decina di altri impianti di depurazione che si trovano in città.
«Attraverso le feci – spiega Massimo Milan, uno dei responsabili del team di ricerca di cui fanno parte anche Valentina Panzarin, Giorgio Ferrari e Claudio Carrer – i virus vengono eliminati dall’organismo in maniera precoce, ancor prima del manifestarsi dei sintomi. Per questo, attraverso un monitoraggio quotidiano delle acque reflue, è possibile avere un cosiddetto “early warning”. Ovvero un allarme precoce per sapere se, in quella specifica area, ci sono casi di contagio».
L’analisi degli scarichi fognari potrebbe quindi aiutare a individuare nuovi focolai.
«Una volta organizzata la metodica, l’analisi può essere infatti molto rapida – rileva Milan, consentendo di guadagnare fino a 7 giorni rispetto alla tipologia classica di controllo».
Perché Venezia
Il progetto, al momento, è ancora nella prima fase. «Sarà importante capire in una seconda fase- illustra Giorgio Ferrari – come correlare le quantità di virus riscontrate nelle fogne con il numero di casi presenti nella popolazione. In questo, Venezia si presenta come realtà molto favorevole. In altre città, come per esempio in Olanda, dove si lavora molto su questi dati, il sistema fognario è di tipo misto, per cui si determina una diluizione attraverso l’acqua piovana. A Venezia, il dato in teoria dovrebbe quindi essere molto più “pulito”».
Venezia, inoltre, presenta una rete fognaria del tutto particolare. «A Venezia – prosegue Ferrari – si utilizzano diverse tipologie di impianti per i processi di depurazione, fatto che la rende unica. Analizzando le acque in entrata e in uscita dall’impianto potremo così valutare anche l’efficacia e l’efficienza di questi diversi sistemi».
Le fasi del progetto
I campioni delle acque e dei fanghi dei depuratori di Sacca Fisola e Castello sono stati stoccati in congelatori.
«Il Covid – rende noto Massimo Milan – ha rallentato i tempi nel reperire i reagenti di laboratorio. Da gennaio dovremmo comunque poter iniziare a processare i campioni già raccolti a settembre».
La prima fase durerà fino a febbraio, e prevede anche l’analisi dei fanghi e delle acque di scarico in laguna. Da marzo il raggio d’azione si amplierà includendo altri impianti di depurazione.
La prospettiva è quella di avere i primi dati puntuali sui campioni tra marzo e aprile.
L’ultima fase riguarderà infine lo studio di un eventuale bioaccumulo del virus in organismi marini come i molluschi. Per quanto questa ipotesi, sulla base di prime indicazioni provenienti da altri studi, sia ritenuta «abbastanza improbabile» dagli studiosi.
Le attese degli studiosi
Relativamente alle acque di scarico e alle acque scaricate in laguna, nel caso in cui si dovessero riscontrare alte cariche virali, si procederà a verificare se il virus è vitale attraverso colture cellulari.
A oggi, i ricercatori sottolineano però che non ci sono evidenze di trasmissione idrica di SARS-CoV2 e che il virus non è mai stato rilevato nelle acque potabili.
Un recente documento dell’OMS relativo alla gestione dell’acqua e dei servizi igienicosanitari in riferimento al Covid 19 riporta che non sono necessarie misure di prevenzione aggiuntive a quanto già indicato nelle linee guida sulla qualità delle acque potabili.
Un avviso preventivo utile per il controllo futuro
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità indica questo tipo di studio come valido per il monitoraggio del contagio nella popolazione. L’analisi degli scarichi fognari, del resto, è già stata utilizzata in passato per altri virus, come quello della poliomielite.
Più che nel momento attuale, in cui la pandemia è al picco, il controllo di acque e fanghi potrà tornare utile in futuro, quando si abbasserà il numero di contagi e il Covid-19 diventerà endemico tra la popolazione.
Come già avvenuto per la polio, potrebbe essere utilizzato come sistema per controllare l’insorgere di eventuali singoli focolai.