L’ISPRA ha censito formazioni coralligene in 8 regioni. 160 siti sono oggetto di studio
Quando pensiamo ai coralli e al loro fascino nei più svariati colori e nelle forme che li costituiscono, davanti ai nostri occhi si palesano quasi automaticamente splendidi mari tropicali dove solitamente si trovano.
Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel suo monitoraggio dei fondali marini ha censito formazioni di coralli in 8 regioni italiane e 160 siti, ora oggetto di studio.
Formazione record di coralli nel Mediterraneo, a rischio la Posidonia oceanica
Eunicella, Pentapora e Paramuricea sono le specie principali che sono state osservate nel Mediterraneo assieme anche a “letti a rodoliti”, piccole alghe calcaree simili nella forma ai popcorn rinvenute in 37 aree di monitoraggio.
Tra queste, l’area marina protetta delle Secche di Tor Paterno, uno scrigno di biodiversità comprendente coralli rari, che si trova al largo di Capocotta, tra Ostia e Torvajanica, poco distante da Roma, nel Lazio.
Le “strane” barriere coralline di Pellestrina e Sabellaria
Biocostruzioni molto simili a barriere coralline si trovano anche in Adriatico, a Sabellaria, nei fondali antistante il Lido di Dante (Ravenna) e a Pellestrina, a Venezia.
Si tratta di scogliere compatte che derivano dal lavoro di piccoli vermi (policheti) che aggregano attorno a se stessi tubi costituiti da granelli di sabbia cementati con muco, creando una struttura a nido d’ape.
La biocostruzione si amplia attirando anche piccole cozze o altre larve.
Coralli si trovano anche a Milano Marittima, Zadina di Cesenatico, in Liguria, Lazio e Sicilia sul Tirreno e lungo le coste dell’Emilia Romagna e delle Marche.
Se le barriere coralline “fioriscono”, se la passa meno bene la Posidonia oceanica, una pianta endemica del Mediterraneo monitorata in tutte le regioni tirreniche, ioniche e in basso Adriatico (Puglia). I dati rilevati da Ispra, infatti, evidenziano che, nel 25% dei siti monitorati, risulta ora una bassa densità di fasci al metro quadro. Per contro, nelle circa cento aree indagate, ciascuna della grandezza di 3 km quadrati, risulta per il 63% dei casi normale ed eccezionale nell’11%.
La fotografia dei mari italiani, meno rifiuti marini nel periodo 2018-2022 e tante specie aliene
Il monitoraggio dell’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e del Sistema Nazionale per la Protezione ambientale, ha portato anche dati rassicuranti circa il buono stato delle acque marine italiane. Tra gli 11 parametri qualitativi utilizzati, infatti, quello relativo ai rifiuti marini ha indicato una significativa riduzione di spazzatura sia sugli arenili (dove sono dimezzati rispetto al 2015) che in mare aperto.
Per quanto riguarda i rifiuti in acqua si è registrata una densità costiera media di 105 oggetti per chilometro quadrato e una densità media off shore di 3 oggetti. Più dell’80% degli oggetti monitorati è composto da polimeri artificiali, dei quali circa il 20% sono plastica monouso.
Specie aliene
Volgendo lo sguardo al monitoraggio delle specie aliene, su tutti primeggia quale ultimo arrivato il granchio blu.
Sono state prese in considerazione soprattutto nelle aree portuali, dove risulta maggiore il rischio di introduzioni.
I risultati hanno portato a individuare 78 specie: 25 anellidi, 18 crostacei e 11 molluschi.
Di queste, 20 sono esclusive del Mar Adriatico, 9 del Mar Ionio e 17 del Mar Tirreno mentre 11 sono comuni ai tre mari.
Tra le nuove specie aliene, anche una pericolosa: il pesce scorpione, del quale, nel corso dell’estate 2023, sono stati individuati due esemplari in Calabria.
Il Pterois miles, questo il suo nome scientifico, è una specia invasiva originaria del Mar Rosso ed è potenzialmente pericolosa per l’uomo a causa delle lunghe spine velenose che ha sul dorso.
Silvia Bolognini