Il ricordo di Don Roberto Ponti, missionario e amico di Luca Attanasio
“Un dolore enorme”.
Non riesce a darsi pace Don Roberto Ponti, per nove anni missionario a Kinshasa, in Congo, dove è stato ucciso oggi (22 febbraio 2021 ndr) in un agguato Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano con il quale aveva stretto amicizia.
La tragica notizia è arrivata al prete paolino, 54 anni, che da un anno è rientrato a Milano, verso mezzogiorno.
I primi messaggi allarmati da alcuni amici da Kinshasa, in Congo, dove don Roberto è rimasto fino a un anno fa per completare la sua missione umanitaria, sono arrivati poco dopo l’accaduto.
L’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, 43 anni, originario di Limbiate (Monza Brianza) è morto insieme a Vittorio Iacovacci, un militare dell’Arma dei Carabinieri, intorno alle 9 italiane, nella cittadina di Kanyamahoro, l’area Est del Congo al confine con il Rwanda.
Facevano parte di un gruppo di diplomatici in visita nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, con base a Goma.
Luoghi dove la natura è straordinaria, ma dove la tensione è enorme.
I confini condivisi tra Congo, Uganda e Ruanda rendono infatti sempre più facili le incursioni di bande armate e specializzate in assalti.
Secondo le prime notizie, il convoglio del PAM (Programma Alimentare Mondiale) è stato attaccato a Kanyamahoro, nel territorio di Nyirangongo, nome del vulcano che sovrasta Goma, il capoluogo del Nord Kivu, da cui dista una ventina di chilometri. La jeep con a bordo Luca Attanasio è stata colpita duramente e per l’ ambasciatore, così come per il carabiniere Vittorio Iacovacci, sua guardia del corpo e per l’autista non c’è stato nulla da poter fare.
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Don Ponti, che ricordo ha di Luca Attanasio?
“Luca era prima di tutto un amico. Non solo per me, ma per tutta la comunità italiana e della diplomazia internazionale di stanza a Kinshasa.
Aveva iniziato il suo servizio in Congo nel 2017 come incaricato d’affari per le tensioni allora esistenti tra Congo e Italia. Nel 2019 aveva assunto in pieno le sue funzioni. Vivo questo momento con grande dolore e costernazione. Le immagini dell’ambasciatore esanime mi toccano fortemente”.
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Quanto è stato importante l’impegno dell’ambasciatore Attanasio in Congo?
“Insieme a sua moglie era molto attento alle attività sociali e la sua presenza si è fatta sempre notare nei centri di promozione sociale, soprattutto quelli gestiti da missionari e missionarie italiani, dove portava il suo aiuto concreto. Un ambasciatore porta tutto un Paese nella sua persona e Luca svolgeva questo compito senza gli orpelli del ruolo, piuttosto mettendo in gioco tutta la sua ricchezza umana, la sua formazione, la sua esperienza. Con il suo piglio giovanile aveva ridato smalto alle attività dell’ambasciata italiana“.
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Che idea si è fatto dell’incidente?
“Mi sembra tutto molto strano. Per quello che abbiamo finora saputo, Luca Attanasio si trovava a bordo di un convoglio ufficiale.
E’ difficile credere che si possa cadere in un attentato del genere. I percorsi dovrebbero essere protetti, o comunque sconosciuti ai non addetti ai lavori. Quella zona è piena di bande armate e di violenza. Chissà con quale finalità è stato organizzato questo attacco”.
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Com’è la situazione in questa zona del Congo?
“Nell’area Est soprattutto ci sono bande armate e la situazione è spesso fuori controllo.
E’ giusto che si sappia fino in fondo per quello che è accaduto. Il grande problema del Congo è l’impunità. Bisogna porre fine a questo problema e consegnare alla giustizia i colpevoli dell’attacco. Luca ha svolto in questi anni un durissimo e importante lavoro. Non deve essere stato vano”.
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Crede che si arriverà mai alla verità sulla morte di Attanasio?
“Le informazioni sulle motivazioni di questo attacco sono ancora frammentarie. Forse un tentativo di sequestro, forse proprio l’ambasciatore e la sua funzione nel mirino degli assalitori. Nelle prossime ore ci saranno più dettagli, ma probabilmente sarà difficile stabilire velocemente la verità dei fatti, come spesso accade in circostanze simili”.
Carlo D’Elia