50 milioni di euro per consentire agli esercizi commerciali e turistici di non affondare in questi giorni di chiusura forzata ed essere così pronti a ripartire una volta superata l’emergenza coronavirus.
È quanto, grazie all’iniziativa di Fidimpresa Veneto, la cooperativa di garanzia di Confcommercio e Confturismo,è stato messo a disposizione delle imprese di Venezia, Treviso e Belluno da alcune banche, in gran parte rurali.
“Questi fondi non permetteranno grandi investimenti. Ma consentiranno a questi imprenditori di tenere il “motore” acceso affinché la macchina non muoia definitivamente – spiega Massimo Zanon, presidente di Fidimpresa Veneto e di Confcommercio Unione Metropolitana – Servono a superare questo periodo, che ci auguriamo termini al più presto, e a traghettarle verso una possibile ripartenza”,
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Presidente Zanon, com’è la situazione in questo momento?
“L’85% dei nostri aderenti ha il proprio esercizio chiuso. E le esigenze di liquidità delle imprese di fronte all’emergenza sanitaria in corso sono emerse fin dal primo giorno come il problema principale. Ancor prima delle chiusure imposte dal Governo. A partire dal 23 febbraio, quando si sono presentati i casi di Vo’ Euganeo e di Mira, sono tantissimi i locali che hanno azzerato il loro fatturato. Il che vuol dire che i titolari, da allora, non hanno visto entrare più un euro nelle casse”.
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Così avete deciso di intervenire direttamente…
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“Sì. Grazie allo strumento dei consorzi fidi di gestione, per aiutare gli associati, abbiamo interloquito con le banche. Attraverso la solidarietà consortile, i confidi sono riusciti, negli anni, a costruirsi quel tesoretto che adesso è risultato fondamentale per far sì che gli istituti bancari sbloccassero i soldi. Di fatto le banche sono tutelate dal rischio di credito da una garanzia del 50%. Questo, nel contempo, permette di ridurre i costi anche per chi chiede il finanziamento. La garanzia consente l’accesso al credito anche per le realtà che si presentano meno solide”.
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Quindi qualsiasi vostra azienda può rivolgersi alle banche?
“Questo strumento è a disposizione di tutte le categorie con partita iva che aderiscono al sistema. Possono quindi beneficiare tutte di questo strumento, comprese quelle fragili. Ma devono dimostrare capacità di ripartire, avere progetti e programmi.
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Che tempi potrebbero esserci per beneficiare della liquidità?
Abbiamo già avviato le prime pratiche, ottenendo dalle banche la garanzia del fatto che le istruttorie saranno molto veloci. D’altra parte, il bisogno di liquidità è in questo caso immediato per tenere i motori accesi. Se i prestiti venissero concessi tra sei mesi sarebbero sostanzialmente inutili. L’impegno che ci siamo presi è che, dall’ok delle banche, i soldi arrivino alle imprese entro una settimana, massimo due”.
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Confcommercio dunque guarda avanti. E’ necessario anticipare le mosse?
“È il buon senso che tutti dovrebbero avere e che invece, in queste settimane, si è visto solo a pezzi. Siamo di fronte a un problema che coinvolge tutto il Paese: in primis i cittadini, perché è in gioco la loro salute. Ma anche lavoratori e imprese, che non devono guardare solo ai loro piccoli orticelli e alle relative fortune e sfortune. E’ assolutamente fondamentale anticipare le mosse. Ci sarà una spesa sociale enorme e vanno fatte scelte radicali. Personalmente, credo che, per avere un risultato efficace, sia meglio pensare a una spesa totale per 15 giorni, piuttosto che trascinarsi misure più blande per più mesi”.
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Un appello rivolto al Governo?
“Per la prima volta, il Paese dovrà mettere mano al portafogli per fare un debito giusto che ovviamente ripagheremo nel tempo. Ma, ripartendo, lo potremo fare. Altrimenti non saranno solo gli imprenditori a fallire, ma anche un sacco di dipendenti, alla fine, non ritroveranno più il loro posto di lavoro. Bisogna fare una scelta di coraggio, buon senso e grande onestà. ”
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C’è chi, però, può dormire sonni tranquilli, come il settore alimentare?
“No. La fortuna economica di questi giorni è solo relativa. Le persone che lavorano all’interno di questa industria non stanno certo vivendo un momento di euforia, continuando il proprio lavoro credo più per obbligo che per etica. Rimanere a casa, di fronte alla paura del virus, è il sogno di tutti. Ma molti non lo possono fare e, pur continuando a garantirsi un reddito, non si può negare che, da questa situazione, possano derivare danni fisici, morali e psicologici”.
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Cosa chiede, allora, Confcommercio?
“Tra un paio di mesi speriamo che si possa ripartire. Ma di certo non lo si farà a 100 all’ora. E misure come quella che abbiamo messo in campo servono proprio per allungare i tempi verso una piena ripresa. Ma servono anche interventi del tutto eccezionali da parte delle istituzioni pubbliche. Ci si deve rendere conto che quando un’impresa ha chiuso, ha chiuso. E questo, tra l’altro, significa che non pagherà più le tasse, oltre a far venir meno una lunga serie di posti di lavoro dipendente. Bisogna quindi far sì, costi quel che costi, che tutto ciò non accada”.
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Va cambiato qualcosa?
“La questione è quella di mettere delle regole.Non deve essere il più forte a vincere, Prima vengono il servizio e la pianificazione dei territori. Con il sistema attuale, sono messi in crisi i più piccoli. Ma anche la grande distribuzione, con i soggetti in lotta tra loro, ne esce indebolita. È una questione anche sociale. L’Italia sta invecchiando e gli anziani sono sempre più presenti anche nelle periferie. E vanno loro garantiti non solo i negozi, ma anche le farmacie, le poste, le stesse chiese.
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I commercianti veneziani devono fare anche i conti con le conseguenze delle eccezionali acque alte di novembre…
“In quei giorni ci siamo mossi in maniera assolutamente tempestiva, capendo fin dall’inizio che i soldi da Roma sarebbero arrivati molto più avanti. In attesa dei 20.000 euro promessi per ogni azienda colpita, abbiamo quindi mosso i confidi. E anche la Confcommercio nazionale ha messo a disposizione, come segnale di appartenenza, 500.000 euro per i soci. Chiaro che, sommando acqua alta e coronavirus, i rischi di chiusure aumentano. Ma dobbiamo renderci conto che, per quanto importante, Venezia è una piccola realtà, di fronte a un’emergenza straordinaria come quella di questi giorni. E bisogna quindi agire per far sì che non crolli l’intero sistema economico del Paese”.