Un’isola felice per gli artisti di tutte le età.
Riscopriamo la Giudecca assaporando le opere di Arts’ Connection
Per molti è un’isola misteriosa, per tanti altri uno dei posti più belli in cui trasferirsi quando si decide di vivere a Venezia. È l’isola della Giudecca, distante appena una fermata di vaporetto dal centro storico: basta attraversare l’omonimo canale per arrivare alle Zattere. Ma un’isola tanto ricca da affascinare ancora oggi tanti curiosi e tantissimi artisti che decidono di trasferirsi proprio qui.
Adesso, ospita l’evento organizzato da Arts’ Connection in occasione del Festival del Vetro. E, proprio partendo da qui, abbiamo ripercorso le calli della Giudecca. Provando a raccontare l’isola proprio dal punto di vista degli artisti che la vivono e la amano.
Murano chiama, Giudecca risponde
Il festival del vetro Arts’ Connection 2020, iniziato al Museo del Vetro di Murano lo scorso 12 luglio, arriva dunque nell’isola della Giudecca, con il coordinamento di Iveser-Venezia e Associazione REsistenze. L’esposizione, ospitata nella affascinante location di Villa Heriot, vede protagonisti fino all’11 ottobre Barbara Crimella, Tobia Ravà e Antonia Trevisan. Professionisti che hanno deciso di accettare la sfida lanciata da Lisette Caputo, ideatrice e direttrice del festival.
«Il vetro – introduce la storica e critica d’arte Maria Luisa Trevisan – unisce i 3 artisti anche grazie all’aspetto alchemico presente nei lavori. Hanno alle spalle curricula di alto livello che li hanno portati ad esporre in giro per il mondo. Il vetro stesso è metamorfosi: chiede una certa maestria che si sta via via perdendo. Il motivo per cui è tanto importante riscoprire questo tipo di lavorazione artigianale è che il materiale stesso viene creato a Venezia per i mosaici. Ed è qui che, attorno a San Marco, con le prime fornaci nasce la grande tradizione del vetro. Le opere d’arte qui presentate sono una visione: qualcosa di pensato e poi realizzato in dialogo con la Laguna e le isole».
L'”urlo” degli artisti in occasione del Festival del Vetro
La scultrice Barbara Crimella presenta nell’occasione il suo progetto “Drops of Life”. Classe 1973, ha studiato scultura presso l’Accademia di Brera, a Milano. E la sua ricerca indaga la connessione tra l’uomo e la natura, ma anche tra l’anima e l’ambiente esterno. Per Arts’ Connection 2020 l’artista propone un’opera che sottolinea «un profondo legame con Venezia perché il ferro di Bienno (dove attualmente risiede in una residenza artistica, nda) è stato usato per le armi usate dall’armata da Mar della Serenissima Repubblica». Anche in questo caso, quindi, un forte richiamo tra la spiritualità di un materiale mutevole e delicato come il vetro e la forza del ferro.
Antonia Trevisan ha invece presentato l’opera “Un nido di perle”, dove materiali naturali sono stati finemente intrecciati a perle in vetro lavorato a mano. Un simbolo di Venezia, città nido in cui perdersi e ritrovarsi, ma allo stesso tempo preziosa e fragile come una perla. «La collaborazione è partita per portare avanti la voce del vetro di Murano. Perle e ferro sono state una bellissima avventura per me e penso sia fondamentale riconoscere la validità delle nostre eccellenze un po’ trascurate e che stanno scomparendo. Questo è più un urlo che una semplice voce».
Infine Tobia Ravà, che espone le due opere “Lingatto o Aureogatto” e “Tartatripla”. «Nella mia ricerca, il vetro sarà stimolo per qualcosa di diverso più avanti. In particolare, le tartarughe rappresentano 3 generazioni legate alle generazioni dei vetrai di Murano ormai perse. Abbiamo bisogno di portare avanti il rapporto con materia e questo tipo di eccellenze». Le opere di Ravà già realizzate in metallo da fusione a cera persa, ripercorrono i sentieri della ghematria, scienza che associa alle lettere dei valori numerici. Adesso vengono riproposte in vetro.
Arts’ Connection a Villa Heriot: un gioiello da riscoprire
Villa Heriot è una tappa obbligata per chi gira per la Giudecca, tra bar e centri culturali. Con il suo giardino di 2.000 metri quadri e la vista sulla laguna sud, verso le isole degli Armeni, di San Servolo e del Lido, si presenta oggi come un complesso abitativo in stile neobizantino, progettato dal veneziano Raffaele Marinella. Non una struttura unica ma un insieme composto da una villa padronale, una foresteria, una cavana e un’abitazione più piccola per la servitù che si trova proprio all’ingresso di questo maestoso complesso.
La parte più suggestiva è però il giardino, che ben si presta ad installazioni artistiche e a vernissage che mantengono quel gusto classico ed elegante dell’isola. La foresteria di Villa Heriot ospita oggi la Casa della Memoria e della Storia del Novecento Veneziano, curata dall’Iveser, oltre ad una biblioteca specializzata e ad un archivio storico-documentario.
Un “bene comune” in senso proprio
La villa in sé è un luogo particolare in cui si uniscono memoria e arte. Chi arriva per la prima volta non immagina l’esistenza di un luogo simile. Ma, sottolineano i rappresentanti di Iveser, è uno «spazio pubblico, bene comune a tutti gli effetti e quindi di proprietà dei cittadini». «Noi – proseguono – facciamo il possibile perché rimanga tale e per consentire a Veneziani e non di entrare a goderne con le nostre iniziative. Ci teniamo a questa ospitalità e a questa idea di apertura. La mostra di oggi è per noi straordinaria perché sono due isole che si trovano: Murano e Giudecca. Abbiamo 3 artisti di valore, che espongono opere molto belle e interessanti. Purtroppo non è stato possibile utilizzare tutto lo spazio, perché in tempi di Covid bisogna rispettare protocolli molto rigidi. Ma siamo qui, contenti di esserlo».
Eleganza, malinconia e bellezza: la Giudecca come fonte di ispirazione
Ed eccoci, allora, alla “visita” guidata dell’isola. Passeggiare lungo la lunghissima fondamenta che percorre il canale della Giudecca permette di osservare fondamenta Zattere, il bacino di San Marco e il centro storico di Venezia da una prospettiva differente. Abbastanza lontano dal tradizionale giro turistico ma, al tempo stesso, coccolati da una luce particolare che non può non incantare anche i più scettici.
La Chiesa del Redentore: il voto della città che si rinnova ogni anno
Punto di forza dell’Isola della Giudecca è sicuramente la Chiesa Votiva del Santissimo Redentore. Fu realizzata nel 1577 dall’architetto Andrea Palladio per celebrare la fine della pestilenza scoppiata nel 1575, che in due anni aveva causato più di 50.000 morti. Oggi, la Chiesa del Redentore è meta di pellegrinaggio dei fedeli che qui si recano durante l’omonima festa. Il Redentore è un appuntamento fisso per veneziani e non: la celebrazione si svolge la terza domenica di luglio. In questa occasione viene realizzato il ponte votivo che permette di attraversare il canale da Zattere alla Basilica.
Ma c’è di più. All’interno della chiesa sono conservate opere di Tintoretto, Veronese, Vivarini, Pietro della Vecchia e Palma il Giovane. Si tratta per lo più di pale d’altare che raccontano delle storie della vita di Gesù. Attraversare la navata unica della chiesa offre l’emozione di leggere parte della tradizione artistica locale. E di ammirare i capolavori dei maestri ormai noti in tutto il mondo proprio nel luogo per cui sono stati concepiti.
Valorizzare e riutilizzare: come le vecchie fabbriche sono state reinventate
Nel corso del XIX secolo, anche a Venezia prese il via quel processo di ammodernamento che avrebbe portato la città ad avere il proprio distretto industriale. Grazie alla presenza di vasti spazi inutilizzati e di strutture disabitate, la Giudecca era il luogo perfetto per dar vita ad una zona industriale a misura di laguna. Accadde così che, tra Otto e Novecento, vennero creati mulini, concerie, corderie e tessiture, ma anche stabilimenti chimici, cantieri navali e fonderie, sia industriali che artistiche. Inevitabilmente, il profilo dell’isola cambiò radicalmente e nacquero anche diverse zone residenziali. Oggi, questi spazi “ex” sono diventati punto di riferimento per artisti e associazioni. E non è strano vedere mostre allestite proprio in quelle che solo qualche decennio fa erano delle fabbriche.
Artigiani e artisti nell’ex convento SS Cosma e Damiano
Non tutti sanno che proprio in Giudecca si trova uno dei punti di riferimento più importanti per gli artisti internazionali. Si tratta del complesso dei santi Cosma e Damiano. Nell’ex convento, oggi proprietà della Fondazione Bevilacqua La Masa, si trovano 5 studi d’artista, che vengono annualmente assegnati tramite bando ai giovani creativi provenienti da tutto il mondo.
In un luogo tanto pittoresco, è facile immaginare come l’ispirazione non manchi. E, infatti, ogni anno vengono organizzate delle mostre con i lavori realizzati da questi giovani e talentuosi artisti. Si tratta di un’attività particolarmente sentita dalla Fondazione che, con orgoglio, aiuta questi artisti ad indagare nuovi percorsi artistici e a lasciarsi contaminare dall’ispirazione che un’isola magica come la Giudecca può offrire.
Splendido articolo ..speriamo che l’Isola della Giudecca possa diventare sempre più meta di Artisti con le loro opere . Complimenti!!!