I risultati dell’indagine condotta dall’Inapp per l’Ocse: siamo indietro rispetto alla media internazionale, pagando i divari interni
Per affrontare in modo adeguato la vita quotidiana sono fondamentali una serie di competenze di base.
Ai fini della sua piena partecipazione alle dinamiche economiche e sociali, un adulto deve cioè essere capace di leggere e comprendere testi scritti e capire e utilizzare informazioni matematiche e numeriche, oltre ad avere la propensione al cosiddetto “problem solving”, ovvero essere in grado di raggiungere il proprio obiettivo in una situazione dinamica, in cui la soluzione non è immediatamente disponibile.
E l’Italia, in questa prospettiva, è messa tutt’altro che bene.
Lo sottolineano i primi risultati, appena pubblicati, dell’indagine realizzata dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), su incarico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito del secondo ciclo del programma condotto in 31 Paesi dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) per la valutazione internazionale delle competenze cognitive degli adulti.
Competenze cognitive: l’Italia che non cresce
L’Inapp sottolinea infatti come, tra il 2012 e il 2023, le competenze cognitive degli adulti italiani non siano migliorate. Una tendenza alla stabilità che è in linea con quanto avviene anche in altri Paesi. Il problema, però, è che il punto di partenza erano risultati inferiori alla media Ocse, con l’importante distanza da colmare che è dunque rimasta invariata.
Approfondendo i risultati dell’indagine, l’Istituto fa notare quindi che, nel nostro Paese, “pesano gli ampi divari interni determinati principalmente dal territorio, dall’età, dal livello di istruzione e dal genere”. Se i residenti al Nord e al Centro spesso raggiungono punteggi in linea con la media Ocse, questo purtroppo non avviene al Sud.
“È evidente – ha commentato il presidente Inapp, Natale Forlani – la stretta relazione tra competenze cognitive e sviluppo del Paese. I valori più bassi di competenze si concentrano nelle aree meno attrattive del Paese. Occorre investire per il recupero dei territori del Mezzogiorno”.
Ci sono poi, come visto, altre differenze legate alle categorie. Per esempio, i valori di competenza più bassi sono stati riscontrati nella fascia tra 55 e 65 anni e i più alti tra i 16 e i 24. Così come, abbastanza logicamente, i punteggi sono nettamente inferiori tra chi ha al massimo la licenza media. Vi è infine ancora un gap di genere, che penalizza le donne, in campo matematico.
I punteggi dell’Italia nel contesto internazionale
L’indagine esprime le competenze cognitive rilevate con punteggi che vanno da un minimo di 0 a un massimo di 100. Per quel che riguarda la capacità di lettura e comprensione di testi scritti, la media italiana è di 245 punti e quella Ocse di 260: un valore statistico mediamente raggiunto, da noi, solo al Nord e al Centro. Tra gli Stati messi peggio ci sono quindi solo Israele, Lituania, Polonia, Portogallo e Cile.
Quanto alle competenze numeriche, gli italiani si attestano a 244 punti, contro una media dei 31 Paesi analizzati pari a 263: siamo al quartultimo posto, davanti solo a Polonia, Portogallo e Cile. E, in Italia solo il Nord-Est uguaglia i valori Ocse. Infine, nelle competenze di problem solving adattativo, con 231 punti (media Ocse a 251) facciamo meglio solo di Lituania, Polonia e Cile.
A eccellere, al contrario, in tutte le aree sono Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia. L’Ocse sottolinea però anche che, in media, in tutti i Paesi presi in considerazione il 18% degli adulti non ha nemmeno i livelli più basilari di competenza in nessuno dei 3 domini. In particolare, nell’ultimo decennio, la competenza media dell’alfabetizzazione matematica è in calo, soprattutto tra i meno istruiti, in tutti i Paesi, con un miglioramento solo in Danimarca e Finlandia.
L’Italia può puntare sui giovani
Nel rapporto dell’Inapp, in ogni caso, si possono intravedere anche dei barlumi di speranza, specialmente in ottica prospettica. Uno dei migliori risultati raggiunti dal nostro Paese, si sottolinea, riguarda infatti la popolazione giovanile. In particolare i nostri giovanissimi dai 16 ai 24 anni hanno totalizzato punteggi di competenze superiori al resto della popolazione, battendo anche chi ha tra 25 e 34 anni per quel che riguarda le competenze numeriche.
Viene anche confermato il ruolo fondamentale dell’investimento in istruzione ai fini dell’accrescimento delle competenze. In tutte le aree geografiche italiane, gli adulti di 25-65 anni con titoli di studio terziario ottengono punteggi di competenze, in ciascun dominio analizzato, superiori. Il vero problema è che solo il 20% delle persone di 25-65 anni possiede un livello di istruzione pari o superiore alla laurea e ben circa il 38% ha un titolo di studio inferiore al diploma.
Lo stesso tipo di ragionamento vale anche riguardo alle competenze femminili in ambito numerico. Solo in questo campo, infatti, si riscontrano differenze di genere, che però si annullano nel caso in cui si considerino esclusivamente gli adulti con un titolo di studio terziario “Stem”, ovvero in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche. A frenare il raggiungimento della parità di genere è così la ridotta quota di donne che scelgono questi percorsi.
Alberto Minazzi