La nostra area metropolitana rappresenta un’eccellenza anche in tema di raccolta differenziata e riciclaggio. Questa inchiesta di Reyerzine offre una panoramica sulle aziende più virtuose, le diverse modalità per la raccolta differenziata e i metodi più efficaci
Pochi sanno che il Veneto rappresenta un’eccellenza italiana nel campo della gestione dei rifiuti e la raccolta differenziata. La quota di rifiuti urbani procapite prodotta nel 2011 (in attesa del rapporto dell’Osservatorio rifiuti di ARPAV con i dati del 2012) a livello regionale è minore che nel resto d’Italia, mentre il livello di raccolta differenziata, che raggiungeva il 60,5% già nel 2011, è quasi il doppio del resto del Paese. Un dato significativo perché comprende anche la produzione legata al flusso turistico che incide pesantemente sia in termini di quantità, sia in termini di costo pro capite in alcune località. Non è un caso, quindi, che sia proprio Venezia a vestire la maglia nera in Veneto nella raccolta urbana con un valore di 589 kg annui per abitante e solo il 50% di raccolta differenziata, mentre la migliore città risulta essere Treviso (362 kg ab/annui) con il suo 74% di differenziata, mentre Padova si attesta su una posizione media (474 kg ab/annui).
Nel 2011 si effettuava la separazione tra umido e secco a livello domestico nel 99% dei comuni, mentre la raccolta domestica “differenziata spinta” (ovvero porta a porta) trova attuazione in 404 comuni che coprono il 46% della popolazione veneta. La riduzione dei rifiuti urbani prodotti, pari a circa il 4,3 % rispetto al 2010, è legata in parte anche alla crisi economica. Il dato dovrebbe riscontrarsi anche nel prossimo rapporto dell’Osservatorio. È però altrettanto vero che, oltre ad una minor produzione di rifiuti, va segnalato anche il miglioramento della capacità di riciclo. Nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti, ad esempio, si verifica un’importante diminuzione in termini percentuali dei quantitativi di rifiuti smaltiti in discarica (18%) o conferiti in impianti di trattamento meccanico per produzione di CDR. Insomma smaltiamo o bruciamo meno materiali.
Il Veneto è ampiamente in grado di gestire i rifiuti prodotti nel suo territorio con un potenziale superiore al milione di tonnellate annue di rifiuti trattabili e un sistema di recupero dell’umido che comprende 22 impianti principali e altri 50 satelliti. Ma è anche ben posizionato nel trattamento di frazioni secche e riciclabili con ben 40 impianti principali a cui se ne aggiungono 150 di piccole dimensioni, spesso specializzati in materiali e prodotti particolari quali ad esempio possono essere gli elettrodomestici classificati come RAEE.
Un interessante esempio di queste realtà si trova a Fossò ed è la Stena Technoworld che fa parte di una rete internazionale in cui si trattano sostanzialmente vari tipi di elettrodomestici (RAEE). Gestiscono in questa sede frigoriferi e piccoli elettrodomestici arrivando ad un recupero del 90% dei materiali per i primi e del 98% per i piccoli oggetti. La loro reale peculiarità è quella di essere parte di una rete europea che consente attraverso canali diversi di arrivare a gestire e recuperare in alcuni casi anche il 100% di materiale. Ciò avviene ad esempio per i vetri dei televisori. «Un settore in crescita – spiega il responsabile dell’impianto Emanuele Bonaldi – se si considerare che il volume di raccolta medio italiano è mediamente di 8Kg di materiale recuperato procapite, ovvero solo il 40% rispetto ai paesi nordici».
Anche parlando di costi i nostri sono interessanti. Una media di 128 Euro procapite annuo, per i veneti, contro i 143 Euro di media italiana. La peggiore è, ancora una volta, Venezia che, a causa dei rifiuti prodotti dal flusso turistico e probabilmente delle sue caratteristiche urbane uniche, vede un costo procapite di oltre 200 Euro, quasi il doppio della media regionale. Il modello Veneto si è distinto in Italia anche per aver messo in atto disposizioni normative, regolamenti e processi di monitoraggio aggiuntivi per garantire la massima tutela dell’ambiente. Dalla Cina, ad esempio, sono arrivate richieste per la creazione di aziende la cui funzione è quella di eseguire una serie di verifiche e monitoraggi e di fungere da uffici di garanzia terzi. In Veneto queste figure esistono da più di 15 anni e fungono da supporto ad ARPAV ed alle istituzioni preposte alla sorveglianza, anche se un decreto regionale emesso nel 2012 rende oggi più fumoso il ruolo di queste realtà.
L’associazione nazionale che raggruppa queste aziende di monitoraggio ambientale si chiama ANSAC, ha sede a Mestre e da un paio di anni collabora con diverse provincie del colosso asiatico per attivare scambi commerciali e attività formativa. A esprimere perplessità rispetto alla nuova normativa è proprio la presidente di ANSAC, Maria Dei Svaldi che opera all’interno di una di queste realtà di monitoraggi Ambientali la EOS Group srl. «Esistono gestori virtuosi che operano nell’ottica della tutela ambientale e nel miglioramento continuo, ciononostante possono commettere degli errori che potrebbero determinare il verificarsi di problematiche ambientali. La funzione del “controllore terzo” è principalmente a supporto della gestione negli impianti che trattano e smaltiscono rifiuto nel rispetto delle “regole”. Se poi invece si cerca di sviare le regole ecco allora che il nostro mandato diventa quello di segnalare agli enti e alle autorità, tramite relazioni tecniche, le problematiche che riscontriamo. In questo momento in Veneto il sistema dei controlli, che ha funzionato molto bene al punto di ricevere gli apprezzamenti della Comunità Europea, potrebbe entrare in crisi. Le attività di verifica, monitoraggio e sorveglianza ambientale affidate ad enti terzi qualificati ed indipendenti oggi, per taluni impianti, non sono più obbligatorie; per risparmiare se li farà il gestore in “autocontrollo”. ARPAV, per mancanza di risorse e per necessità operative, agirà quasi esclusivamente su chiamata e non con le modalità continuative prima garantite dai soggetti terzi. Questa “nuova prassi” desta preoccupazione. Alcuni gestori di impianti e discariche hanno già deciso di rinunciare al monitoraggio continuo effettuato dai controllori terzi nonostante il costo per queste attività incida per meno del 2% sul costo di trattamento/smaltimento del rifiuto, riducendo il livello di tutela per la salute pubblica e l’ambiente. Un passo indietro- continua Dei Svaldi – per una Regione così progressista in tema di controlli. I gestori più illuminati hanno deciso che uno sguardo esterno invece è importante per continuare ad operare a livello di eccellenza».
Di gestori capaci in Veneto, comunque, sembrano esisterne parecchi tra questi il Consorzio Priula e Contarina che nel trevigiano spicca per l’efficienza nella raccolta differenziata che raggiunge livelli altissimi (quasi l’82%) di raccolta differenziata attuata nei 49 comuni in gestione con identiche modalità e tariffe, ma con particolari attenzione ad esigenze specifiche. Alcune particolarità sono infatti la raccolta spinta per le grandi strutture quali scuole, ospedali ed aziende dove gli operatori entrano e recuperano la spazzatura suddivisa all’interno dei locali degli enti.
Interessante anche l’attenzione ai centri storici di Asolo, Montebelluna e Castelfranco dove soluzioni innovative sono state trovate per la forma e il tipo dei bidoni di raccolta più piccoli e addirittura impilabili, a tutela sia del decoro che dei ridotti spazi, con aumento però delle frequenze di raccolta. A Padova interessanti innovazioni le ha portate il Bacino Padova Tre. Grazie a un chip dedicato, che va applicato direttamente ai bidoni, la TIA famigliare viene oggi calcolata basandosi sul numero di svuotamenti di rifiuto oneroso, ossia il secco indifferenziato, e pertanto i cittadini pagano, per così dire, in base al loro reale consumo di risorse ambientali.
Venezia si distingue, invece, positivamente sul fronte legalità: l’Assessorato all’ambiente della Provincia di Venezia, che a dirla tutta predilige il controllo pubblico a quello privato, ha attivato, primo in Italia, un’attività di coordinamento con praticamente tutte le forze dell’ordine operanti nel settore rifiuti, dalla finanza alla guardi forestale, ai carabinieri, dai vigili alla polizia. In sostanza parte di quanto raccolto dalle sanzioni ambientali viene messo a disposizione per acquisire risorse in termini di apparati, software per le attività di prevenzione e i controlli.
«Uno sforzo notevole, ma che riteniamo necessario – ha spiegato l’Assessore all’ambiente veneziano Paolo Dalla Vecchia – che però sta portando importanti risultati nel tempo tra cui la scoperta di siti inquinati. Non possiamo e non vogliamo però, pensarlo solo in termini di tutela del territorio. Oggi più che mai dobbiamo vederlo come supporto alle aziende che operano nel rispetto delle regole e che rischiano di essere poste fuori mercato da chi, invece, usa canali paralleli per lo smaltimento dei rifiuti in particolare per quelli più pericolosi».
A spingere nella direzione della legalità e dell’efficienza sono anche associazioni etiche, Legambiente tra tutte. Al coordinatore Veneto Luigi Lazzaro abbiamo chiesto un’opinione sulla frammentazione dei metodi e delle procedure che esistono tra consorzi e gestori. «Un quadro complessivo è difficile da fare. Bisogna ovviamente puntare al miglioramento e, da sempre, noi abbiamo evidenziato come la raccolta porta a porta spinta ci sembri la più efficace e vada promossa ovunque, ma ci sono aspetti come la dimensione dei comuni o i costi logistici che influenzano le scelte e che vanno compresi e analizzati nel dettaglio. È evidente che molto si possa e si debba ancora fare».
DI ALESSANDRA TUGNOLO