Arte e Cultura +

“Co digo, digo”: il dialetto veneziano nel libro di Carlotta Berti

“Co digo, digo”: il dialetto veneziano nel libro di Carlotta Berti

La giovane influencer del Lido di Venezia grazie ai suoi video virali, è alla sua pubblicazione

Fresco di stampa, “Co digo, digo” è un volumetto dalla copertina accattivante dove si vedono un canale di Venezia e una riva con giovani che conversano. Nel loro dialetto?
Probabilmente sì. Lo fanno spontaneamente, con leggerezza e un piacevole tocco di umorismo, proprio come l’autrice di questo breviario di massime, proverbi e detti veneziani: Carlotta Berti.
Un nome, il suo, molto noto sui social, nei quali, soprattutto su Tik Tok e Instagram, si è guadagnata un bel seguito di followers proprio facendo conoscere la propria città e lo spirito dei suoi abitanti attraverso il loro linguaggio.
La giovanissima ‘influencer e content creator” veneziana (oltre 89 mila i suoi followers su Instagram, 53,1 K su Tik Tok) ora è passata dalla rete alla carta, pubblicando il suo primo libro.

L’anima veneziana nel suo dialetto

Tra le pagine di “Co digo, digo” si trovano tanti caratteristici modi di dire e termini dialettali dai molteplici significati.
Un parlare che accompagna il quotidiano in una dimensione spazio temporale tutta sua nella città dell’acqua, dei canali e dei ponti dove le azioni più “normali”, come anche il solo recarsi a scuola, assumono per chi vive fuori una dimensione quasi irreale seppure magica.
E dove il linguaggio ma anche il tono e la stessa intensità del suono  hanno molteplici significati.
Riuscendo a volte anche a stravolgerli, pur apparendo il fonema simile, rispetto a quelli di un di un’altra lingua, sia anche l’italiano.
Gli casi riportati da Carlotta Berti sono davvero tanti.
Il verbo vantare, per esempio, in italiano significa ritenere qualcosa motivo di merito, di orgoglio.
Nel dialetto veneziano invece il suo significato si trasforma in “prendere”.
Vanto el bateo” vuol dire “prendo il battello” mentre “No ghe a vanto più” è “non ce la faccio più”.
Strucàr” non vuol dire struccare o struccarsi ma “premere”.
Struca el boton” “Schiaccia il bottone” è la famosa frase della veneziana Mara Venier.

carlotta berti
Da “Co digo, digo”, di Carlotta Berti

Tòrte” non indica il dessert. Quando un veneziano dice “So vegnuo tòrte” significa “Sono venuto a prenderti”.
Vero” identifica il vetro non il contrario di falso; “Musso” ha un doppio significato: asino e muco: “Netite i mussi” significa così “Pulisciti il muco”, mentre “Netto” ha tre significati: essere scarsoSo netto a calcio”; essere senza soldiNo posso venir magnar fora, so netto ‘sto mese” “Non posso venire a mangiare fuori, sono senza soldi questo mese”; pulitoQua xe tutto netto ti ga lavà ti?” “Qua è tutto pulito, hai lavato tu?”.

Anche il meteo e il cibo hanno i loro termini

In una città d’acqua come Venezia, anche il meteo ha un suo linguaggio.
E se la frase più “banale” che riguarda il tempo è “I ga ciamà beo o bruto?”, che equivale a “Hanno previsto bello o brutto tempo”. meno scontato è il termine “caigo” ovvero la nebbia.
D’estate, per esprimere un caldo torrido si dice “Che caldàna” e chi al mare prende troppo sole arrossando la pelle prende “la solàna”.
Quando scende qualche goccia di pioggia “giosisa” ovvero “pioviggina” in italiano perché “giossa” è la goccia.
Ai veneziani piace mangiare. E anche per i cibi hanno coniato nel tempo i loro termini.
Per esempio i maccheroni o sedani rigati, molto utilizzati nella cucina veneta, si chiamano “subiòti“, dal verbo “subiàr”, oggi storpiato in “suppiàr” ovvero “soffiare”. Più noto e ormai internazionale è invece la parola “cichetto“, soprattutto al plurale “cichetti“, tipici spuntini che accompagnano l’aperitivo.

I detti veneziani tra ironia e autenticità

C’è da sbizzarrirsi e divertirsi anche sui modi di dire.
Così “man sgorlando” si riferisce a quando si va a trovare qualcuno senza portare un presente quindi “a mani vuote”.
No xe tanto so mare” è un modo di dire che si usa per sottolineare un comportamento fuori luogo e “Che peàgra!” significa esattamente “Che miseria!”.
Ma quando volete colpire nel profondo l’orgoglio di un veneziano basta dirgli “Gnànca omo”, letteralmente “Non sei un uomo” se non sei in grado di fare ciò che sto per chiederti.

Silvia Bolognini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.