Secondo un recente studio, con il 50% di probabilità in 9 anni sarà superato il riscaldamento di 1,5 gradi
Nel 2022 le emissioni globali di CO2, vale a dire di anidride carbonica prodotte dal consumo di combustibili fossili – petrolio, gas o carbone supereranno il loro livello record avvicinandosi al totale annuale più alto di sempre registrato nel 2019 con 40,9 miliardi di tonnellate (GtCO2). Quest’anno infatti gli scienziati ne prevedono in atmosfera 40,6 miliardi.
L’allarme arriva dal team scientifico del Global Carbon Project che comprende University of Exter, University of East Anglia (Uea) e Cicero e Ludwig-Maximilian-University Munich.
Il rapporto Global Carbon
I dati sono stati presentati nel corso della COP27, la XXVII Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in Egitto a Sharm el Sheikh, che si concluderà il 18 novembre.
Se gli attuali livelli di emissioni persistono, dicono gli esperti, c’è il 50% di probabilità che il riscaldamento globale di 1,5 gradi sarà superato in 9 anni.
E al momento non ci sono segni di diminuzione delle emissioni necessari per limitarlo. Anzi, ad alimentarle vi sono le emissioni fossili in crescita dell’1% rispetto al 2021. Sono previste fino a quota 36,6 miliardi di tonnellate, leggermente al di sopra dei livelli pre Covid del 2019.
L’obiettivo zero emissioni entro il 2050
Le emissioni dovute al cambiamento dell’uso del suolo quale la deforestazione dovrebbero arrivare a 3,9 miliardi di tonnellate (GtCO2).
Per arrivare a zero emissioni di CO2 entro il 2050, rilevano gli esperti, sarebbe necessaria una diminuzione di circa 1,4 miliardi di tonnellate ogni anno, paragonabile alla riduzione delle emissioni osservata nel 2020 dovuta alla pandemia.
Il rapporto Global Carbon Budget prevede che le concentrazioni atmosferiche di CO2 raggiungeranno una media di 417,2 parti per milione nel 2022, oltre il 50%al di sopra dei livelli preindustriali.
Questo nonostante il bilancio di quest’anno mostri che il tasso di aumento delle emissioni fossili a lungo termine è rallentato. Il picco del +3% si è avuto nei primi anni 2000, mentre la crescita dell’ultimo decennio è stata di circa 0,5% all’anno.
Gli effetti della crisi climatica nel mondo
Sono notevoli gli effetti che la crisi climatica ha già provocato nel mondo tra siccità, alluvioni e frane con perdite economiche significative.
In particolare in Asia, secondo quanto rileva il rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), nel 2021 i disastri meteorologici hanno causato un danno di 35,6 miliardi di dollari, colpendo 48,3 milioni di persone.
Sempre in Asia i danni economici da siccità nello stesso anno sono cresciuti del 63% rispetto alla media dei vent’anni precedenti (2001-2020); quelli da alluvione del 23% e da frane del 147%.
Nel continente lo scorso anno ci sono stati oltre 100 disastri naturali dei quali l’80% alluvioni e tempeste con un tragico bilancio anche in termini di vittime, circa 4 mila.
Le inondazioni hanno causato danni economici maggiori in Cina (18,4 miliardi di dollari), India (3,2 miliardi) e Thailandia (0,6 miliardi).
Le tempeste hanno causato danni soprattutto in India (4,4 miliardi), Cina (3 miliardi) e Giappone (2 miliardi).
Per quanto riguarda l’Europa, l’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico, identifica 4 categorie di rischi che diventano più gravi con un riscaldamento di 2° C: ondate di calore su popolazioni ed ecosistemi, con riduzione degli habitat adatti agli attuali ecosistemi terrestri e marini e un cambio irreversibile della loro composizione; rischi per la produzione agricola a causa di caldo e siccità; carenza di risorse idriche; maggiore frequenza e intensità di inondazioni.
Silvia Bolognini