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Ciclone di Pasqua, Italia nel caos climatico

Ciclone di Pasqua, Italia nel caos climatico

Tra i venti impazziti della Settimana Santa e un clima che non riconosce più le stagioni, l’Italia fa i conti con fenomeni sempre più estremi. Secondo il Climate Risk Index 2025 siamo il Paese europeo più colpito dalla crisi climatica

Chi aspettava l’arrivo della bella stagione ha finora potuto raccogliere ben poche soddisfazioni.
A quasi un mese dall’inizio ufficiale della primavera, continuiamo infatti a fare i conti con temperature basse e soprattutto piogge. Anzi, proprio in queste ore si sta verificando una situazione decisamente insolita, vista la presenza sul nostro Paese di un ciclone definito dai meteorologi di iLMeteo.it come “simil-tropicale” e dunque del tutto anomalo ad aprile.
È l’ennesima conseguenza della crisi climatica, che, secondo il Climate Risk Index 2025, vede l’Italia al primo posto in Europa e al terzo nel mondo (dietro a Pakistan e Belize) per le conseguenze che ne derivano. Al tempo stesso, come documenta un sondaggio condotto in vista della 55^ edizione della Giornata mondiale della Terra del 22 aprile dalla società di ricerche di mercato Ipsos in 32 Paesi, se i cambiamenti climatici preoccupano sempre di più, emerge anche un paradosso allarmante: il calo dell’impegno individuale sulle tematiche legate al clima.

Il ciclone simil tropicale della Settimana Santa

L’avvicinamento alla Pasqua degli italiani è dunque caratterizzato, secondo l’ultimo bollettino di iLMeteo.it, da un approfondimento di un potente ciclone che, nel suo spostamento verso Nord-Est dalla Corsica al Mar Ligure e poi alla Toscana, appare destinato ad assumere sempre più connotati simil tropicali con un cuore caldo e contenuti di vapore, e dunque di pioggia, estremi. Una sorta di “mini uragano” che già in queste ore si tradurrà in precipitazioni torrenziali, con condizioni da allerta per grave maltempo specie al Centro-Nord. I nubifragi interesseranno soprattutto il Piemonte, dove si potranno localmente superare i 150 mm di pioggia, ma anche Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia e Toscana, traducendosi in rischio idraulico per le piene dei fiumi e idrogeologico per le frane. Prima di un progressivo miglioramento da venerdì (anche se a Pasqua è atteso un ritorno delle piogge), a imperversare sarà anche il vento (con mareggiate associate), che toccherà punte oltre i 100 km/h specie in Puglia e Calabria, ma sono attese forti raffiche anche su tutta la Pianura Padana.

Il paradosso del clima, tra preoccupazione e disimpegno

Con effetti chiaramente sotto gli occhi di tutti, si capisce così bene perché più di 3 italiani su 4 (esattamente il 76% contro una media globale del 74%) secondo il sondaggio “People and Climate Change: Public attitudes to the Climate Crisis and the transition to Net Zero” di Ipsos si sono detti preoccupati per le conseguenze dei cambiamenti climatici nel nostro Paese. Parallelamente all’aumento degli impatti del clima, si è così registrata anche una crescita della consapevolezza, con un aumento della quota di preoccupati in 18 dei 27 Paesi monitorati dal 2022. Quel che sorprende è però che in tutti i Paesi coinvolti nell’indagine è diminuito dal 2021 il numero di chi ritiene necessaria un’azione individuale e, con la sola eccezione dell’Italia, calano anche coloro che chiedono un maggiore impegno del proprio Governo. Più di un terzo del campione, il 36% (con picchi in Canada e Francia), ritiene infatti che il proprio Paese stia già facendo troppo per combattere il cambiamento climatico. Eppure, sono dati oggettivi il fatto che il 2023 sia stato l’anno più caldo mai registrato e che il Rapporto Onu sullo Sviluppo sostenibile 2024 denunci come solo il 17% degli obiettivi sia in linea con i tempi previsti.

La (spesso errata) valutazione delle azioni di contrasto

Se i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, del resto, non altrettanto diffusa è una corretta consapevolezza del punto a cui si è arrivati nelle possibili azioni di contrasto, così come sulle aspettative per il futuro. Da un lato, così, Ipsos evidenzia per esempio come ben il 26% degli intervistati sovrastimi la percentuale di riciclo, e sebbene il 29% stimi correttamente che circa metà della popolazione mondiale ha affrontato gravi carenze idriche nell’ultimo anno, il 35% sottovaluta il problema. Il 41% sovrastima poi la percentuale di specie minacciate di estinzione e il 29% crede erroneamente che non ci sia consenso scientifico sugli effetti del cambiamento climatico. In Europa, molti (con la punta del 59% in Germania) temono infine che la transizione energetica si tradurrà in un aumento dei prezzi, anche se il 54% vi collega la previsione di un impatto positivo sulla qualità dell’aria, il 45% si aspetta miglioramenti nella salute pubblica e il 46% è convinto che ne deriveranno benefici per la fauna globale.

Alberto Minazzi

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