È quello del pubblico reyerino, sempre più numeroso e appassionato, nonostante l’esilio trevigiano. Anche per questo va colto l’attimo e rilanciato il tema del nuovo palasport. Riportando la Reyer al “centro” della città
Quasi una seconda luna di miele. È quella che stanno vivendo la Reyer e il popolo orogranata, tornati a compattarsi come non succedeva da quasi trent’anni, passati attraverso l’ascesa, il declino, il fallimento e – finalmente – la resurrezione. Squadra e pubblico formano in questo momento un unicum di rara compattezza, cementata dai successi, ma anche dalla percezione diffusa che lo “spirito Reyer” di un tempo non è andato perduto. Su che base si può affermare tutto questo? Tre dati di fatto – colti a metà della stagione regolare – fotografano la situazione. Il primo è il numero di tessere (tra abbonamenti completi e fidelity): 3313, quinto miglior dato dietro Siena, Pesaro, Bologna e Sassari. Il secondo è la media di presenze del girone d’andata: praticamente quattromila spettatori, una delle medie più alte di sempre se non addirittura la più alta. Il terzo è il doppio record di presenze in una sola partita: quella dell’11 dicembre 2011 contro l’Olimpia Milano, in cui sono stati staccati poco meno di 5000 biglietti, poi superata da quella contro Siena del 29 gennaio 2012, con 5018 presenze. Il tutto ottenuto nella stagione dell’ “esilio” trevigiano e nonostante un calendario iper-compresso, che sotto le festività ha riservato tre turni infrasettimanali.
I RECORD: Questi numeri da annali hanno a monte diverse ragioni. Il più ovvio è il ritorno nella massima serie e il ritorno di contro squadre di grande blasone, che un tempo erano la regola. A questo va aggiunto il continuo crescendo di risultati ottenuti dalla squadra che, dall’arrivo di coach Andrea Mazzon di due anni fa, macina successi su successi. Sempre tenendo come punto fermo il termine del girone d’andata, il record è di 44 vinte e 29 perse, oltre il 60% di vittorie. Una percentuale ancor più lusinghiera, se si considera che il nuovo corso iniziò con la squadra nei bassifondi della Legadue a dibattersi per la salvezza. Il computo di vittorie al termine del girone d’andata non ha fatto che impreziosire questa lunga cavalcata: 18 punti nella prima metà di stagione non si erano mai registrati. Un record positivo tra vittorie sconfitte al termine della prima parte del campionato non veniva toccato dal ‘73/‘74. L’allora Canon, che fu la rivelazione del torneo con Hawes in campo e Zorzi in panchina, chiuse al giro di boa con otto vittorie e cinque sconfitte. Curiosa analogia: anche allora la Reyer era costretta all’esilio, in quel caso sul parquet di Vicenza. Oltre alla portata storica di questi successi, però, c’è la sete quasi atavica di pallacanestro degli appassionati non solo veneziani e mestrini ma provenienti da tutto il territorio metropolitano, dopo un’astinenza dai massimi palcoscenici durata troppo tempo, in quello che è il gioco per eccellenza in questo territorio.
FATTORE CAMPO: Il fenomeno del pubblico orogranata non va analizzato soltanto dal punto di vista quantitativo. C’è anche una “qualità” del supporto che in questo momento ha pochi paragoni anche a livello di serie A. La Reyer è tornata ad avere un fattore campo, che non si vedeva dai tempi migliori della Misericordia e dell’Arsenale. Prima al Taliercio e ora al PalaVerde (che si presta molto di più a far sentire l’impatto del pubblico), gli avversari devono preoccuparsi anche del fattore ambientale. Basta ripercorrere il film della prima metà di campionato. Già all’esordio con Cantù, l’allenatore ospite Trinchieri metteva in guardia i suoi da un palazzetto «con 6.000 sostenitori ad attenderli » (eccedendo nei numeri, ma centrando in pieno in quanto a calore dell’ambiente). Lo stesso Scariolo al termine della sudatissima vittoria dell’Emporio Armani, non ha mancato di sottolineare «la cornice di pubblico calorosa, ma corretta» che – detto da uno abituato ai campi più difficili d’Europa – è più che un attestato di merito. All’indomani della tiratissima sfida con Cremona, poi, i giornali lombardi hanno esplicitamente auspicato per la Vanoli Braga un ambiente come quello del PalaVerde «imitando il tifo di Venezia, per far ribollire il palazzetto e incutere timore agli avversari». Per non dimenticare le parole di Pianigiani che tra le cause della sconfitta di Siena ha messo anche l’entusiasmo del pubblico orogranata. Sono davvero pochi i campi di A dove in questo momento il fattore ambientale incide veramente. Tra questi, oltre a Cantù, Avellino e Sassari, c’è senz’altro anche quello della Reyer. Pure in giro per l’Italia la colorata e rumorosa colonia orogranata è tornata a farsi conoscere. Il derby “in trasferta” con Treviso è stato quasi casalingo, grazie ai 1.200 sostenitori orogranata in grado di mettere sotto in termini di decibel, colore e compattezza un intero palazzo. Ma anche a Bologna, l’apporto dei 300 supporters lagunari si è fatto sentire, nonostante fossero confinati nella piccionaia dell’Unipol Arena, stupendo lo stesso pubblico di fede virtussina. E il sostegno al seguito non è mancato nemmeno su tribune storiche come Siena, Pesaro e Varese.
QUESTIONE DI SPAZI: L’onda lunga di questa rinnovata passione ha avuto il suo epicentro attorno al 2006, con l’accesso alla serie A Dilettanti e il cambio societario. Da allora il seguito non ha fatto che crescere, di stagione in stagione, senza nemmeno risentire delle incertezze del tribolato secondo anno di Legadue. Tutto questo però non è una cambiale in bianco, né per la società, né per il pubblico. Il continuo crescendo di vittorie non potrà per forza di cose proseguire all’infinito. Nei prossimi mesi passaggi a vuoto e momenti di transizione saranno fisiologici. Per questo bisognerà prima di tutto tornare a Mestre, ripristinando il senso di appartenenza della squadra e del pubblico. Gli appassionati orogranata hanno già dimostrato un attaccamento senza pari affollando il PalaVerde come nemmeno nelle più rosee previsioni. Ma tanto prima il Taliercio riaprirà le porte alla Reyer, tanto più saranno prevenuti eventuali rischi di flessione. L’esilio nell’impianto di Villorba, però, è stato anche utile, confermando un’idea fino a poco tempo fa solo teorica e ora invece suffragata dai fatti. La Reyer ha tutto il potenziale per riempire in modo regolare un impianto di dimensioni consone al basket professionistico di alto livello (sopra ai 5.000 spettatori, per intendersi). Il Taliercio (che sarà portato a 3.500 spettatori ufficiali), pur rimesso a nuovo, non potrà contenere la media-spettatori di quest’anno e soprattutto i picchi di pubblico per i match-clou. Di conseguenza, se tale è l’urgenza di ritornare a casa, altrettanto impellente si fa l’ipotesi di una nuova struttura. E qui la questione si amplia e si complica.
NUOVI SPAZI: L’incremento di pubblico al seguito della Reyer, non deve nemmeno essere l’unica ragione di una nuova struttura, ma la prima di una serie. I motivi, del resto, non mancano: il panorama degli impianti sportivi della città è desolante. Un nuovo centro di aggregazione, dove ospitare in spazi collaterali altre discipline indoor, ridarebbe vigore allo sport veneziano, ridando fiato agli impianti cittadini. Una struttura – necessariamente -multifunzionale, sul modello di Bologna e Pesaro, significherebbe per la città avere finalmente un degno contenitore di grandi eventi musicali e non, che da anni girano al largo da Venezia. Allo stesso tempo, però, non vanno sottovalutati i rischi nelle tempistiche di un’impresa del genere. Basti vedere i precedenti di Trieste e Livorno, dove i nuovi impianti arrivarono fuori tempo massimo e due piazze storiche rimasero orfane dei loro club. I costi e le modalità di gestione vanno messe in primo piano, per non rischiare che, invece che un traino, la nuova struttura diventi una pietra tombale. Anche in realtà dove le cose stanno funzionando, come Bologna e Pesaro, la situazione non è sempre stata idilliaca. I grandi spazi vanno anche riempiti, salvaguardando l’aspetto sportivo ed emotivo. A Pesaro, ad esempio, la tentazione di tornare al vecchio “hangar” è stata spesso tirata in ballo. Per questo nell’avveniristico, ma asettico Palas, l’ultimo anello viene aperto solo per le grandi occasioni, in modo da non rendere dispersivo l’ambiente. E nonostante questo il coinvolgimento del pubblico allo spettacolo sportivo non è dei più facili. Riempire una struttura del genere richiede un piano ben strutturato.
LEGAME INSCINDIBILE: Anche per queste ragioni, la nuova casa dello sport veneziano deve scaturire da una scelta collettiva, ponderata e condivisa, in modo che possa essere sostenibile economicamente e massimizzare i suoi effetti a livello sociale. La “Cittadella dello sport” nell’area di Tessera, contenuta nel piano di assetto del territorio approvato dal Consiglio comunale poche settimane fa, prevede non solo un nuovo stadio, ma anche un nuovo palazzo dello sport. Di fronte a questa prospettiva, andrebbe considerata l’idea di rimettere la Reyer, i suoi praticanti e il suo pubblico, al centro dello sport cittadino, rafforzandone ulteriormente il legame con la città. Il club tornerebbe ad essere quello che era stato all’inizio del ‘900, ovvero il cuore pulsante di Venezia e una delle sue eccellenze a livello nazionale. Vent’anni fa la Reyer, scegliendo di passare in terraferma, precorse in qualche modo i tempi, avvicinando le due anime della città, quella d’acqua e quella di terra. Adesso merita una posizione di rilievo nello sviluppo della città dove affondano le due radici, diventando una forza trainante della Venezia del nuovo millennio. Anche grazie alla “Misericordia degli anni 2000”.
DI ALESSANDRO TOMASUTTI
Sport +
CHE SPETTACOLO!
12 Marzo 2012