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C'è vita nei ghiacci dell'Antartide. E forse anche su Urano e Nettuno

C'è vita nei ghiacci dell'Antartide. E forse anche su Urano e Nettuno

Lo studio del Cnr con alcune Università italiane scopre la presenza di un ecosistema microbico unico sotto la superficie del continente del Polo Sud

La vita microbica potrebbe essere in grado di prosperare anche in condizioni di temperature estremamente fredde.
Come quelle del Polo Sud, ma, in teoria, anche sui pianeti esterni del nostro sistema solare, come Urano o Nettuno.
È la prospettiva di studio a cui apre la ricerca condotta in Antartide da un team italiano guidato dall’Istituto di Scienze polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Messina.
Lo studio, promosso all’interno del Programma nazionale di ricerche in Antartide finanziato dal Mur, che coinvolge l’Enea per l’attuazione operativa delle spedizioni, rientra anche nell’ambito del progetto Ipeca, facente capo all’Università di Trieste. E ha visto la collaborazione di altri 4 Atenei italiani: quelli delle Università dell’Insubria (Varese), Perugia, Bolzano e Ca’ Foscari di Venezia.

Lo studio

La ricerca è stata effettuata esattamente nel ghiacciaio di Boulder Clay, nella Northern Victoria Land dell’Antartide, nei pressi della Stazione scientifica italianaMario Zucchelli”.

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Ghiacciaio di Boulder Clay. Stazione antartica italiana ‘Mario Zucchelli’ @www.cnr.it

I risultati a cui sono arrivati i ricercatori sono stati ora pubblicati da Nature.com nell’articolo “A possible unique ecosystem in the endoglacial hypersaline brines in Antarctica”, inserito nella rivista Scientific Reports.
Nel sottosuolo antartico è stata trovato un nuovo ecosistema terrestre unico, caratterizzato da un insieme di funghi e batteri, all’interno di quella che, tecnicamente, viene definita “salamoia ipersalina endoglaciale”.
Si tratta di brine ipersaline che, in questo caso, si sono rivelate diverse, prima di tutto da punto di vista geochimico, da tutte le altre pur simili salamoie antartiche fin qui conosciute, come quelle degli ambienti simili delle Blood Falls e delle Dry Valleys antartiche.
Questo ha suggerito, spiega Angelina Lo Giudice, ricercatrice del Cnr-Isp, “una probabile origine antica dovuta principalmente a una progressiva concentrazione di acqua marina nelle masse ghiacciate che iniziò a verificarsi già in epoche remote”.

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La vita sotto i ghiacci

Anche la diversità microbica, procariotica e fungina, ha poi presentato aspetti di unicità.
“La comunità procariota – raccontano gli studiosi – presentava alcune peculiarità, come la presenza di sequenze di Patescibacteria, che possono prosperare in ambienti acquatici con nutrienti limitati, o pochi Spirochaeta, e la presenza di sequenze arcaiche di Methanomicrobia strettamente imparentate con Methanoculleus, un metanogeno comunemente rilevato in ambienti marini e ambienti estuari”.

L’elevata percentuale, pari al 35%, di “taxa” (cioè di categorie o entità, utilizzate nella sistematica biologica) fungini non assegnati, indicando “la presenza di un alto grado di diversità sconosciuta all’interno di una comunità fungina strutturata, includendo sia lieviti che forme di vita filamentose, rafforza l’ipotesi di un alto grado di unicità biologica dell’habitat sotto studio”.

Conseguenze e prospettive

“In questi habitat particolari – sottolinea Maurizio Azzaro, ricercatore del Cnr-Isp e coordinatore scientifico della trentottesima spedizione italiana in Antartide – l’elevato contenuto di sale nel ghiaccio fa sì che le brine si mantengano allo stato liquido. Questo ci fa ipotizzare che ci possano essere crioecosistemi simili anche in altre aree terrestri dove sono presenti ghiacciai”.

Ma non solo. “Da molti anni – concludono i ricercatori – il nostro istituto lavora su queste tematiche, che sono considerate pioneristiche. L’obiettivo delle ricerche è quello di acquisire maggiori informazioni sulla vita microbica in condizioni estreme, perché la nostra idea è che possano esistere crioecosistemi anche sui pianeti cosiddetti ghiacciati, ad esempio come Urano e Nettuno”.

Alberto Minazzi

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