Ok dell’Europarlamento alla direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici. Esoneri o incentivi le eventuali soluzioni se la norma entrerà in vigore
L’Unione Europea non frena sulla strada dell’introduzione di nuove regole per migliorare l’efficienza energetica di case e altri edifici.
Con 343 voti favorevoli, 216 voti contrari e 78 astenuti, la plenaria del Parlamento di Strasburgo ha approvato, con una serie di emendamenti, la proposta di direttiva sulle “case green”, che prevede l’obbligo di realizzare interventi di efficientamento.
Si tratta di opere come la sostituzione degli infissi e delle caldaie o la posa di pannelli solari, con un cronoprogramma secondo cui tutti gli edifici residenziali privati europei dovranno raggiungere i requisiti per rientrare, dopo la riclassificazione, almeno nella classe “E” entro il 2030 e nella classe “D” entro il 2033.
Una decisione che vede compatta, sulla posizione contraria, la maggioranza politica italiana, che ha già annunciato battaglia.
Nel frattempo, già si ragiona anche sulle possibili soluzioni, come esoneri, eccezioni o incentivi statali, per rendere gli obblighi meno impattanti sui proprietari di casa nel caso in cui la normativa completi l’iter legislativo europeo.
La speranza di una retromarcia
Non è infatti automatico che, nonostante il pur decisivo via libera dell’Europarlamento, nei passaggi successivi il provvedimento della Commissione sia confermato nei suoi contenuti e soprattutto nei tempi dell’entrata in vigore e dell’applicazione da parte degli Stati membri.
Adesso, per esempio, con il rinvio del testo in Commissione per i negoziati istituzionali, prima del ritorno in plenaria si apre la fase di negoziazione del cosiddetto “trilogo”, che vede coinvolti col Parlamento, anche la Commissione e il Consiglio Europei, nel quale potranno esprimersi anche i Capi di Stato e i Governi dei singoli Paesi dell’Unione.
Il precedente che fa ben sperare chi auspica in una almeno parziale retromarcia è recentissimo. Ovvero la direttiva sulla fine produzione di auto a benzina e diesel entro il 2035, che ha visto uno stop dell’iter nonostante il Parlamento Europeo avesse dato entrambi i via libera necessari per procedere alla ratifica.
Il ministro Pichetto Fratin: “gli obiettivi temporali non sono raggiungibili per il nostro Paese”
“La direttiva – ha commentato il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin – è insoddisfacente per l’Italia. Anche nel trilogo, come fatto fino a oggi, continueremo a batterci a difesa dell’interesse nazionale. Gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio restano fondamentali. Manca però in questo testo una seria presa in considerazione del contesto italiano”.
L’Italia, prosegue il ministro, è diversa da altri Paesi europei “per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie italiane. E gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”.
Anche il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha intanto definito “pericolosa per il nostro Paese” la nuova disciplina.
Efficientamento energetico: tutte le tempistiche e le eccezioni della direttiva
Il provvedimento approvato dall’Europarlamento non fissa solo le già citate scadenze per la riqualificazione degli edifici residenziali.
Per gli edifici pubblici e non residenziali, le tempistiche si riducono di 3 anni: la classe “E” dovrà essere raggiunta entro il 2027 e la “D” entro il 2030.
Va però sottolineato che la direttiva prevede anche una riorganizzazione delle classi di efficienza energetica degli edifici, che saranno diverse da quelle attuali.
Per consentire una differenziazione a seconda dei diversi patrimoni immobiliari esistenti, la classe “G” dovrà così corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro. In Italia vi rientrerebbero circa 1,8 milioni di edifici.
Le norme prevedono tempi più stretti, ovvero il 2028, anche per imporre alle nuove edificazioni la realizzazione con criteri che rispettino l’obiettivo di “zero emissioni”.
Un’ imposizione che entrerebbe in vigore ancor prima, cioè entro il 2026, per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche.Si stabilisce anche l’obbligo di dotarsi di tecnologie solari entro il 2028 per tutti i nuovi edifici , con data limite del 2032.
Sono previste anche delle esenzioni, valutate positivamente dal ministro dell’Ambiente.
Le esenzioni
In primis, gli Stati membri potranno adeguare i nuovi obiettivi in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata, sia pure solo per un massimo del 22% del totale degli edifici, ovvero circa 2,6 milioni di immobili.
La nuova normativa non si applicherà inoltre di default ai monumenti.
I singoli Paesi avranno anche la facoltà di escludere edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, le seconde case utilizzate per meno di 4 mesi all’anno, le chiese e i luoghi di culto, così come gli edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche, gli immobili autonomi con superficie inferiore ai 50 metri quadri.
La filosofia della riqualificazione e le possibili soluzioni-tampone
“Nessuno – chiarisce sempre Gilberto Pichetto Fratin – chiede trattamenti di favore, ma solo la presa di coscienza della realtà: con l’attuale testo si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della direttiva, facendo venire meno l’obiettivo “green” e creando anche distorsioni sul mercato”.
Una riflessione che si lega alla filosofia di riqualificazione del parco immobiliare esistente, per imprimere una decisa accelerazione al taglio delle emissioni inquinanti degli edifici, che sta alla base della direttiva. Un obiettivo che Bruxelles insegue da almeno 15 anni.
I singoli Stati dovranno così presentare piani nazionali per la riqualificazione, improntati alla mappatura degli edifici più energivori e per i quali si impone quindi prioritariamente la necessità di un intervento di riqualificazione.
Nei Piani di ristrutturazione dovranno essere previsti anche premi per le ristrutturazioni profonde e soprattutto regimi di sostegno per facilitare, in particolare alle famiglie più vulnerabili, l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti.
La soluzione degli incentivi, in Italia, è comunque al momento quella meno probabile, per l’impatto che avrebbe sui conti pubblici. È per questo che si punta sul negoziato in sede di trilogo, per ottenere un allargamento ulteriore della platea di immobili ammessi a esoneri ed eccezioni, con particolare riguardo a quelli situati nei centri storici.
Alberto Minazzi