Dai Dogi alle gondole, dalle figure storiche ai monumenti simbolo: Alberto Cristini celebra Venezia con un mazzo di carte unico, Un omaggio che racconta secoli di storia attraverso pochi centimetri di carta
“Certi amori non finiscono, fanno giri immensi, e poi ritornano”, per parafrasare una delle più celebri frasi del canzoniere italiano. E nel caso delle carte da gioco – briscola, scopa e tressette per citare i più famosi, ma anche i più reconditi “trionfetti”, “giga” o “trappola” – e di Venezia, il giro è veramente immenso: Mongolia, Repubblica della Serenissima, Europa. E poi, nei giorni nostri, Treviso, e da venerdì 6 dicembre di nuovo Venezia.
Alberto Cristini – dopo aver disegnato le Polesane e le Patavine – ha presentato la sua terza opera “geografica” (quarta, se si considera le “dantesche”): le carte da gioco Veneziane.
Imparare giocando
In compagnia di Andrea Piovesan, noto collezionista ed esperto di carte da gioco (soprattutto trevigiane), il pittore e artista rodigino ha svelato il suo omaggio al capoluogo veneto, coerente con i lavori pregressi e con la propria filosofia: educare – in questo caso dal punto di vista storico – attraverso il gioco e l’arte.
La cifra stilistica rimane la stessa, come non ha mancato di notare l’esperto Piovesan: “Le carte da gioco di Alberto Cristini sono riconoscibilissime, e se nelle altre opere le caratteristiche ludiche erano sacrificate per l’estro artistico, il mazzo delle Veneziane si è decisamente avvicinato alle peculiarità che identificano delle carte come giocabili”.
Da Loredan a Manin: i Re delle carte veneziane
A ogni figura, Alberto Cristini ha corrisposto un personaggio storico legato a Venezia e alla sua narrazione ultramillenaria.
Il ruolo del Re, nei quattro semi delle carte, non poteva che andare a quattro dei Dogi più influenti della Serenissima: Leonardo Loredan, vissuto a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento, per le spade; Sebastiano Venier, il doge della battaglia di Lepanto (1571) ai denari; il dogado più longevo della storia, ben 35 anni, di Francesco Foscari, è celebrato dai bastoni; infine, “l’ultimo doge”, Daniele Manin, è impersonificato dal re di coppe.
I fanti della Serenissima che arrivano fino a Noale
Gli stessi semi sopraelencati hanno un chiaro riferimento veneziano (eccetto le spade): le coppe sono figurativamente intarsiate sul vetro di Murano, mentre i denari si trasformano in ducati della Serenissima. Ma il seme più curioso, e più emblematico, della città lagunare, è dato dai bastoni, diventati nel mazzo di Cristini le paline sulle quali ormeggiano le barche e le gondole che attraversano i canali di Venezia, con le loro strisce a bande oblique bianche e rosse. Ciò non significa che non sia omaggiato anche la terra ferma veneziana, soprattutto se si parla della figura del “cavallo”: da san Martino (coppe) a Bartolomeo Colleoni (spade), al palio di Noale, evento storico estivo che allieta i noalesi dal 1339.
Equino per eccellenza, però, della Laguna, è la gondola con il suo fantino, il gondoliere, omaggiato dal cavallo di denari. I fanti, infine – per quanto riguarda le figure – ricordano personaggi “laici” della storia di Venezia: Arlecchino e Pantalone, insieme, nella doppia figura di bastoni; Marco Polo e Giacomo Casanova, rispettivamente per il fante di coppe e spade, ad omaggio per i loro centenari (come ha ricordato Alberto Cristini stesso, “nel 2024 sono intercorsi i settecento anni dalla morte del viaggiatore, mentre nel 2025 si celebreranno i trecento anni dalla nascita dell’amatore più famoso al mondo”).
A chiudere il quartetto, come fante di denari, il compositore e violinista veneziano Antonio Vivaldi, massima espressione musicale del barocco italiano ed europeo.
Non si danno carte senza gli assi, le più forti (solitamente) quando si gioca in compagnia.
Quattro “monumenti” per quattro semi, nell’ordine spade-bastoni-coppe-denari: il campanile di San Marco, la “palina” veneziana, la colonna di san Marco e il ponte di Rialto.
Alcune delle restanti carte numerate, infine, hanno altri riferimenti alla provincia, come il “due di spade” per la gondola, il “quattro” per il pesce di Chioggia, Burchiello e Pellestrina per il “due e il quattro di coppe”, san Giorgio e i merletti di Burano per il “quattro e sette di denari”, il gabbiano (o “cocai” lagunare) per il “due di bastoni”.
Dal Quattrocento fino a Dal Negro
La storia raccontata dalle nuove carte veneziane di Alberto Cristini non è solo una carrellata di eventi ma rimanda allo stretto legame tra la potenza veneziana della Serenissima e l’ingente commercio che ha accompagnato le figure, il gioco, e le dinamiche sociali attorno alle carte stesse.
È grazie a Venezia che si è potuto stampare su carta più resistente – la bambagina – per commerciare in tutta Europa le giocabili, con le quali ci interfacciamo ancora oggi.
Le figure, provenienti dalla lontana Mongolia, si sono evolute nel corso dei secoli, dal Quattrocento in poi, portando la compravendita di carte da gioco, nel Settecento, a numeri impressionanti: 300.000 mazzi prodotti nel milanese, altri 420.000 nel veneziano, sparsi in tutta Europa e con un mercato nero, dietro, che ne rimarca gli interessi e la mole di denaro che ruotava attorno a questa attività ludica.
Dai tempi lontani fino ai giorni nostri, ovvero a Teodomiro Dal Negro, che rilevò nel 1928 la ditta trevigiana “Prezioso” e diede inizio alla famosa marca, di cui leggiamo ancora oggi la scritta sulle nostre carte, esportate in tutto il mondo.
È, nuovamente, un amore che fa un giro immenso, e poi ritorna; con le nuove carte veneziane, Alberto Cristini magari non riporta a casa, ma ricorda da dove è partita la storia del gioco: su figure grandi qualche manciata di centimetri. Cristini riporta una storia nella storia: quella di Venezia, nelle (sue) carte da gioco Veneziane.
Damiano Martin