Il mistero della paternità tra genetica e segreti di famiglia. Ecco quanti sono in Europa i figli non biologicamente legati al padre che li ha riconosciuti
Sulla paternità spesso si scherza, perché è sempre stata un argomento intriso di possibili misteri.
Ma dietro l’apparente leggerezza si nascondono questioni complesse e talvolta scomode.
Se anticamente si faceva affidamento sulle somiglianze o su testimonianze indirette, oggi la genetica ci offre strumenti precisi per svelare ciò che, a volte, è rimasto nascosto.
Un’analisi delle genealogie europee negli ultimi 500 anni ha rivelato un numero sorprendente di figli non biologicamente legati ai padri che li hanno riconosciuti.
Se anche il dato in termini percentuali può sembrare poca cosa, l’1% dei cittadini europei, in realtà spariglia molti alberi genealogici. E molte storie familiari.
Lo studio del “detective della paternità”
A definire la percentuale di quella che definisce “paternità extra coppia” è stato Maarten Larmuseau, professore di Genealogia genetica umana all’Università belga di Lovanio, che l’articolo pubblicato su Science.org in cui si dà notizia dello studio definisce il “detective della paternità”.
Larmuseau ha svolto una serie di indagini basate sull’innovativa tecnica che rende possibile combinare documenti genealogici risalenti anche a secoli precedenti con i test del Dna effettuati su persone viventi.
Dal 2009, così, ha iniziato a raccogliere, con l’aiuto di appassionati belgi e olandesi, una serie di alberi genealogici risalenti al 1400, verificandoli poi attraverso la consultazione di archivi del censimento e registri parrocchiali.
A questo punto, ha dato il via alla raccolta del Dna dei discendenti attualmente viventi attraverso semplici tamponi orali.
Dopo una prima stima del 2013, nel 2019 ha pubblicato in un primo articolo scientifico i risultati relativi a Belgio e Paesi Bassi, con la stima di una quota di paternità extra coppia dell’1,5%.
Lo studio è quindi proseguito anche in altre realtà continentali, giungendo alla conclusione che il tasso in questione si può attestare con sufficiente sicurezza attorno all’1% negli ultimi 500 anni in Europa, con numeri tutto sommato contenuti anche nella maggior parte delle società, nonostante gli studiosi di altre culture abbiano documentato percentuali più elevate e, in ogni caso, i numeri siano cresciuti anche da noi in tempi di cambiamento sociale: religioso, reddituale, di classe sociale e attraverso l’urbanizzazione. Per quanto, per esempio, sia emerso anche che i discendenti di Ludwig van Beethoven in vita hanno un patrimonio genetico incompatibile con quello del compositore.
La paternità genetica: un valore o un tabù?
Nonostante la diffusione dell’adozione e la scelta di nascondere la violenza sessuale subita dalla compagna attraverso l’accettazione di una paternità consapevolmente non propria, il tema della paternità extra coppia resta, come ammette lo stesso Larmuseau, “davvero un tabù”.
Non a caso, ogni anno in tutto il Mondo si spendono oltre 5 miliardi di dollari per esplorare e documentare la propria genealogia e si stima che 30 milioni di persone abbiano fatto un test del Dna, in molti casi per un sospetto di infedeltà.
Quello verso la conferma della paternità è in ogni caso un atteggiamento ossessivo trasversale a culture molto diverse, come confermano i risultati di un più risalente studio, effettuato nel 2012, sulla società Dogon del Mali.
Al tempo stesso, però, esistono tribù, come gli Yanomami del Sudamerica, i Nyimba del Nepal e il popolo Himba della Namibia (tra cui il tasso di paternità extra coppia è stato accertato 15 anni fa al 48%) in cui è tradizione socialmente accettata l’accoppiamento della donna con più uomini per favorire il concepimento, con il successivo coinvolgimento di tutti i partner nella crescita del bambino.
Mater semper certa, pater nunquam
Il fenomeno dei figli nati da una relazione esterna alla coppia di riferimento è molto diffuso ancor oggi e non solo ai tempi di Molière e Shakespeare, che hanno scritto indimenticabili opere teatrali sul tema.
Del resto, già gli antichi romani facevano notare che “mater semper certa, pater nunquam”, ovvero che è sempre certo chi sia la madre di una persona, ma non chi ne sia il padre.
Un’espressione arrivata fino a noi come brocardo giuridico, per sottolineare come sia molto più semplice dare la prova della maternità rispetto a quella della paternità. Questioni che si possono dirimere attraverso i test messi a disposizione grazie agli sviluppi della genetica, anche se spesso i risultati riservano sorprese. E anche se non si arriva al 10%, ipotizzato nel 1991 dai ricercatori, di figli biologicamente incompatibili dal punto di vista genetico con il padre che ne ha effettuato il riconoscimento, in linea con il tasso di adulterio degli esseri umani tra il 5% e il 30% sostenuto dal biologo Jared Diamond, la quota di figli naturali concepiti in rapporti clandestini senza essere riconosciuti come tali resta alto.
Alberto Minazzi