Confcommercio traccia una stima prudenziale nella Congiuntura di settembre
Strette nella morsa del caro energia con bollette sempre più salate con le quali dover fare i conti sono 120 mila le imprese a rischio di chiudere entro la prima metà del 2023.
A lanciare il grido d’allarme è Confcommercio nella stima della Congiuntura di settembre che analizza la situazione economica in Italia.
“Sono state prese in considerazione – precisa il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella – soltanto le imprese più piccole e solo il 10% più debole e meno redditizio, quelle cioè che hanno un margine assoluto più piccolo e una alta incidenza dei costi energetici. Per questo si tratta di una stima prudenziale”.
Non si sono però dubbi, e a dirlo sono i numeri, che sul sistema produttivo sta gravando sempre più il costo di produzione legato alle materie i cui costi lievitano costantemente.
Costi fuori controllo, crollano gli indicatori di redditività delle imprese
I dati esaminati dicono che negli ultimi trimestri gli indicatori di redditività delle imprese sono crollati. Nei primi 7 mesi del 2022 i prezzi alla produzione segnano un +21% ma l’inflazione, al netto dell’energia, si ferma solo al 2,8%.
Il 2022 si potrebbe chiudere con un’inflazione media del 7,5%, mentre nel mese di settembre i prezzi sono destinati a salire ancora toccando un rialzo del +9,2% su base annua rispetto all’8,4% di agosto.
“L’inflazione – precisa Mariano Bella – non si è scaricata del tutto sui prezzi essendo stata in parte trattenuta nei margini delle imprese che per questo hanno visto crollare gli indicatori di redditività”. I dati eleborati da Confcommercio sono inequivocabili segnali della necessità di intervenire con la massima urgenza per superare l’emergenza energetica, contenere l’inflazione ed evitare il pericolo recessione.
Gli interventi urgenti da mettere in campo
“L’aumento dei costi energetici balzato fino a +500% – sottolinea il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli – pesa come un macigno sui bilanci delle imprese del terziario mettendo a rischio la prosecuzione dell’attività di tante aziende. Stimiamo potrebbero essere 120 mila con un rischio occupazione di circa 360 mila posti di lavoro“.
“Il caro energia – prosegue Sangalli – è la vera emergenza. Per questo sono necessarie misure a livello europeo quali la fissazione di un tetto per il prezzo del gas e la revisione del prezzo dell’elettricità. Oltre a rendere più inclusivi i criteri di imposta, fruibili anche da parte dei cosiddetti non energivori e non gasivori e ampliare l’orizzonte temporale per la rateizzazione delle bollette, almeno per tutto l’anno in corso”.
“Sul fronte del carburante – conclude il presidente – vanno poi prorogate la riduzione delle accise e l’Iva al 5% sul metano per autotrazione e vanno rafforzate le misure contro il caro carburanti per il trasporto pesante”.
Verso il 2023 con poche certezze tra calo consumi e inflazione
I dati riportati da Confcommercio nella Congiuntura di settembre (l’analisi sull’andamento complessivo dell’economia italiana) dicono che, nonostante un primo semestre positivo, si intravedono segnali di un possibile rallentamento nell’ultima parte dell’anno.
Nel mese di luglio la produzione industriale dopo i bruschi ridimensionamenti di maggio e giugno, ha mostrato un leggero recupero (+0,4%) registrando però nel confronto annuo una flessione. Nello stesso mese l’occupazione ha registrato un ridimensionamento.
Elementi che, secondo il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella, si sono tradotti in un peggioramento delle dinamiche del PIL e dei consumi. Nel mese di settembre infatti la stima indica un calo del PIL dell’1,4% su agosto e una crescita dello 0,2% nel confronto annuo.
L’analisi evidenzia una tendenza ad un atteggiamento più prudente da parte delle famiglie che inizia ad interessare in misura abbastanza diffusa tutto il segmento dei beni. Così come emergono segnali di rallentamento per i servizi, che pure, nel complesso, nel mese di agosto hanno confermato la tendenza al recupero.
L’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) in agosto ha registrato su base annua una riduzione dell’1,2%, il primo dato negativo da febbraio 2021. Segnale che dopo un periodo di recupero della domanda le famiglie vanno caute e sentono sempre più il peso dell’inflazione che non sembra destinato ad attenuarsi nei prossimi mesi.
Silvia Bolognini