La Commissione Ue ragiona sulla previsione del piano RepowerEu, con cui l’Unione mira a rendere gli Stati membri indipendenti dalle forniture russe
Nel 2020, Kyoto Club e Legambiente calcolarono che, in Italia, venivano utilizzate oltre 19 milioni di caldaie a gas per il riscaldamento degli immobili. E stimarono che, di queste, più di 7 milioni fossero antecedenti alla direttiva europea sulle prestazioni degli apparecchi. Si calcola inoltre che oltre il 19% delle emissioni e il 60% delle polveri sottili nelle aree urbane siano imputabili al riscaldamento residenziale.
Se la sensibilità nei confronti di un’evoluzione degli impianti verso forme più moderne e meno inquinanti si sta già sempre più diffondendo, una decisa accelerazione per l’eliminazione delle caldaie a combustibili fossili potrebbe arrivare adesso per via normativa.
In sede di Commissione europea, infatti, è aperta la discussione che potrebbe sfociare anche nell’introduzione di un divieto di vendita.
Le caldaie a gas e il piano RepowerEu
Il ragionamento di Bruxelles prende le mosse dal piano RepowerEu, varato dalla stessa Commissione con l’obiettivo di svincolare gli Stati dell’Unione dalla dipendenza dalle forniture di metano russo. È proprio all’interno del piano che si indica il 2029 come data limite per dare lo stop alla vendita sul mercato delle caldaie autonome alimentate a fonti fossili. Un obiettivo a cui si potrebbe arrivare gradualmente, attraverso step successivi.
Il primo passo, anche in questo caso previsto da RepowerEu, potrebbe essere la previsione per le caldaie a gas di una etichettatura di performance energetica più sfavorevole già tra il 2025 e il 2026 e, sempre dal 2025, la chiusura di ogni forma di agevolazione destinata agli impianti di questo tipo.
Il combinato disposto di queste misure dovrebbe così già di per sé penalizzare la vendita delle caldaie di vecchio tipo, favorendo nel contempo la promozione di altre tecnologie.
Le possibili soluzioni
La strategia dell’Unione deve in ogni caso essere ancora definita nei dettagli.
In alternativa alla eliminazione totale delle caldaie a fonti fossili dal mercato potrebbe infatti essere percorsa anche la via intermedia di favorirne il funzionamento con un’alimentazione a base di miscele comprendenti quote sempre più elevate di idrogeno o biogas, combustibili rinnovabili sui quali stanno sempre più puntando anche gli stessi fornitori di energia, anche in considerazione del fatto che il relativo sviluppo tecnologico è già a un punto avanzato.
La soluzione degli apparecchi ibridi come risposta alla necessità di ottimizzare l’efficienza energetica degli edifici, a partire da quelli privati, punta dunque sulla tecnologia prima ancora che sul piano normativo.
Una strada percorribile, sottolineano i produttori, potrebbe essere quella di unire in un unico impianto di riscaldamento una tradizionale caldaia a condensazione e una pompa di calore. Del resto, riguardo a queste ultime, lo stesso piano prevede l’installazione di 10 milioni di nuove pompe nei prossimi 5 anni e 30 milioni entro il 2030.
Alberto Minazzi