Il 26 marzo, da Napoli a Venezia, iniziative in tutta Italia dedicate alla tazzina.
Entro il 31 la presentazione della candidatura a Parigi
In principio fu la pizza, adesso potrebbe essere la volta di un’altra eccellenza alimentare nostrana.
Con il lancio ufficiale della candidatura da parte del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che ha sposato il dossier di Regione Campania e Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale, il caffè italiano, vero e proprio simbolo identitario del nostro Paese, punta a entrare tra i Patrimoni immateriali dell’Umanità Unesco.
Intanto, sabato 26 marzo 2022, si terrà in tutta la Penisola la prima “Giornata mondiale del rito del del caffè espresso italiano”, con ovviamente Napoli e Venezia come piazze principali. Perché se quella partenopea è la città per antonomasia, come ricorda il titolo stesso della candidatura (“Il caffè espresso italiano tra cultura, socialità, rito e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli”), tutto partì proprio dalla Laguna…
La Giornata mondiale del caffè italiano
La Giornata è stata istituita proprio per sostenere la candidatura Unesco. E non solo nelle 11 città sede degli eventi del 26 marzo si raccoglieranno anche fisicamente, accanto alla possibilità di firmare online sul sito dedicato, le adesioni a sostegno della Carta dei valori, la cui sottoscrizione è iniziata in occasione della presentazione ufficiale della candidatura.
A Trieste, Milano, Torino, Bologna, Pescara, Roma, Lecce, Palermo e Modica si terrà una singola iniziativa per città.
A Venezia, invece, saranno 2: le visite guidate al Caffè Florian (il primo Caffé d’Italia) dalle 9 alle 20 e “Un caffè nella piazza più bella del mondo” al Caffè Lavena dalle 9.30 alle 22.30.
A Napoli, infine, insieme a una giornata di appuntamenti in 4 location, per tutto il giorno sarà possibile acquistare un “caffè sospeso” (l’usanza di lasciare nei bar una tazzina già pagata per i meno abbienti) con ricavato devoluto alla Caritas a favore del popolo ucraino.
La storia del caffè in Italia
Se il caffè ha potuto diventare un simbolo italiano, prima ancora che a Napoli lo si deve a Venezia.
Furono proprio i commerci della Serenissima con l’Oriente a introdurre le preziose bacche non solo nel nostro Paese, ma addirittura nell’intera civiltà europea.
Le prime notizie di una “botega da caffè” in Piazza San Marco risalgono alla fine del XVII secolo, poi il fenomeno si diffuse al punto di arrivare a contare, nel 1763, ben 218 caffetterie.
Fu pochi anni dopo che il caffè si diffuse anche nel capoluogo campano, grazie a Maria Carolina d’Asburgo, che sposò nel 1768 il re Ferdinando IV di Borbone ed esaltò l’uso della bevanda nera insieme agli altri usi viennesi introdotti a corte.
Le origini della “cuccumella” napoletana si fanno risalire invece a un ballo alla Reggia di Caserta, dove la regina consorte fece servire il caffè agli invitati.
La candidatura Unesco
Dal 2017, nel Patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco è stata inserita “l’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano”. Non a caso la pizza è un simbolo universalmente riconosciuto dell’Italia . Tant’è che il termine non viene tradotto in nessun altra lingua, dall’inglese al tedesco, dal francese allo spagnolo.
Al massimo, si può assistere a una traslitterazione, quando i caratteri sono diversi, ma la pronuncia è sempre quella: “pistsa” in russo, “piza” in giapponese, “bisà” in cinese.
Ma il caffè non è da meno.
“In Italia, il caffè è molto più di una semplice bevanda: è un vero e proprio rito, è parte integrante della nostra identità nazionale ed è espressione della nostra socialità che ci contraddistingue nel mondo” ha dichiarato il sottosegretario all’Agricoltura Gian Marco Centinaio, in occasione della presentazione della candidatura, che sarà esaminata dalla Commissione italiana per l’Unesco il 29 marzo e quindi trasmessa all’Unesco di Parigi entro il 31 marzo. Non a caso, nel nostro Paese sono oltre 800 le torrefazioni e 7 mila gli addetti.
Alberto Minazzi