La Ginzburg ci aveva visto lungo: già nel 1963 parlava del suo ‘lessico famigliare’ come di un nuovo tipo di comunicazione personale, diverso dal parlare generico e quotidiano.
In effetti il lessico è uno degli aspetti della lingua che più varia nel tempo e meno rimane ancorato alle regole della grammatica.
E’ proprio dalla costatazione del continuo e incessante muoversi del vocabolario italiano che, all’università Ca’ Foscari di Venezia, è nato un progetto innovativo.
Oggi, infatti, si può parlare di un tipo di linguaggio sicuramente fuori dallo standard: quello legato alla pandemia.
Un nuovo “genere letterario”
Il progetto “Narrare l’epidemia. Parole, retorica e testi dal Medioevo alla Contemporaneità” dell’Università Ca’ Foscari si è aggiudicato una borsa di dottorato del valore di 75.000 euro finanziata da Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus per un percorso di ricerca della durata di tre anni finalizzato a valorizzare, promuovere e diffondere la conoscenza del patrimonio culturale italiano rivolgendosi soprattutto all’attualità.
“Narrare l’epidemia”, in questo senso, significa occuparsi della crisi sanitaria in corso attraverso una prospettiva inedita. L’universo-covid sta avendo ripercussioni notevoli sulla comunicazione: nella cronaca dei giornali, nei reportage degli scrittori e nei racconti sui social.
Accanto all’epidemia del virus troviamo la diffusione di un nuovo ‘genere letterario’.
Esiste una lingua-del-covid?
Tra gli elementi che più caratterizzano il linguaggio attuale compare l’insistenza sul lessico tecnico.
Parole come ‘virus’, ‘tampone sierologico’, ‘plasma iperimmune’ o ‘paziente asintomatico’ sono ormai di dominio comune per chiunque.
Si potrebbe dire che il lessico più scientifico è diventato ‘famigliare’ anche a chi non lavora in ambito medico. Lo scopo di “Narrare l’epidemia” è indagare alla radice l’osmosi tra cultura medica e popolare. C’è qualche possibilità di incontro trai due universi? La risposta sta nella lingua.
Un nuovo significato alle parole
Il progetto di Ca’ foscari, ideato e coordinato dal prof. Daniele Baglioni, vuole far luce sugli elementi che consentono di definire il ‘racconto dell’epidemia’ a partire dalla letteratura popolare.
‘Oggi – spiega il professore – veniamo costantemente bombardati dal lessico tecnico dell’epidemia, il quale subisce una ‘risemantizzazione’. Si pensi ad esempio alla parola ‘contagio’: prima in ambito metaforico poteva essere usata senza particolari connotazioni negative in espressioni come ‘un’allegria contagiosa’; ora questo termine è diventato l’emblema dell’epidemia Covid.’
Non solo la lingua cambia, ma certi termini acquistano significati nuovi.
‘La metafora bellica della ‘guerra epidemiologica’, – sottolinea il professor Baglioni – oppure l’illusione di una rigenerazione morale futura (quel ‘ne usciremo migliori’ che si sente in tv) sono tutte espressioni costanti e universali che hanno attraversato le varie epoche fino ad oggi.’
La storia della lingua e delle epidemie
L’influenza dell’epidemia sulle forme della comunicazione, inclusa quella letteraria, non è certo una novità: la si osserva in tutto l’arco della storia italiana ed europea, almeno dalla Peste nera del 1347-48 in poi.
‘L’esperienza di disagio durante l’epidemia – racconta Edoardo Zorzan, titolare della borsa di studio – è riportata all’interno della letteratura popolare in modo autentico e puntuale. I testi di questa letteratura diventano fonti storiche che rispecchiano, ieri come oggi, percezione e reazione della gente comune di fronte alla malattia. Vanno quindi interrogati anche dal punto di vista scientifico.’
Nel Medioevo, ad esempio, non esisteva una specializzazione netta. C’era quella che viene definita una ‘medicina bassa’, pseudo-magica, per la quale la malattia era segno del volere divino e nient’altro.
Col tempo, poi, la popolazione ha iniziato a interrogarsi sulla malattia e le sue cause in modo più scientifico ed è cambiato il loro rapporto con la cultura medica. Nascono così le figure degli esperti.
In questo momento, vengono spesso interpellati virologi, veterinari e medici specialisti, ma la situazione non era diversa in passato. Protagonisti anche oggi della scena sociale, i medici venivano addirittura ridicolizzati nel Settecento illuminista dalla vox populi.
I dottorati umanistici premiati in Italia
Nell’ambito dell’iniziativa “Dottorati in discipline umanistiche – 36° ciclo AA 2020-2021″ Intesa Sanpaolo ha distribuito cinque borse di studio destinate a dottorati in discipline umanistiche, per un ammontare complessivo di 375.000 euro. I progetti candidati in questa edizione sono stati 57 da 31 università italiane. Oltre al progetto “Narrare l’epidemia. Parole, retorica e testi dal Medioevo alla Contemporaneità” , sono state proposte delle università di Bari, Firenze, Genova e Milano.
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