Le ultime osservazioni dell’Agenzia spaziale europea rivelano che tra i più estesi degli ultimi 44 anni
Il buco dell’ozono, attualmente situato sopra l’Antartico, misura ben 26 milioni di km quadrati.
Per intenderci tre volte la superficie del Brasile o 50 volte quella della Francia.
A rivelarlo sono le misurazioni effettuate dal satellite Sentinel-5P, una delle sentinelle della Terra del programma Copernicus dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e Commissione Europea. Già nel mese di settembre aveva raggiunto quasi i 25 milioni di km quadrati. Ora si è ulteriormente allargato, tanto da arrivare a collocarsi per dimensioni al decimo posto tra le estensioni rilevate negli ultimi 44 anni che hanno toccato il record nel 2000, con 29,9 km2.
Raggiunte dimensioni record e apertura in anticipo
Gli esperti spiegano che le dimensioni del buco dell’ozono si modificano seguendo un ritmo regolare.
Da agosto a ottobre aumentano progressivamente e raggiungono la massima estensione per poi tornare nella norma entro la fine di dicembre, quando il vortice polare si indebolisce. Tuttavia mai prima d’ora era stato così importante in questo periodo.
Quest’anno il buco dell’ozono si è aperto in anticipo a causa dell’eruzione del vulcano Hunga-Tonga, avvenuta tra dicembre 2021 e gennaio 2022 e che ha portato grandi quantità di vapore acqueo negli strati superiori dell’atmosfera.

Questo, secondo quanto rilevato dagli esperti del servizio monitoraggio dell’atmosfera (Cams) del programma Copernicus, potrebbe aver rafforzato la formazione delle nubi stratosferiche polari dove i clorofluorocarburi (composti chimici contenenti cloro, fluoro e carbonio, indicati con la sigla CFC) possono accelerare la riduzione dello strato di ozono. Inoltre può contribuire al raffreddamento della stratosfera antartica migliorando ulteriormente la formazione di queste zolle stratosferiche polari e dando luogo a un vortice polare più robusto.
Allo studio l’impatto dell’eruzione
Lo studio sull’impatto dell’eruzione è ancora in corso.
Il buco dell’ozono consiste nella riduzione dello spessore dello strato di ozono nell’atmosfera terreste, la fascia che ci protegge dai raggi ultravioletti.
Una situazione che si è venuta a creare per l’inquinamento umano, in particolare di clorofluorocarburi dannosi in prodotti come refrigeranti per frigoriferi e bombolette spray oltre a essere utilizzati in lavorazioni industriali specifiche, ad esempio per produrre il polistirolo espanso. Il loro uso era diffuso negli anni ’70 e ‘80 e ha danneggiato l’ozono nell’alta atmosfera provocando un buco nello strato sopra l’Antartide.

Negli ultimi decenni sono state proposte diverse misure per arginare l’impatto dannoso di queste sostanze.
Il protocollo di Montreal infatti, firmato nel 1987 e ratificato da 195 Paesi, ha permesso di ridurre notevolmente la quantità di clorofluorocarburi al punto che nel gennaio 2023 il Rapporto Onu diceva che entro due decenni dovrebbe essere completamente sparito, grazie all’azione decisiva da parte di molti governi di eliminare gradualmente le sostanze che riducono lo strato di ozono. E si ipotizzava che la perdita potesse essere completamente recuperata entro il 2040 in gran parte del mondo e ricreata completamente entro il 2045 sull’Artico e il 2066 sull’Antartide.
L’ultimo rilievo di fine settembre, tuttavia, sembra portare in un’altra direzione.
Silvia Bolognini