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Addio Bort. Le sue ultime parole famose. Intervista

Addio Bort. Le sue ultime parole famose. Intervista
Bort alias Mario Bortolato
E’ morto, all’età di 92 anni, Mario Bortolato.
Storico disegnatore della Settimana Enigmistica, per la quale ha lavorato per 30 anni, Bort, questo il suo nome d’arte, era originario di Salzano.
Nel 2017 ci ha onorati rilasciandoci un’intervista che oggi, in suo omaggio, riproponiamo.

 

Le sue “ultime parole famose”…

 

“Le ultime parole famose”. Tutti noi, da sempre, usiamo comunemente questa espressione. Ma pochi sanno che la sua diffusione si deve all’omonima rubrica ideata da un disegnatore salzanese per la Settimana Enigmistica. Lui è Mario Bortolato, in arte Bort, e con la sua rubrica ideata negli anni Sessanta (ancor oggi appuntamento fisso a pagina 43 grazie a scorte inedite di vignette) ha raccontato mezzo secolo di vita sociale italiana, disegnando una miriade di scene ambientate in casa, in ufficio e in città.

L’ha fatto all’inizio da Salzano, poi si è trasferito in Piemonte. Ma non ha mai dimenticato le sue radici, così come lui non è mai stato dimenticato dalla sua città, che gli ha conferito nel 2017 la cittadinanza onoraria e dedicato una grande mostra.

 Un’occasione colta dal Metropolitano per fare una chiacchierata a 360 gradi sulla sua carriera, sul mondo delle vignette e sui suoi ricordi d’infanzia.

Signor Bort, è possibile far ridere adesso con le stesse battute con cui si faceva ridere cinquant’ anni fa?

Purtroppo no. Per quanto mi riguarda, l’umorismo è morto. Secondo me la gente non ha più voglia di ridere. E’ troppo impegnata con le proprie vite frenetiche: chi si ferma più ad ascoltare una barzelletta?

La satira invece spopola. Perché secondo lei?

La satira è tenuta in piedi dalla politica. Io personalmente l’ho sempre evitata, perché schierarmi non mi è mai piaciuto.

E’ impossibile al giorno d’oggi avere successo con del semplice e sano umorismo?

Io non ce la farei, è questo il motivo per cui ho smesso di disegnare. Mi sento di un’altra epoca: l’umorismo vecchio non diverte più, per quello nuovo sono fuori dal tempo.

Ma com’è questo umorismo nuovo?

Una volta si rideva sulle cose banali, ora se uno scivola su una banana non fa più ridere. Oggi si ride soprattutto sulle cattiverie, e torno a pensare alla satira politica. Io ho sempre apprezzato l’umorismo buono, oggi i comici giocano su qualcosa di triste altrui.

Come cominciò lei a sfoderare il suo “umorismo buono”?

Il talento per il disegno l’ho sempre avuto, facevo vignette per gli amici già all’università. Poi iniziai a mandarle a varie riviste, penso ad esempio alla “Domenica del Corriere”. Ho iniziato a disegnare perché era un modo per guadagnare qualcosa, in realtà era soprattutto uno sfogo e un grande divertimento. Anche se in famiglia non ho mai trovato appoggio totale: per loro perdevo tempo.

E invece è arrivato il successo nazionale con la rubrica “Le ultime parole famose” sulla Settimana Enigmistica. Cosa la contraddistingueva?

Ho sempre amato trovare l’umorismo nell’ambiente in cui vivevo, casa e ufficio. L’umorismo è qualcosa di innato, le battute mi venivano spontanee guardandomi in giro. Se capita qualunque fatto, a me viene naturale il pensiero di una battuta. Ho sempre cercato di fare disegni morbidi e paciosi, anche nel tratto, e forse ho trovato un certo successo proprio perché non ho mai disturbato nessuno e non ho mai trattato nessuno in malo modo. Né i politici né le suocere.

Ora è impossibile riproporre quell’umorismo innocuo?

Ora si cerca spesso la battuta più facile facendo ricorso per esempio alla volgarità, cosa che io non ho mai fatto. Pensi anche alla tv: una volta divertiva con del sano umorismo, ora è soprattutto sesso e violenza.

Cosa consiglierebbe ora ad giovane che vuole cimentarsi nel mestiere del vignettista?

Gli spiegherei che non sono certamente tempi facili. Io sono partito dal niente, ma all’epoca c’era una palestra di grandi maestri. Adesso è dura trovare la possibilità di imparare, crescere e pubblicare. Il mio era cominciato come un passatempo ed è diventato un mestiere, ma ora l’umorismo difficilmente dà più possibilità di vivere.

La scorsa estate ha ricevuto ufficialmente la cittadinanza onoraria di Salzano. Che ricordi ha del suo paese d’origine?

Mi ricordo che abitavo nella strada che andava verso la ferrovia e il nonno andava a giocare a carte nell’osteria del paese. In casa non c’era acqua corrente, lui andando all’osteria prendeva l’acqua dalla fontana. Oggi Salzano è cambiata completamente, com’è normale che sia.

Sarebbe bello vedere un giorno una sua vignetta su Salzano, magari pensando proprio al nuovo museo della filatura da poco inaugurato. Ce lo farà, questo regalo?

Bisognerebbe trovare una forma di umorismo collegata alle filandine. Ci penso, qualcosa salterà fuori.

E, mentre lo dice, sorride già. Quel ghigno lascia pensare che potrebbe avere in serbo qualcosa. Perché un vignettista non perde mai le sue intuizioni umoristiche, nemmeno a novant’anni.

Mario Bortolato, conosciuto dagli appassionati della Settimana Enigmistica con la firma di “Bort”, vive da molti anni ad Alessandria e ha appena compiuto 90 anni. Cresciuto a Salzano, il suo Comune d’origine gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Un atto simbolico fortemente voluto dal sindaco Alessandro Quaresimin e dalla consigliera delegata alla Cultura, Maria Grazia Vecchiato, che in suo onore hanno organizzato alla Filanda Romanin-Jacur la mostra “La settimana di Bort”.

Nato nel 1926, il disegnatore salzanese è diventato celebre prendendo in giro con la sua sottile ironia i costumi degli italiani. Si è fatto conoscere grazie alla Settimana Enigmistica, ma ha collaborato con molte altre riviste tra cui Famiglia Cristiana, Grazia e Monello. È stato protagonista anche in ambito televisivo, sfoderando il suo estro per “Drive In” di Antonio Ricci e “L’altra domenica” di Renzo Arbore. «La cittadinanza onoraria – ha spiegato la consigliera Maria Grazia Vecchiato – è un modo di ringraziarlo per averci regalato in questi anni tanto buonumore». (G.P.)


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