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Musso, Tartana o Bateluccio? I francesi riscoprono la tradizione veneziana

Musso, Tartana o Bateluccio? I francesi riscoprono la tradizione veneziana

Barca xe casa dicono a Venezia, dove le imbarcazioni sono l’elemento che più caratterizza lo stile di vita dei residenti.
Da sempre, d’altra parte, le barche hanno collegato, trasportato, pescato, commerciato, reso possibile la vita, la crescita, l’espansione, l’ unicità di Venezia.
Ce n’erano tante, di tanti tipi, costruite nei numerosi squeri e cantieri che pullulavano nei sestieri e nelle isole.
Tramandavano conoscenza, soprattutto lavoro e, quindi, la vitalità cittadina. Fino all’arrivo massiccio e invasivo della plastica, che ha sostituito gli scafi di legno.
A ricordarci questo mondo che ora è quasi scomparso, è il libro “Bateuax de Venise. Les racines d’une culture”, ristampa francese del libro “Barche della laguna veneta” dei fratelli Giorgio e Maurizio Crovato.

 

Quando la tradizione diventa storia

A quarant’anni di distanza, questo prezioso lavoro, che raccoglie la tipologia di una settantina di imbarcazioni tipiche veneziane, è stato “ripescato” dall’editore francese Zeraq, che lo ripropone con i bei disegni ad acquarello di Luigi Divari.
“I francesi amano molto questa città – spiega Marie-Christine Jamet, console onorario di Francia a Venezia -Sono una presenza turistica di spessore in città, secondi solo agli americani e sono presenti anche con una grande comunità”.


Hanno un grande culto delle barche di legno, hanno importanti musei navali e questa ristampa, oltre a confermare il loro legame per Venezia, “è forse un tentativo di colmare il senso di colpa per aver portato in laguna, nel 1881, il primo vaporetto – scherza Maurizio Crovato, uno degli autori del libro-. Era della Compagnie des bateaux Omnibus. Partito dalla Francia, aveva fatto il giro dell’Italia ed era arrivato in Canal Grande segnando così la nascita del moto ondoso”. Scherzi a parte, non è stato facile per Delphine Gachet tradurre certi termini tecnici marinari e pure veneziani che hanno dovuto essere spiegati nella lingua cugina.

La prima edizione veneziana e le sue immagini

La prima edizione di “Barche della laguna veneta”risale al 1980.
“La casa editrice Coop Arsenale era incerta se pubblicare il lavoro che i giovani Crovato propose loro –racconta lo storico Alessandro Marzo Magno -Era sempre stata fortemente orientata politicamente e chiedeva loro quale fosse l’impegno del libro. “Ma la battaglia delle barche di legno contro quelle di plastica!” risposero convincendola. Fu stampata una tiratura di seimila copie, considerevole anche per l’epoca, che andarono vendute nel giro di qualche mese. Anche perché il libro era corredato – così come nell’edizione attuale – dalle bellissime foto di Luigi “Gigi” Ferrigno, uno dei pionieri del Circolo fotografico La Gondola (assieme a Paolo Monti, Roiter, Berengo Gardin) – scattate con una Leica di seconda mano vendutagli proprio da Berengo Gardin.” Altre foto d’epoca presenti nel lavoro, sono frutto della ricerca di archivi fra i quali Alinari e quelli del Museo Correr, e documentano momenti irripetibili in laguna, come un trabacolo imprigionato nei ghiacci alle Fondamenta Nove o la benedizione sui burci.

Lessico veneziano

Diversi sono i disegni tecnici degli scafi o degli scalmi per i remi mentre una legenda lessicale spiega ai profani termini come morso, neva, pagiolà, anterela, boli o darangal.
A parte la gondola con le sue declinazioni (gondoletta, gondolino, gondolone, gondola da traghetto) di cui esiste una florida stampa, ci sono le illustrazioni di barche che per la maggior parte oggi non esistono più, come per esempio mussin, batea a coa de gambero, peata, peatina e bateòn.

“La conoscenza di questa tradizionalità veneziana era un sapere detenuto da chi lavorava negli squeri sin dalla prima infanzia – rammenta Luigi Divari -. Non serviva pensare o progettare una struttura, perché avevano sempre costruito i modelli come avevano imparato dal papà e dal nonno”.

Una tradizione sempre restata chiusa, non volta all’esterno, come riportato dall’aneddoto che ha visto in passato un americano che aveva voluto aprire uno squero a Venezia, ma dovette anche chiuderlo presto. “Venezia è stata l’unica città che mai mi ha discriminato come omosessuale – ebbe a dichiarare – ma lo ha fatto invece come squerarolo!”.

Un libro per il trabacolo “Concordia”

Curiosità a parte, “Barche della laguna veneta” è un libro di storia a tutti gli effetti e se i francesi se lo godranno subito, a breve potremo farlo anche noi, perché ci sarà in primavera la prima ristampa italiana. “Di questa prossima edizione – anticipa Maurizio Crovato – i proventi andranno per il restauro del trabacolo “Concordia”, costruito nel 1887, che sta deperendo nel cantiere nautico di Luca Casaril alle Fondamenta Nove”.

 

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