Quella che è sembrata fin dall’inizio una peculiarità del coronavirus è ora confermata dai fatti.
«I bambini sono fortemente risparmiati da questa malattia. Inoltre, nei bambini di base sani, ovvero la maggior parte, anche in caso di contagio il decorso è lieve» ha sottolineato la pediatra Viviana Da Dalt, del Dipartimento Salute della donna e del bambino dell’Azienda ospedaliera di Padova.
I numeri
I numeri del contagio forniti da Azienda Zero indicano che dall’inizio dell’emergenza a oggi solo 369 minori sono stati colpiti da coronavirus. Meno del 2% del totale.
Di questi, il 40% è in età prescolare e il 50% ha riguardato neonati e lattanti nel primo mese di vita.
Il dato è ancor più significativo se si pensa che i residenti in Veneto fino a 14 anni sono 650.000, il 13% della popolazione.
La percentuale è confermata anche a livello nazionale. In Italia, su oltre 230.000 contagi, sono 5.200 quelli che hanno riguardato bambini e ragazzi under 15.
E se, nel nostro Paese, i decessi sono stati in tutto 4, in Veneto nessun bambino o ragazzo ha perso la vita per il coronavirus.
13 di loro sono stati ricoverati in reparti ordinari (soprattutto pediatria e, in un caso, malattie infettive) e 1, con una malattia cronica preesistente, in terapia intensiva.
«I dati – commenta Da Dalt – ci confermano l’esperienza cinese: l’infezione, nei giovani in età pediatrica, ha un decorso diverso, rispetto all’adulto. I bambini si ammalano meno e in maniera meno grave, visto che circa il 90% ha sviluppato il coronavirus in forma asintomatica o lieve, cioè con febbricola, un po’ di tosse, qualche segno di infezione delle vie aeree o leggera diarrea e vomito, comunque risolte rapidamente».
Le ipotesi
Le spiegazioni? Il mondo scientifico si sta interrogando su tutto ciò, anche in considerazione del fatto che, al contrario, virus come quello dell’influenza nei più piccoli hanno manifestazioni spesso molto gravi. Vi sono molti studi in corso, ha sottolineato la pediatra, ma per il momento solo ipotesi.
La prima è legata all’infettività: il Covid, per entrare nell’organismo, si lega a una proteina, che nei bambini è immatura.
La seconda si lega al fatto che i bambini sono particolarmente soggetti a infezioni respiratorie, per cui si innesca un meccanismo competitivo tra diversi virus.
«La terza – ha aggiunto Da Dalt – è quella che piace di più a noi pediatri e trova la spiegazione nella risposta di tipo immunologico: il sistema immunitario dei bambini è completamente diverso e porta con sé un’immunità innata».
Contagiosità e conclusioni
Viviana Da Dalt ha parlato anche di un’altra preoccupazione diffusa in questi mesi: i bambini come potenziali trasmettitori della malattia.
«Il tema è controverso. Ma alcuni report hanno dimostrato, probabilmente perché la malattia si sviluppa in forme più lievi, che anche la contagiosità dei bambini è più bassa». Un’altra rassicurazione la pediatra l’ha fornita riguardo al rapporto tra madre e figlio neonato: «Sono state solo 10 le donne in prossimità di parto che sono state contagiate. E solo in 2 casi questo ha determinato un parto prematuro, anche se i bambini poi sono cresciuti normalmente. Perché non c’è stato nessun neonato positivo, a testimonianza del fatto che non c’è trasmissione verticale tra madre e bambino e che il coronavirus non si trasmette attraverso il latte materno».
Il medico del Dipartimento padovano, così, conclude: «Tutte queste considerazioni devono dare tranquillità, anche in prospettiva della riapertura di centri estivi e scuole, che deve avvenire, perché per i bambini la socializzazione è importantissima. E, guardando avanti, sarà importante evitare altre infezioni. Per questo sarebbe bene che quanti più possibile si vaccinassero contro l’influenza. In tal modo, essendo le due malattie poco distinguibili clinicamente, una volta tolto di mezzo il dubbio l’approccio ai bambini, da parte di medici e famiglie, sarebbe molto facilitato».