Le analisi del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense su campioni di carne tritata per l’alimentazione escludono però la presenza del virus H5N1. L’Ue attende intanto il via libera per due vaccini
E’ stata riscontrata nei gabbiani. In Polonia si è verificato il primo focolaio tra i gatti. E, nel febbraio del 2024, per arrivare all’Italia, ha colpito un allevamento di 39 mila tacchini a Piove di Sacco, in Veneto, in provincia di Padova.
Dallo scorso 25 marzo il virus dell’influenza aviaria H5N1, altamente patogeno, si sta diffondendo tra le mucche americane e l’epidemia non sta mostrando segni di rallentamento. Come spiegano gli esperti del Dipartimento Agricoltura degli Stati Uniti, è probabile sia iniziata tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio quando il virus è passato da un uccello infetto a una mucca.
Tuttavia i dati genomici non includono informazioni critiche che possano far luce sulla sua origine e sull’evoluzione dell’epidemia. Dal punto di vista della sicurezza alimentare intanto le analisi del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense sui campioni di carne proveniente dai 9 Stati colpiti dall’infezione hanno confermato che l’approvvigionamento di questo alimento è sicuro, avendo avuto esiti negativi per il virus H5N1. Continua però a crescere la preoccupazione per la diffusione del virus nel timore che possa trasformarsi in un pericolo concreto anche per l’uomo.
Dagli animali all’uomo?
“È importante intanto considerare che ancora la si chiama aviaria, ma in realtà di aviario poco è rimasto – commenta Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive Policlinico San Martino di Genova – considerato che colpisce anche i mammiferi. H5N1 è un virus altamente mutabile e non si esclude possa arrivare all’uomo, come in alcuni casi è capitato per trasmissione da contatto con animali infetti. È positivo che non sia stata ad oggi provata la trasmissione tra uomo e uomo”.
Il virus dell’influenza aviaria è altamente infettivo e spesso mortale anche per gli uccelli. Come si legge su Nature dall’inizio del 2022, più di 50 milioni di volatili da cortile negli Stati Uniti e quasi altrettanti in Europa sono morti a causa della malattia o stati uccisi nel tentativo di arginarne la diffusione.
Anche per l’uomo il tasso di mortalità è elevato ma le infezioni di influenza aviaria sono rare e le persone possono contrarla solo se esposte a diretto contatto con animali infetti o con le loro secrezioni. Mai è stata registrata una trasmissione di H5N1 da una persona infetta a un altro essere umano. Per potersi trasmettere da uomo a uomo l’H5N1 dovrebbe subire numerose mutazioni e cambiare forma. A ostacolare la sua diffusione tra gli esseri umani è anche la sua non facilità a entrare nelle cellule che rivestono naso e bocca.
Tuttavia per gli agenti patogeni respiratori a rapida diffusione che hanno il potenziale di scatenare pandemie è importante essere vigili. “L’aviaria potrebbe rappresentare la prossima pandemia – sottolinea Matteo Bassetti – , l’importante è che in ogni caso alla potenziale infezione si arrivi preparati su tutto ciò che può servire per combatterla. È quindi opportuno, senza farsi prendere dal panico e senza fare allarmismi che le persone siano adeguatamente informate in merito”.
Come si evince da Nature ad oggi il virus aviario si è fortemente diffuso negli uccelli uccidendo centinaia di milioni di anatre, oche, pellicani, gru in tutti i continenti con la sola eccezione dell’Australia. La sua capacità di adattarsi ai mammiferi come negli ultimi casi alle mucche suscita preoccupazione per la sua sempre più prossima vicinanza agli uomini tra i quali potrebbe appunto diffondersi.
Due vaccini per prevenire l’infezione in attesa del via libera dalla Commissione Europea
L’Organizzazione Mondiale della Sanità Oms ha espresso preoccupazione per la crescente diffusione del ceppo H5N1 dell’influenza aviaria a nuove specie soprattutto per il tasso di mortalità molto alto, pur se non esistono attualmente prove di trasmissibilità da uomo a uomo. Tra il 2003 e il primo aprile 2024, l’Oms ha dichiarato di aver registrato 889 casi umani di influenza aviaria in 23 Paesi nel mondo, dei quali 463 con esito mortale, per un tasso di mortalità del 52%.
In un rapporto recente anche L’European Centre for Disease Control and Prevention ha espresso timore sulla diffusione del virus perché se acquisisse la capacità di arrivare tra gli esseri umani potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala. I continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano infatti le possibilità che possa mutare e acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi.
Al momento il modo migliore per prevenire l’influenza aviaria è di evitare le potenziali fonti di esposizione al virus. Intanto l’Ue a febbraio di quest’anno ha dato il primo via libera a 2 vaccini contro la malattia e si attende ora l’approvazione definitiva da parte della Commissione Europea.
Il primo, chiamato Celldemic, è indicato per gli adulti e i bambini con più di 6 mesi e può essere usato in caso di focolai di influenza che hanno origine dagli animali e nel caso in cui le autorità sanitarie temano una imminente pandemia. Il secondo, chiamato Incellipan, è da utilizzare solo nel momento in cui le autorità sanitarie abbiano dichiarato lo stato di pandemia.
Silvia Bolognini