L’indagine avviata dalla Polstrada di Cosenza ha portato alla disattivazione di alcune strumentazioni in tutta Italia, fino a Venezia
La polemica sull’uso degli autovelox più per far cassa che per garantire la sicurezza sulle strade si arricchisce di una nuova pagina, stavolta favorevole agli automobilisti che siano stati “pizzicati” dai dispositivi elettronici a una velocità superiore ai limiti.
L’indagine del gip di Cosenza, avviata su delega della Procura della città calabrese in seguito alle segnalazioni della Polstrada, a distanza di un analogo provvedimento che non ha però avuto seguito, ha portato infatti al sequestro e alla disattivazione delle strumentazioni chiamate “T-exspeed v 2.0”.
Apparecchiature che sono utilizzate anche in altre città d’Italia: da Venezia (i due impianti nel sottopasso di via Martiri della Libertà) a Vicenza, da Modena a Reggio Emilia, fino a Pomarico, Cerignola, Pianezza, Piadena, Formigine, Arcola, Carlentini e San Martino in Pensiliis.
Una decisione che ora apre la via dei possibili ricorsi per l’annullamento delle sanzioni. Una contestazione che, come ha chiarito il Codacons, è possibile contro le multe elevate da apparecchi autovelox non a norma, “purché la sanzione non sia stata già pagata dagli automobilisti”.
Le irregolarità degli autovelox “T-exspeed v 2.0”
Gli agenti della squadra di Polizia giudiziaria della Stradale hanno accertato una serie di “non legittimità del sistema di rilevamento delle violazioni della velocità” negli apparecchi al centro dell’indagine utilizzati in postazioni fisse su alcune strade della provincia di Cosenza, come la Statale 107 Silana crotonese, da Paola a Crotone, la Provinciale 234 e la Statale 106, che collegano la costa ionica da Reggio Calabria a Taranto.
In particolare, secondo la Polstrada, non solo sarebbe stata misurata illegittimamente la velocità, ma lo stesso apparecchio sarebbe diverso dal prototipo depositato al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Gli autovelox non omologati utilizzati sarebbero inoltre privi del sistema di rilevamento, indispensabile per accertare la legittimità delle violazioni rilevate, “con il rischio concreto di un danno erariale nel caso di ricorso da parte degli utenti”.
Il provvedimento è stato notificato alla società che garantisce la fornitura degli apparecchi, il cui rappresentante legale è stato denunciato in stato di libertà per frode nella pubblica fornitura, e alle Amministrazioni comunali che hanno sottoscritto con la società incriminata un contratto d’uso dei dispositivi. I Comuni, in ogni, caso, figurerebbero come parte lesa.
I ricorsi contro le multe degli autovelox
In generale, le multe per eccesso di velocità rilevate con gli autovelox devono essere recapitate al trasgressore entro 90 giorni dalla data di accertamento della violazione, nei casi in cui le forze dell’ordine non notifichino immediatamente la sanzione. Gli organi che elaborano i dati raccolti dai dispositivi, redigendo i verbali per le contravvenzioni, non sono tenuti a informare della procedura in atto, per cui la notifica è l’unico mezzo per avere la conferma della multa.
Il ricorso per la contestazione della multa va presentato entro 30 giorni dalla notifica al giudice di pace, che può confermarla o annullarla, con possibilità successiva di ricorrere al tribunale per impugnare la decisione. Il ricorso può essere presentato, entro il termine di 60 giorni, anche al prefetto, che, però, in caso di rifiuto del ricorso, può anche elevare l’importo dovuto di almeno il doppio.
Gli incassi delle multe
Partendo dai dati della rendicontazione pubblicata dal Ministero dell’Interno, il Codacons ha calcolato che, nel 2023, gli incassi delle multe stradali sono saliti del +6,9%, per un totale di complessivi 584,7 milioni nelle 20 città più grandi d’Italia. Roma è la città con i proventi più alti (oltre 172 milioni, +29,7%), mentre Potenza è quella con l’incremento annuo maggiore: +110%.
Sul fronte autovelox, il totale incassato per le multe lo scorso anno dalle principali città è stato di 65 milioni, con Firenze al primo posto (18,7 milioni di euro), seguita da Milano (8,5 milioni), Roma (7,5) e Genova (5). Secondo l’Ufficio Studi dell’Asaps, nelle 14 città oltre 200 mila abitanti gli incassi per gli eccessi di velocità rilevati con le apparecchiature elettroniche sono stati però pari a solo l’11% del totale.
Diverso il discorso per i piccoli Comuni. Il caso più eclatante segnalato da Assoutenti è quello di Colle Santa Lucia, nel Bellunese, che, con un solo autovelox, ha incassato 1.265.822 euro nel triennio 2021-23. Spicca anche la situazione in Salento, con 4 Comuni (Galatina, Trepuzzi, Cavallino e Melpignano) che hanno messo insieme oltre 8,7 milioni di euro nel 2023. In Veneto, Cittadella, nel Padovano, lo scorso anno ha sfiorato i 3,5 milioni di euro.
Alberto Minazzi