La devoluzione di “specifiche funzioni” non è incostituzionale, anche se per 8 materie il trasferimento è “difficilmente giustificabile”
Il succo della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni relative al rispetto della Carta da parte della legge sull’autonomia differenziata era già noto dal 14 novembre.
Adesso, con l’avvenuto deposito in cancelleria , non solo ci sono le motivazioni puntuali della sentenza 192/2024 relativa al ricorso avanzato da Campania, Puglia, Sardegna e Toscana, ma anche le linee guida su come e dove intervenire per sanare i punti ritenuti illegittimi.
“La Corte – ha commentato il presidente del Veneto, Luca Zaia – non si limita solo a indicare i punti, ma dà anche le soluzioni, con indicazioni che sembrano quasi delle “istruzioni per l’uso”. Adesso quindi è sufficiente che il Governo faccia queste modifiche, per cui potremo fare anche veloci. Nel frattempo noi continuiamo a lavorare per l’autonomia, perché il risultato non cambia. La Corte, dando la sua posizione ufficiale, lineare e costruttiva, dice che l’autonomia è costituzionale e quindi si può andare avanti”.
Cosa dice la sentenza
La sentenza si compone di 107 pagine, articolate in 52 punti di dispositivi.
“E per ben 25 volte – riprende Zaia – dice alle 4 Regioni ricorrenti che quelle che hanno posto sono questioni infondate, per 14 volte dice, circa l’incostituzionalità di altre osservazioni, che sono questioni inammissibili. Poi, ovviamente, pone la questione su 13 elementi di incostituzionalità in alcune parti della legge, che richiedono la modifica dei relativi articoli”.
Il tema principale, al riguardo, è quello relativo ai contenuti, specificando la Consulta che non si deve parlare di materie o ambiti di materie, ma di specifiche funzioni. Al riguardo, bisogna sottolineare che, riferendosi a materie in cui “predominano le regolamentazioni dell’Unione europea”, ci sono 8 materie il cui trasferimento è “difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà”, per motivi sia tecnici che economici.
Si tratta di commercio con l’estero, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, porti e aeroporti, grandi reti di trasporto e navigazione, professioni, ordinamento della comunicazione e norme generali sull‘istruzione. In questi casi, le norme devono avere “una valenza necessariamente generale e unitaria”.
Il ruolo del Parlamento e i Lep
Se il ricorso è dunque stato parzialmente accolto, al tempo stesso è stata ritenuta “non fondata” la questione di costituzionalità dell’intera legge Calderoli, che non contrasta con princìpi fondamentali come l’unità della Repubblica, ed è stato così invitato il Parlamento a intervenire per colmare i vuoti. Spetta infatti solo alle Camere, ha chiarito la Corte, “il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale” e “la competenza legislativa esclusiva in alcune materie affinché siano curate le esigenze unitarie”.
“La sentenza – conferma il presidente del Veneto – dice anche un’altra cosa importante: i livelli essenziali delle prestazioni, che sono stati introdotti obbligatoriamente da questo Governo, devono essere definiti non con provvedimenti governativi, ma coinvolgendo ovviamente il Parlamento e rendendoli prioritari. Perché i Lep servono per combattere le disuguaglianze e quindi per garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti sociali e civili”.
Alberto Minazzi