L’analisi di Openpolis: nel 2022, prosegue il trend di crescita. Saliti da 28 a 30 i posti ogni 100 bambini residenti in Italia
È innegabile che, a incidere sul dato, ci sia anche il peso dell’aumento della denatalità. D’altro lato, però, è altrettanto vero che, sia pur ancora con marcati divari tra le diverse realtà, la dotazione territoriale di posti disponibili negli anni è via via aumentata, come conferma la continuità del trend in atto dal 2013.
Parliamo degli asili nido, ritenuti uno dei punti cruciali nella complessiva strategia di contrasto a una delle problematiche che affliggono l’Italia: l’invecchiamento della popolazione. Tant’è che il nostro Paese già nel 2017 ha recepito nell’ordinamento interno l’obiettivo del 33% fissato a livello europeo.
Significa, in altri termini, che almeno 1 bambino su 3 sotto ai 3 anni deve poter contare su un posto in queste strutture. Un traguardo che, sottolinea un’analisi della fondazione indipendente Openpolis, è sempre più vicino, essendo stata raggiunta nel 2022, con un incremento di 2 punti percentuali su base annua, la quota del 30%.
Asili nido in Italia: a che punto siamo
Come evidenzia Openpolis, nel confronto con il 2021 non solo il dato medio complessivo è salito dal 28% al 30%, ma sono salite da 6 a 11 le regioni che hanno superato la fatidica soglia del 33%. La situazione migliore, con il 46,5%, è quella dell’Umbria, seguita da Emilia Romagna (43,1%) e Valle d’Aosta (43%).
Anche la Toscana (40,7%) è oltre il 40%, con Friuli Venezia Giulia (38,3%), Lazio (37,9%), Lombardia (36%) e Sardegna (35,2%) poco dietro. A completare il quadro delle regioni che hanno già centrato l’obiettivo sono quindi il Veneto e la Liguria (entrambe al 33,8%) e le Marche (33,5%), con il Piemonte (32,7%) vicino alla meta.
Guardando invece alla serie storica, l’analisi evidenzia che nel corso dell’ultimo decennio l’offerta di posti in asili nido e servizi per la prima infanzia è aumentata progressivamente ma costantemente, fino a raggiungere l’attuale incremento di quasi 10 punti, se confrontato col 22,5% del 2013, con anche il dato numerico assoluto più alto (366 mila posti) dell’intera serie.
D’altronde, va ricordato anche che il 33% (e il 90% per i bambini da 3 a 5 anni) è un obiettivo che, a livello europeo, risale al 2002. Durante la pandemia, le istituzioni Ue hanno infatti stabilito, con orizzonte 2030, una nuova e più ambiziosa soglia, pur commisurata alla situazione di partenza del Paese, che punta rispettivamente al 45% e al 96%.
I divari territoriali
La realtà italiana si presenta poi estremamente variegata, con marcate differenze sia da città a città che nel confronto tra capoluoghi e aree interne. Così come va notato che non è bastato l’importante incremento di posti nelle regioni del Sud: pur essendoci riuscita la Puglia (20,6%), restano ancora sotto la soglia del 20% Calabria (15,7%), Sicilia (13,9%) e Campania (13,2%).
Fa riflettere anche il dato relativo a “comuni polo”, baricentrici in termini di servizi, e altre aree. Per i primi, la quota di asili nido è di 37 ogni 100 bambini; nelle realtà di cintura degli hinterland si scende al 27%; nelle aree interne, più lontane dai grandi centri, la quota si abbassa al 23%, scendendo addirittura sotto il 18% per le realtà ultraperiferiche.
Quanto ai capoluoghi, sono 32 (29 al Centro-Nord e 3 in Sardegna) quelli che hanno superato la nuova soglia europea del 45%. Al primo posto (82,1%) c’è Nuoro, poi Sassari (61,5%) e Ferrara (60%). Al contrario, sono 9, tutti al Sud, quelli che non arrivano al 15%, con Campobasso (7%), Catania (8%) e Barletta (8,3%) sotto anche il 10%.
Alberto Minazzi