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Arriva un nuovo latte “anti-spreco”

Arriva un nuovo latte “anti-spreco”

 Si butta troppo latte fresco. E c’è chi punta sulla scadenza a 10 giorni

Dopo quanti giorni scade il latte fresco? In Italia, il limite massimo per ottenere la qualifica, a partire dal decreto ministeriale del 2003 che ha esteso il periodo precedente fissato in 4 giorni, è di 6 giorni più uno.
In teoria, secondo un regolamento europeo, la scadenza avrebbe dovuto essere liberalizzata già dal 2018.
In realtà, nel nostro Paese, le cose non sono andate così. E la conseguenza è che grandissime quantità di questo alimento (nel 2020, l’Osservatorio  Waste Watcher ha stimato 4,8 litri annui per italiano) finiscono col dover essere eliminate senza essere state consumate.
È partendo proprio da questa considerazione “anti-spreco” che Granarolo, la prima filiera del latte italiano, partecipata in forma cooperativa da 600 soci allevatori e che fattura ogni anno 1,4 miliardi, ha deciso di immettere sul mercato un nuovo prodotto, realizzato con latte crudo di alta qualità ma con una scadenza allungata a 10 giorni.
Lo stesso presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ammette che questo latte “non si può chiamare fresco”.
Ma sottolinea anche che il nuovo prodotto “incontra un’esigenza del consumatore: avere un latte a più lunga vita per evitare lo spreco”.
Le abitudini d’acquisto del consumatore finale, del resto, sono profondamente mutate nel corso degli anni, con la tendenza ormai prevalente a sostituire l’acquisto quotidiano anche dei beni alimentari di prima necessità a scadenza breve con l’accumulo di scorte.
Non essendo riuscita a ottenere la richiesta abrogazione della legge, Granarolo, come sottolinea il suo presidente, è dunque “impegnata da tempo in un processo virtuoso di allungamento della durata del nostro latte fresco di filiera”.
Sugli scaffali, così, il latte fresco del Gruppo nato nel 1957 da una piccola cooperativa alle porte di Bologna e che ora conta su 13 stabilimenti in tutta Italia, 9 all’estero e 2.454 dipendenti, sarà gradualmente sostituito dal prodotto pastorizzato.
“Si tratta – conclude Calzolari – di seguire una naturale evoluzione del mercato e dell’atteggiamento di consumatori sempre più attenti ad evitare gli sprechi”.
Una tendenza che potrebbe ora diffondersi sempre più, anche perché il latte “a 10 giorni” ha dimostrato di mantenere gli stessi valori nutrizionali e lo stesso gusto del prodotto fresco.

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