Primo vero freddo in arrivo nel weekend, ma il Ministero invia una circolare che evidenzia come il rischio di trasmissione di Dengue e altre malattie sia ancora alto
I meteorologi hanno annunciato, a partire dal prossimo weekend del 25 e 26 novembre, l’arrivo della prima vera ondata di freddo di fine 2023.
Gli esperti di iLMeteo.it la definiscono “sciabolata artica di Attila” e sottolineano come i principali centri di calcolo prevedano un lungo periodo gelido, che dovrebbe durare almeno fino al “ponte” dell’8 dicembre.
Intanto, però, due mesi di autunno sono passati e le temperature sono ancora decisamente miti rispetto agli standard.
Tanto che le zanzare stanno continuando a proliferare, prolungando in tal modo la loro sopravvivenza.
Con la circolazione di questi insetti, in particolare di quelli del genere Aedes, continuano però a circolare anche gli arbovirus, a partire dalla Dengue, trasmessi dalle punture di vettori come le zanzare, che fungono da veri e propri serbatoi degli agenti virali.
Un problema, dunque, da non sottovalutare. Non a caso, la Direzione generale della sanità animale del Ministero della Salute ha inviato una circolare in materia, tra gli altri a regioni e federazioni sportive.
La circolare del Ministero
“Come noto – esordisce il documento – in Italia, in questo periodo, continuano a palesarsi positività per Dengue sia in soggetti di ritorno da altri Paesi dove la malattia è endemica, sia in individui che non presentano una correlazione con viaggi in Paesi endemici, e per i quali è riferita una trasmissione autoctona del virus”.
Si ricorda quindi che i dati epidemiologici, aggiornati al 23 ottobre 2023, fanno registrare 66 casi autoctoni e 222 importati, in particolare tra Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto.
“Sulla base di tali evidenze e in considerazione della rilevanza dell’infezione per la salute pubblica – prosegue la circolare – è necessario porre in atto tutte le misure utili a limitare il rischio di ogni ulteriore trasmissione all’uomo nelle situazioni in cui si realizzano assembramenti di popolazione per manifestazioni sportive, soprattutto quando queste si svolgono in aree a rischio (per la presenza del vettore), a ridosso di zone dove si verifica maggiormente la moltiplicazione delle zanzare, oppure ancora in occasione delle quotidiane passeggiate degli animali domestici”.
Le raccomandazioni per proteggersi
La raccomandazione è così innanzitutto quella di dare, attraverso comunicazioni dirette ai soggetti coinvolti o attraverso l’uso di cartellonistica, opportuna e capillare diffusione delle informazioni sulle misure di prevenzione. Ovvero l’uso di repellenti topici e di abbigliamento adeguato e protettivo in caso di frequentazione dei luoghi a rischio, ma anche “l’attuazione di forme di lotta ambientale autorizzata efficace verso la zanzara (larve e adulti), se possibile, prima degli eventi sportivi o comunque nelle situazioni di stabilimenti o strutture più a rischio”.
Qualora, nonostante le misure di prevenzione, dovesse capitare di essere punti da una zanzara, il suggerimento è quello di monitorare il presentarsi di eventuali sintomi sospetti come febbre elevata a insorgenza improvvisa, cefalea severa e dolore oculare (retro-orbitario), dolori muscolari e articolari, nausea, vomito, linfonodi aumentati di volume, eruzione cutanea. In tal caso, l’invito è quello di rivolgersi prontamente ai medici di base o ai pediatri di libera scelta per effettuare le valutazioni di competenza.
“Non è il caso di allarmarsi – commenta l’infettivologo Matteo Bassetti – Si tratta di un richiamo corretto che viene fatto dal Ministero perché abbiamo avuto dei casi sia di West Nile, ormai malattia endemica, sia di Dengue e sappiamo che le zanzare oggi in Italia possono trasmettere infezioni importanti. E’ bene dunque che, all’eventuale comparire di sintomi compatibili con queste infezioni, i medici in qualche modo lo sospettino e facciano esami specifici. Certo è che anche la Dengue, che finora si contraeva nei Paesi tropicali, è una malattia che, anche alle nostre altitudini, dobbiamo considerare presente”.
West Nile: un morto in Veneto dopo 16 mesi dall’infezione
Il trattamento in tempi rapidi può consentire infatti l’adozione di una terapia adeguata ed evitare così l’evoluzione della malattia, che nei casi più gravi può portare anche alla morte. Un esempio in tal senso, relativo non a Dengue, ma all’altro arbovirus West Nile, arriva proprio dal Veneto, dove, nei giorni scorsi, è deceduto il 71 enne di Camponogara, nel Veneziano, Antonio Brusegan, che aveva contratto l’infezione nell’estate del 2022, con la comparsa dei primi sintomi della malattia nel mese di luglio.
Una lunga odissea che ha costretto prima a un lungo ricovero, durato un anno, all’ospedale di Mirano, dove, in seguito alla severa disabilità neurologica cronica, si è resa necessaria anche la respirazione assistita con un ventilatore polmonare e l’alimentazione artificiale tramite un sondino. Da 4 mesi, l’uomo, artigiano esperto nella realizzazione di strumenti musicali, era stato trasferito nella residenza sanitaria assistenziale Umberto I di Stra, che ne aveva assunto la presa in gestione, garantendo l’assistenza h24.
Alberto Minazzi