Riaffiorano reperti che potrebbero essere riconducibili al crollo del 1902
Se in questi giorni vi capitasse di fare una passeggiata lungo la spiaggia del Lido nel tratto che va dal Blue Moon al Pachuka, a San Nicolò, potreste vederli con i vostri occhi.
Tanti mattoni di antica fattezza di vari colori, forme e dimensioni.
Reperti che le forti mareggiate delle ultime settimane del 2020 hanno lasciato sulla sabbia e che incuriosiscono i passanti.
Subito una domanda viene alla mente: perché si trovano sulla battigia? E soprattutto: a che cosa appartengono? A cercare di dare risposte è Vittorio Baroni, presidente del Comitato Lido Oro Benon – un gruppo di attenti osservatori promotori dell’isola – che li ha rinvenuti durante una passeggiata in spiaggia.
Il ritrovamento dei mattoni antichi
«I mattoni si trovano disseminati – spiega Vittorio Baroni – nella parte a nord dell’isola, in numero maggiore davanti all’ex Ospedale al Mare, area oggetto di un importante piano di recupero e riqualificazione. Il ritrovamento è avvenuto domenica 3 gennaio. Diversi elementi quali il colore, le dimensioni, le irregolarità delle forme e le rotondità dovute all’usura del tempo fanno subito pensare a mattoni piuttosto antichi.
Osservandoli attentamente anche per le diverse striature e la composizione si capisce subito che non si tratta di elementi prodotti in serie industriale. Li ho fotografati e ne ho raccolto alcuni per studio. Le ricerche storiche finora effettuate portano a dedurre che potrebbero proprio essere materiali del campanile di San Marco, crollato il 14 luglio 1902. Uno degli elementi che vanno in quella direzione è che anche il loro spessore.
Sono mattoni bassi, proprio come quelli che si possono vedere nel libro “Il campanile di San Marco riedificato” nel quale si raccontano i fatti avvenuti oltre 100 anni fa. Allora le operazioni di analisi, classificazione e affondamento delle macerie furono affidate a Giacomo Boni».
Un antico e prezioso deposito in mezzo al mare
Il mare ha già restituito reperti del campanile di San Marco trovati grazie ad immersioni subacquee nel luogo in cui le macerie erano state portate a una settimana dal crollo.
Parte di queste erano state salvate in attesa di restauro per essere impiegate nella ricostruzione del “paron”, altre furono gettate in mare al largo del Lido.
I primi ritrovamenti furono nel 1999 grazie all’artista lidense Giorgio Bortoli, che li recuperò a San Nicolò.
Con questi mattoni riempì un’opera realizzata in vetro per la casa di Woody Allen.
Un’altra opera dell’artista con resti del campanile è il leone con base in mattone creato per il Consiglio Regionale del Veneto.
Successive immersioni negli anni 2000 hanno permesso di portare alla luce altri mattoni riconducibili a quell’epoca. Anche il fotografo e scrittore Riccardo Roiter Rigoni nel suo libro “Come la Luna alle porte dell’alba” pubblicato nel 2019, scrive dei mattoni del campanile di San Marco.
Gli studi per confermare l’autenticità
«Confrontando i recentissimi ritrovamenti rinvenuti sulla spiaggia a seguito delle forti mareggiate con le immagini e la documentazione contenuta nel libro pubblicato dal Comune di Venezia nel 1912 (“Il campanile di San marco riedificato”) – conclude Vittorio Baroni – molti elementi fanno pensare che anche in questo caso si tratti di materiale autentico. Una scoperta che dovrà comunque essere validata da ulteriori verifiche e dagli Enti preposti».
Per questo, Baroni ha scritto al presidente della Municipalità di Lido e Pellestrina Emilio Guberti chiedendo che quanto ritrovato possa essere visionato e valutato da esperti per confermare l’appartenenza dei mattoni proprio al campanile. Con una missiva al sindaco Luigi Brugnaro, il presidente di “Lido Oro Benon” auspica anche che la scoperta possa essere valorizzata e inserita nell’ambito delle celebrazioni per i 1600 anni di Venezia che prenderanno il via il prossimo marzo.