Conclusa la tecnologica campagna di studi condotta grazie alla collaborazione tra Università Ca’ Foscari di Venezia e Fondazione Azionemare
Il più antico dei 3 relitti di navi che giacciono negli alti fondali del Tirreno risale al 4°secolo a. C. e si trova nelle acque tra l’isola d’Elba e Pianosa.
E’ proprio lì, e nelle profonde acque tra l’isola della Gorgona e Capo Corso, che gli studiosi del Dipartimento di Studi umanistici di Ca’ Foscari hanno portato a termine una campagna di studi che ha permesso di scoprire un carico di anfore, coppi e tegole.
Un vero e proprio tesoro scoperto grazie al lavoro congiunto tra istituzioni impegnate nel campo di beni culturali sommersi e una fondazione specializzata nel settore della ricerca negli abissi che utilizza tecnologie avanzate.
I robot abissali pescano il tesoro a 600 metri di profondità
Il progetto di ricerca, condotto da Carlo Beltrame ed Elisa Costa per l’ateneo veneziano, in sinergia con Guido Gay di Fondazione Azionemare e sotto la sorveglianza della Soprintendenza nazionale per il patrimonio subacqueo e della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno, ha permesso di documentare e studiare i 3 relitti precedentemente individuati da Azionemare.
Il tutto utilizzando avanzate tecnologie con le quali è stato possibile raggiungere i 600 metri di profondità. Sono stati in particolare utilizzati i rov abissali Multi Pluto e Pluto Palla, una sorta di veicoli filoguidati, dotati di telecamera e braccio per recuperi, movimentati dal catamarano Daedalus.
Questi strumenti hanno consentito di esplorare, tra l’Elba e Pianosa, un carico di tegole, coppi e anfore e recuperare campioni di materiale trasportato dal relitto Dae 27, il cui naufragio da una prima datazione risalirebbe tra il 2° e 1° secolo a.C. Dalle profondità sono state portate alla luce una tegola un coppo, un’anfora Dressel 1 e una brocca monoansata, materiale che sarà studiato all’Università Statale di Milano.
Le indagini su altri due relitti
Il team di esperti ha poi studiato i relitti Dae 7 e Dae 39, entrambi giacenti in profondità di oltre 400 metri tra l’isola della Gorgona e Capo Corso, dove è stato rivenuto un interessante carico di un centinaio di anfore greco-italiche datate dal 4° al 3° secolo a.C.
Questo sito, rispetto all’altro che si trova molto al largo e a una profondità maggiore, versa in condizioni peggiori con un alto numero di anfore frammentate. Un dato che non sorprende gli esperti in quanto le batimetrie fino a circa 400 metri sono molto più soggette alla pesca a strascico.
Sui relitti è stato realizzato un rilievo digitale con la tecnica fotogrammetrica che permette di ottenere un modello tridimensionale scalato e misurabile del carico, molto realistico, utile allo studio in laboratorio del volume e della portata di queste imbarcazioni.