L’indagine Beach Litter di Legambiente: 961 ogni 100 metri di spiaggia. L’isola di plastica al largo della Toscana
Due corsie di una piscina olimpionica completamente piene di rifiuti.
È questa l’immagine che propone Legambiente presentando i risultati dell’indagine Beach Litter 2023, effettuata con il contributo di centinaia di volontari, per monitorare la presenza di materiale di scarto proveniente dall’attività umana sulle nostre spiagge.
Un inquinamento, quello derivante dai rifiuti dispersi in mare o lungo le coste, che costituisce una delle maggiori minacce ambientali per gli ecosistemi oceanici, con impatti sia per la fauna selvatica che per gli esseri umani. E, a farla da padrona, è sempre la plastica, che costituisce il 72,5% dei materiali rinvenuti.
L’isola di plastica italiana
Del resto, sono ormai più di 60 anni che, negli oceani di tutto il mondo, i rifiuti trascinati dalle correnti formano vere e proprie “isole di plastica” galleggianti. Un fenomeno che, dal 2019, interessa ufficialmente anche l’Italia, che ha, nel Mar Tirreno, tra l’isola d’Elba e la Corsica, la sua isola di plastica.
Spiagge italiane: 961 rifiuti ogni 100 metri
Nell’edizione 2023 dell’indagine, Legambiente ha effettuato rilevamenti in 38 spiagge delle 15 regioni con affaccio sul mare. In 232.800 metri quadri di area campionata sono stati contati 36.543 rifiuti: in media 961 ogni 100 metri di spiaggia.
I rifiuti sono stati catalogati in 180 categorie, con però sole 10 tipologie di oggetto che, insieme, costituiscono il 52% del totale.
Al primo posto, con il 10,9% del totale, si sono confermati i frammenti di plastica tra 2,5 e 50 cm, seguiti da tappi e coperchi (8,6%) e mozziconi di sigarette (6%).
Una delle novità negative di quest’anno è la crescita del materiale da costruzione, quarto con il 5,8%, che trascina i rifiuti di vetro e ceramica al secondo posto, sia pure a grande distanza (9,2% contro 72,5%) dietro alla plastica.
Nella classifica per materiali, terzo e quarto posto sono di metalli (6,8% dei rifiuti raccolti) e carta e cartone (3,9%).
Tra gli oggetti, invece, dal quinto posto in giù si trovano cotton fioc in plastica (4%), frammenti di polistirolo (3,9%), contenitori per bevande, altri oggetti di plastica, stoviglie usa e getta (in calo) e bottiglie di vetro (in crescita).
I rifiuti monouso in plastica
Da gennaio 2022, anche in Italia è applicata la direttiva europea per ridurre l’uso delle plastiche monouso non biodegradabili e non compostabili, che prende in considerazione “10+1” oggetti di plastica monouso (Sup).
Nel totale degli oggetti monitorati da Legambiente, i Sup raggiungono il 46%, guidati dalle bottiglie in plastica (compresi tappi e anelli): 5.487 ritrovamenti, pari al 15% del totale e 39% dei Sup. Vengono quindi mozziconi di sigaretta e attrezzi da pesca (entrambi con il 15% dei Sup). Tra i contenitori in plastica per alimenti (1% del totale e 6% degli oggetti Sup), i bicchieri di plastica (0,7% e 3%) superano posate e piatti (1% dei Sup), cannucce e agitatori per cocktail (3% dei Sup).
Nonostante siano stati messi al bando ormai da 10 anni, con una riduzione dell’uso pari al 55% dal 2013, i sacchetti di plastica continuano a finire sulle nostre spiagge, costituendo il 2% del totale e il 3% degli oggetti Sup. Infine, i volontari hanno censito anche 58 assorbenti igienici e 103 palloncini di gomma.
Le isole di plastica
Se la plastica spiaggiata può essere in qualche modo raccolta, ben più problematico è il tema dell’inquinamento da polimeri artificiali in acqua. E non solo per il possibile rilascio di sostanze tossiche che, ingerite da pesci e altri animali marini, possono entrare nella catena alimentare, costituendo un rischio per la salute pubblica.
Le correnti marine possono infatti determinare aggregati delle masse di rifiuti, formando vere e proprie isole galleggianti che trovano negli 8 milioni di rifiuti rilasciati in mari e oceani ogni anno il materiale per ingrandirsi. Anche perché si tratta di formazioni che si degradano molto lentamente e possono restare intrappolate per anni all’interno di vortici acquatici.
La più grande e famosa isola di plastica, nota fin dagli anni ’80 del secolo scorso e scoperta nel 1997, è la “Pacific Trash Vortex. Collocata nell’Oceano Pacifico, tra California e Hawaii, si stima che occupi un’area variabile tra 700 mila e 10 milioni di km quadrati (in pratica come la Spagna o gli Usa) e sia formata da rifiuti tra 3 e 100 milioni di tonnellate.
L’isola di plastica italiana, formata principalmente di microplastiche, bottiglie, sacchetti, bicchieri, cassette e flaconi di plastica, è stata scoperta grazie agli studi condotti da ricercatori italiani e internazionali e galleggia in un tratto al largo dell’Arcipelago Toscano.
Alberto Minazzi