La nuova emergenza in Italia si chiama peste suina africana.
Dopo Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa, l’allarme è scattato nella prima settimana di gennaio quando in Piemonte e Liguria sono state trovate le carcasse di quattro cinghiali, morti a causa di questa influenza suina per la quale non esistono cure o vaccino e risulta letale circa nell’80% dei casi. La malattia infettiva, originaria del Kenya, colpisce solo i suini domestici e selvatici. Nessun pericolo di trasmissibilità per l’uomo e altri animali ma è altamente contagiosa con rischio reale che possano essere colpiti gli allevamenti di maiali, creando gravi problemi al mercato delle esportazioni di salumi.
Nessun caso riscontrato tra i maiali ma sono scattate le restrizioni
La rapidità con cui si diffondono i contagi ha portato il Ministero delle Politiche agricole e quello della Salute a firmare un’ordinanza con validità per sei mesi in cui si vietano le attività venatorie nelle zone infette. Sono 78 i Comuni del Piemonte interessati e 36 quelli della Liguria.
In queste zone è stata anche vietata la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking e perfino la mountain bike. Tutte attività che possono prevedere interazioni dirette o indirette con gruppi di cinghiali infetti o potenzialmente tali, che potrebbero spostarsi in altre zone.
Si tratta di misure messe in atto dal Governo per impedire che l’uomo, che comunque non si ammala, possa portare il virus fuori dai boschi con il rischio che possa raggiungere gli allevamenti suini. Nell’area ligure prevista dall’ordinanza la stima conta che vi siano almeno 15 – 20 mila cinghiali.
In Toscana è stata per ora avviata un’attività di sorveglianza per individuare rapidamente eventuali casi della malattia. Tranquilla per ora la Sardegna, dove si erano registrati dei casi diversi anni fa.
Pur se al momento non sono state rilevate contaminazioni tra i maiali, una delle maggiori preoccupazioni legate alla diffusione della peste suina riguarda proprio questo settore.
I danni all’export
Il grido d’allarme si sta sollevando unanime.
In Italia si allevano quasi 9 milioni di maiali e le associazioni di categoria sono molto preoccupate. La presenza della malattia porta infatti alla sospensione di tutte le esportazioni di carne verso i Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea e la sospensione delle esportazioni di carne prodotta nelle aree di contagio verso i Paesi dell’Unione Europea.
Le autorità competenti di Cina, Giappone, Taiwan, Vietnam e la vicina Serbia, Svizzera hanno già disposto il blocco dell’import di carni suine italiane e si temono ulteriori restrizioni. I principali prodotti esportati sono prosciutti stagionati, disossati, speck, coppe e culatelli.
Secondo quanto riporta Confagricoltura, le esportazioni italiane del settore si attestano attorno a 1,7 miliardi di euro l’anno, di cui oltre 500 milioni destinate fuori dai confini dell’Unione Europea. L’Associazione industriali delle carni e dei salumi (Assica) ha stimato un danno all’export quantificabile in almeno 20 milioni di euro per ogni mese di sospensione delle esportazione.
In una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Draghi e ai ministri della Salute Speranza e delle Politiche Agricole Patuanelli, firmata dal presidente della Liguria Giovanni Toti e dal vicepresidente e assessore all’Agricoltura e alla Caccia Alessandro Piana, si chiede di attivare in tempi stretti un tavolo permanente di monitoraggio coinvolgendo anche le altre Regioni interessate per elaborare le prime stime dei mancati redditi e predisporre tempestivi sostegni per tutti i settori delle economie locali interessati dal provvedimento e colpiti da questo evento.
L’alta letalità del virus tra i suini e la sua capacità di diffusione sono una minaccia incombente per gli allevamenti suinicoli anche in Lombardia ed Emilia Romagna, dove sono almeno 30 mila i lavoratori del comparto.
La peste suina: cos’è e come si propaga
La peste suina africana è endemica nell’Africa sub-sahariana e anche in Sardegna da decenni. Nell’Europa Orientale è presente dal 2007 quando si svilupparono dei focolai in Georgia, Armenia, Azerbaigian, Russia, Ucraina e Bielorussia. Da questi Paesi è arrivata in quelli dell’Unione Europea: i primi casi in Lituania, Polonia, Lettonia e Estonia furono segnalati nel 2014. Il virus è diffuso anche in Belgio e Germania, mentre in Italia è arrivato nel 1967. Oggi tuttavia la circolazione della malattia in Sardegna è in diminuzione.
La malattia è causata dal virus ASFV particolarmente resistente. Sopravvive in ambiente esterno fino a 100 giorni, per diversi mesi resiste all’interno di carne congelata e salumi, negli animali guariti dalla malattia. Pur senza che si ammali può essere trasmesso anche dall’uomo.
Purtroppo non esiste una cura particolare contro questa malattia quindi l’unica difesa è quella di prevenirne la diffusione e tentare di arginare il virus. La contaminazione può essere diretta tra animali selvatici e domestici o indiretta attraverso la dispersione del virus nelle carcasse, dove resta per mesi anche nelle stagioni fredde.
Nell’80% dei casi, gli animali contagiati muoiono in pochi giorni.
Silvia Bolognini