La Corea del Sud è uno dei “Dragoni” emergenti dell’Estremo Oriente, una delle potenze economiche e industriali in fase di sviluppo costante del nostro tempo. Gli Italiani la conoscono soprattutto per il clima di tensione che dura da 70 anni con lo scomodo “cugino” del Nord.
Un antagonismo tra le due parti della penisola asiatica figlio del drammatico conflitto combattuto tra il 1950 e il 1953, in cui anche gli Stati Uniti, nell’ottica della Guerra Fredda, hanno partecipato con un alto costo di perdite militari.
La Corea e l’Italia
La Corea del Sud si è affacciata all’Italia e all’Occidente prima con le Olimpiadi di Seoul del 1988. Poi si è fatta apprezzare e “maneggiare” grazie ai suoi elettrodomestici, ai suoi telefonini e alle sue automobili. Ci ha fatto soffrire nel 2002 eliminandoci dal Mondiale di calcio ospitato proprio in casa loro. Ma la nostra “sindrome coreana” nello sport del pallone risale addirittura 1966, con gli Azzurri sbattuti fuori dal Mondiale inglese con il gol di Pak Doo-ik.
Oggi ci fanno divertire con la k-pop e la k-drama. Chi non conosce ancora la boyband BTS? Magari non avrete visto il film “Parasite”, uno dei titoli più apprezzati in Italia tra il 2019 e il 2020. Ma ne avrete sicuramente sentito parlare per i 4 premi Oscar vinti l’anno scorso. La Corea è stata purtroppo una delle prime nazioni colpite dal coronavirus.
Un Paese ancora da scoprire
Ma c’è ancora molto da scoprire su un Paese che sta iniziando ad attirare molta curiosità. Negli ultimi anni le Università italiane di Venezia, Siena, Roma, Napoli e Palermo hanno istituito corsi di studio di coreanistica e di lingua coreana che ogni anno aumentano il numero di iscritti. Un mondo che ricambia volentieri l’interesse, guardandoci con ammirazione e rendendo l’Italia la sua terza partner commerciale europea. Un ricco interscambio culturale e commerciale da 9 miliardi di dollari.
A condurci nella scoperta della realtà coreana è il console onorario d’Italia a Busan Vincenzo Campitelli, professore di italianistica e latino all’Università internazionale locale. Busan è stata costruita sulla costa meridionale della penisola coreana, volgendo il suo sguardo al Giappone. Campitelli ci vive da 15 anni e qui ha costruito tutta la sua vita, realizzando progetti di prim’ordine per se stesso e per in favore dei rapporti d’amicizia italo-coreani.
Un Paese sicuro
Quanto conosciamo realmente la Corea del Sud? L’opinione che abbiamo su questo partner ormai diventato cruciale nell’area è corretta? Campitelli ci sorprende. Cominciamo, ad esempio, dalle relazioni con la Corea del Nord. Dal 1953 la penisola è divisa in due al 38° parallelo tra un regime liberal-democratico di stampo occidentale, al sud, e uno dittatoriale comunista al nord. Due popoli vicini e uguali prima della guerra del 1950, ora divisi sul piano politico e ideologico.
«Sfatiamo un mito» sottolinea Campitelli. «Sul tema mi è capitato in passato di leggere dei titoli piuttosto allarmistici, più sulla stampa internazionale che su quella coreana. Posso garantire che non esiste al momento alcuna seria preoccupazione in ottica sicurezza. E anche le attività economiche e di svago non hanno mai risentito del clima riportato dai media. Tanto che ancora oggi la vita quotidiana continua a scorrere nella più assoluta serenità».
La Corea e il Covid
Per quanto riguarda il Covid-19, la Corea è stata la seconda nazione più colpita dopo la Cina nella prima fase. Anche qui il console ci stupisce raccontandoci come è stata affrontata la pandemia. «Ci tengo a precisare che la Corea del Sud non ha mai decretato un lockdown totale, mirando piuttosto a chiudere temporaneamente luoghi di aggregazione come cinema, teatri, palestre e luoghi di culto. Il governo di Seoul è riuscito a limitare il numero dei casi attraverso il cosiddetto metodo delle “Tre T”: testare, tracciare e trattare. Un modello apprezzato a livello mondiale».
«Da osservatore straniero – prosegue Campitelli – non posso esimermi dal sottolineare il senso di responsabilità della popolazione, che ha sempre rispettato le norme di comportamento suggerite dalle autorità. Per quanto riguarda il mio ruolo istituzionale, nella fase di picco della crisi ho aiutato i nostri connazionali presenti nel territorio per motivi di scambio culturale e di lavoro nei rapporti con le autorità sanitarie locali».
I Coreani, popolo amichevole
Quindi la situazione, per quanto grave, è stata contenuta senza provocare panico e allarmismo, puntando molto su tranquillità, pacatezza e garbo insite nel loro modo di vivere. «Gli abitanti di Busan e di tutta la penisola coreana sono amichevoli. La città ha conosciuto un rapido processo di globalizzazione e i suoi cittadini si sono dimostrati aperti senza rinunciare ai valori confuciani».
La società, ricorda il console, è fortemente gerarchizzata. Il rispetto verso gli anziani e in ambito lavorativo verso i superiori viene espresso a partire dal linguaggio, che prevede forme di carattere onorifico. «A casa e perfino nelle cene di lavoro si usa sempre versare da bere ai commensali più anziani o di grado superiore. Inoltre è buona norma porgere qualcosa (ad esempio il biglietto da visita, la carta di credito, ecc.) con entrambe le mani. E devo ammettere che, quando sono in Italia, istintivamente compio lo stesso gesto senza rendermene conto, nonostante la sorpresa e lo stupore da parte di chi mi sta davanti».
«È uno stile di vita – prosegue Campitelli che mi ha convinto a restare e a realizzare la mia vita. Certo, per quanto Busan sia una città globalizzata la lingua è stata un problema. Ho imparato il coreano da autodidatta e ancora oggi sto assimilando. Ma sono stato aiutato dai colleghi di italianistica all’università che mi hanno reso tutto più semplice».
Busan, tra porto e sanità
Finora Busan è stata al margine del nostro viaggio coreano. Alla domanda: «Quale altra città coreana conosci dopo Seul?», nella maggior parte dei casi la risposta è una palla di fieno che rotola nel deserto silenzioso. Ebbene, Busan è la seconda città più importante dopo la capitale, bagnata dal Mar del Giappone e ha costanti scambi commerciali e culturali con l’isola nipponica di Kyushu e con la città di Fukuoka. La penisola coreana, del resto, era stata parte dell’Impero giapponese dalla fine dell’Ottocento e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Busan è la capitale coreana dell’industria navale. E il suo porto è il sesto del ranking mondiale tra i porti-container. È la capitale nazionale del cinema e vi si tiene il “Busan International Film Festival” ogni mese di ottobre. Campitelli adora questa città, che per lui rasenta la perfezione: «I mezzi di trasporto pubblici? Puntuali. In 15 anni quasi mai un ritardo, sono di alta qualità e soprattutto puliti. La qualità della vita è alta. Di contro, il tasso di criminalità è uno dei più bassi a livello mondiale».
La cosa curiosa è che la città è famosa per il cosiddetto “turismo medico”. «Ci sono persone – racocnta il console – che giungono anche dalla capitale Seoul, e alcune perfino dall’estero, pur di sottoporsi a delle visite di controllo medico o a degli interventi specialistici presso le strutture sanitarie di Busan, sia pubbliche che private. Basti pensare che il centro oncologico del Busan National University Hospital è un’autentica eccellenza del sistema sanitario coreano a livello internazionale».
Chi è il console
Vincenzo Campitelli, romano, è un coreano d’adozione. Quindici anni a Busan sono passati in un lampo e si trova benissimo. È uno dei pochi italiani presenti in città ma non ha perso le sue origini. Appassionato di Subbuteo, si integra benissimo con gli abitanti parlando di calcio. «I coreani sono soprattutto tifosi della Juventus» ammette Campitelli. «Ma sono attratti dalla Serie A in generale. Un episodio abbastanza divertente avviene all’indomani della vittoria del Milan in Champions League contro il Liverpool nel 2007: avevo legato una sciarpa rossonera al mio zaino e in metropolitana alcuni liceali e signori sulla cinquantina mi salutano con un “Ciao Rossoneri!”. Avevano capito al volo che ero italiano!».
Campitelli è un appassionato di musica e di radio, tanto che su Radio 105 partecipava spesso al programma “Radio Costanzo Show” con Maurizio Costanzo e Carlotta Quadri raccontando la sua vita in un Paese così distante: «La radio ha il potere di farmi sentire idealmente meno lontano rispetto all’Italia, soprattutto quando sono all’ascolto di programmi comici quali “13 PM” con i “Soci” Paolino & Martin e lo “Zoo di 105” con Marco Mazzoli. Queste trasmissioni, che a causa del fuso orario ascolto a fine giornata, riescono a regalarmi risate e spensieratezza: quello di cui ho bisogno per risvegliarmi in totale serenità il giorno dopo in vista delle tante responsabilità a cui devo fare fronte».
Il ruolo del Consolato nei rapporti Corea-Italia
Il console è orgoglioso delle sue origini e un appassionato rappresentante della Repubblica italiana. «Sono console onorario d’Italia a Busan dal 2015, su proposta dell’ambasciata di Seul. Busan assume importanza strategica a livello politico e commerciale e sempre più italiani la frequentano per studio, turismo e lavoro. Tanto che c’era bisogno di fornire maggior assistenza a livello istituzionale, per risolvere imprevisti o improvvise necessità. Questo incarico rappresenta per me un progetto senza scadenze con la speranza di continuare ad offrire anche in futuro il mio contributo alle istituzioni italiane presenti in Corea».
«Ho l’onore e al contempo la responsabilità – conclude – di rappresentare la cultura italiana in un Paese dove il nome Italia è ancora sinonimo di raffinatezza, gusto e arte. I Coreani sono davvero attratti dal vivere italiano. E anche in questi difficili giorni di pandemia mi capita di ascoltare sempre più persone il cui sogno, una volta che questa emergenza sarà alle spalle, è quello di visitare il prima possibile il nostro Paese. Una considerazione che mi rende doppiamente ottimista, soprattutto per ciò che concerne il futuro del settore turistico in Italia». Un messaggio che viene dall’altra parte del mondo e che il nostro tessuto economico e industriale deve raccogliere come sfida per il futuro e per il riscatto dopo la pandemia.
Ivan Bruno Zabeo
Nella foto in evidenza: Tempio Yonggungsa