Lo studio austriaco: a causa dei cambiamenti climatici, molte delle 69 specie analizzate non saranno più adatte entro la fine del secolo
Tra gli effetti dei cambiamenti climatici rientra anche l’impatto sulle tipologie di alberi adatte a vivere in un determinato ambiente. In questa prospettiva, di qui al 2100 l’Europa, dove già negli ultimi decenni si sono registrati grandi impulsi di mortalità degli alberi, è destinata a registrare un profondo cambiamento.
Secondo uno studio dell’Università di Vienna pubblicato su “Nature Ecology&Evolution”, il pool di specie arboree gestibili nel continente entro fine secolo si ridurrà del 33% se il cambiamento climatico sarà moderato e del 49% se questo arriverà a un livello grave.
Un quadro che diventa ancor più preoccupante se ci si concentra, come hanno fatto i ricercatori, su alcune funzioni ecosistemiche importanti per l’uomo svolte dagli alberi. Ovvero la produzione di legname, lo stoccaggio di carbonio e la conservazione della biodiversità.
Vi sono infatti specie arboree che hanno un potenziale più elevato di altre. E, dice lo studio, guardando alle 3 funzioni queste si ridurranno rispettivamente a 3,18, 3,53 e 2,56 per km quadrato, con solo il 56% dell’Europa che rimarrà adatta a miscele di almeno 2 specie con elevato potere di multifunzionalità.
Il collo di bottiglia e il ripensamento delle foreste europee
Gli studiosi austriaci definiscono la situazione un “collo di bottiglia” indotto dal clima nella gestione delle foreste. In altri termini, spiegano, “il numero di specie arboree che possono essere sostenute nel corso del secolo è considerevolmente inferiore a quanto previsto in una classica applicazione temporale dei modelli di distribuzione delle specie”. I modelli di distribuzione delle specie sviluppati dai ricercatori si sono concentrati sui 69 specie di alberi europei, basati sui dati di presenza provenienti da 238.080 siti.
È così emersa la necessità di un’importante riorganizzazione degli ecosistemi forestali europei. “Per avviare una robusta generazione successiva di alberi – si legge nell’abstract – le specie piantate oggi devono essere climaticamente adatte per tutto il 21° secolo”. Quindi, per sfruttare “l’opportunità di avviare un nuovo gruppo di foreste adattate al clima e in grado di fornire servizi ecosistemici in condizioni di cambiamento climatico è necessario individuare le specie arboree adatte e sostenibili per tutto il secolo”.
Le nuove specie e le foreste miste
La diversità delle specie arboree autoctone in Europa, sottolinea lo studio, è “relativamente bassa e il pool di specie attualmente disponibili per la gestione forestale è ulteriormente limitato dai cambiamenti climatici”. Né si può pensare nel breve termine a una sostituzione di specie: “Sebbene il cambiamento climatico renderà nuove specie adatte in futuro – si afferma – le condizioni attuali sono ancora al di fuori della loro nicchia climatica, impedendone l’immediata introduzione”.
L’introduzione di specie non autoctone, inoltre, rende necessaria un’attenta valutazione di vantaggi e svantaggi. L’ipotesi avanzata da alcuni esperti è allora quella di puntare sulla mescolanza delle specie arboree. L’analisi svolta dagli studiosi austriaci indica però che la possibilità di sfruttare gli effetti positivi delle foreste miste “potrebbe essere fortemente limitata” proprio dai cambiamenti climatici, visto che da questi potrebbe derivare una limitazione di specie arboree locali.
Alberto Minazzi