La circolare del Ministero dell’Interno: no alle key-box e obbligo di chiedere di persona la carta d’identità agli ospiti
Il fenomeno degli affitti brevi è sempre più diffuso e, in Italia, sembra essere destinato a registrare un’ulteriore accelerazione il prossimo anno. Il Ministero dell’Interno stima infatti che, in occasione del Giubileo, arriveranno nel nostro Paese tra i 30 e i 35 milioni di turisti.
L’ospitalità extralberghiera è insomma un tema caldissimo, sia dal punto di vista economico che sul fronte della sicurezza.
Gli affitti brevi, per esempio, sono stati uno dei punti centrali nel recente G7 del Turismo di Firenze.
E alcuni dei Comuni delle principali destinazioni, da Venezia, a Roma, a Firenze, hanno provato a mettere in campo soluzioni innovative per la gestione.
Adesso, però, arriva su tutto il territorio nazionale una stretta.
Il Viminale ha deciso infatti di pubblicare una circolare in cui vengono chiariti alcuni aspetti delicati legati agli affitti brevi, a partire dall’accoglienza degli ospiti e dalla loro identificazione, con successiva comunicazione alle autorità. Indicazioni valide anche per lo scambio casa.
Prevenire rischi legati alla situazione internazionale
Il Ministero ha motivato la circolare spiegando in particolare che “tenuto conto dell’evoluzione della difficile situazione internazionale, emerge la necessità di attuare stringenti misure finalizzate a prevenire rischi per l’ordine e la sicurezza pubblica in relazione all’eventuale alloggiamento di persone pericolose legate a organizzazioni criminali o terroristiche”.
In particolare, il Viminale si è espresso sull’uso crescente di strumenti come le key-box, cioè le cassette portachiavi posizionate all’esterno delle strutture, e le pulsantiere, che consentono ai locatori di gestire l’accoglienza da remoto. Con la circolare è stato infatti chiarito che queste moderne forme automatizzate non soddisfano i requisiti previsti dalla legge che devo’ essere rispettata da chi offre ospitalità, in particolare riguardo agli aspetti legati alla pubblica sicurezza.
La necessità di identificazione degli ospiti
In tal senso, lo stesso documento ribadisce che i gestori hanno l’obbligo di procedere all’identificazione “de visu” delle persone ospitate, verificandone concretamente l’identità attraverso il documento di cui i clienti devono essere muniti al momento dell’arrivo nella struttura. E gli estremi del documento, con le relative generalità, devono essere comunicati dal locatore alla Questura territorialmente competente entro le 24 successive all’arrivo.
In caso di gestione completamente automatizzata, effettuata anche attraverso l’invio di codici d’accesso per l’apertura automatica della porta d’ingresso, sottolinea sempre la circolare, non si può escludere infatti il rischio che “dopo l’invio dei documenti in via informatica, la struttura possa essere occupata da uno o più soggetti le cui generalità restano ignote alla Questura competente, comportando un potenziale pericolo perla sicurezza della collettività”.
Le reazioni: tanti sì (ma anche un no)
La novità è stata accolta positivamente dai sindaci delle città in cui sono maggiormente diffusi gli affitti brevi, molti dei quali hanno espresso pubblicamente il proprio commento favorevole. Ma anche da alcune realtà in prima linea nel fenomeno, come Airbnb. Tra le voci contrarie, invece, spicca quella dell’Associazione italiana gestori affitti brevi (Aigab), che vede nell’obbligo di riconoscimento fisico addirittura una forma di discriminazione.
L’associazione ha sottolineato infatti che i software utilizzati da molti gestori professionali di case proposte sul mercato degli affitti brevi usano tecnologie di riconoscimento degli ospiti all’avanguardia, essendo dotate di tracciamento biometrico e codici Otp che rendono questi sistemi del tutto analoghi allo Spid, agli accessi agli autonoleggi e ai conti correnti bancari. Le nuove indicazioni, intanto, porteranno a un monitoraggio specifico delle procedure di check-in.
Alberto Minazzi