La usavano i Babilonesi e gli Aztechi. L’acquaponica è una pratica che può liberarci dall’import dei concimi
I fertilizzanti chimici che scarseggiano a causa della crisi legata al conflitto tra Russia e Ucraina possono essere sostituiti ripescando una pratica ambientale all’insegna della massima sostenibilità: l’acquaponica.
Attraverso l’acqua, la coltivazione delle piante e l’allevamento degli animali acquatici, infatti, come insegna la Fao già dal 2014, si possono ottenere enormi quantità di concimi.
I concimi e l’aquaponica
Da Russia, Ucraina e Bielorussia nel 2021 sono stati importati in Italia nel 2021 flussi di questo tipo di merce per, rispettivamente, 65, 55 e 20 milioni di euro.
Prodotti che, per di più, negli ultimi mesi sono più che raddoppiati di prezzo, contribuendo al rialzo dei costi per le produzioni agricole che, giocoforza, si riversano poi sui consumatori finali.
La soluzione naturale che propone l’acquaponica è quella di sfruttare gli escrementi prodotti da carpe koi e tilapie, cioè i pesci che vivono nei bacini artificiali che mettono insieme l’allevamento ittico e la produzione agricola. Tra le sostanze organiche prodotte da questi pesci vi è infatti anche l’ammoniaca da cui, grazie all’opportuno trattamento in un biofiltro con batteri che la scindono in nitriti e poi in nitrati,è possibile ricavare l’azoto necessario per la coltivazione delle piante.
I vantaggi per l’ambiente
Negli impianti acquaponici, il ciclo dell’acqua, dopo il filtraggio, continua attraverso l’irrigazione dall’alto.
I nutrienti ricavati dall’acqua trattata vengono assorbiti dalle radici delle piante. E queste, a loro volta, filtrano l’acqua in eccesso, reimmessa così purificata nelle vasche dove vivono, crescono e possono a loro volta moltiplicarsi i pesci dell’allevamento. Così come raddoppia la produttività per ettaro di terreno.
Come quantifica l’azienda agricola acquaponica “The Circle”, l’utilizzo dei pesci in agricoltura permette significativi abbattimenti degli impatti delle coltivazioni sull’ambiente.
Per un kg di prodotto agricolo, ad esempio, sono necessari 135 litri d’acqua in meno rispetto alle coltivazioni tradizionali. Inoltre, le emissioni inquinanti in atmosfera si riducono di oltre il 90%, con ad esempio 33 mila kg di CO2 in meno immessi ogni anno nell’aria. Senza dimenticare l’abbattimento dell’utilizzo di diserbanti e antiparassitari.
Un piano per l’acquaponica
L’acquaponica non è un’invenzione moderna, anzi.
Ci sono reperti che confermano l’utilizzo di procedimenti legati alla creazione di ambienti agricoli e di allevamento a riciclo d’acqua chiuso e continuo addirittura nelle civiltà dei Babilonesi e degli Aztechi. E lo stesso ciclo dell’azoto, alla base delle colture acquaponiche, è un processo che si verifica spontaneamente anche in natura.
Logicamente, l’evoluzione delle tecniche ha portato a ottimizzare queste pratiche, che però risultano ancora solo parzialmente sfruttate. “Le nuove tecnologie come l’acquaponica – dichiara Thomas Marino, co-founder di The Circle all’agenzia Agi – vanno inserite in un piano di sviluppo su un orizzonte temporale di 3-5 anni. A oggi, i pesci da soli non possono essere un’alternativa in grado di coprire tutto il fabbisogno di concimi che arriva dall’estero: devono essere integrati in un sistema tecnologico e funzionale”.
Alberto Minazzi