La presidente Ermelinda Damiano: “Da Venezia parte una ferma condanna a quanto sta succedendo”
“E’ talmente crudele il dramma che sta vivendo il nostro Paese, che il pianto si trasforma in rabbia e la rabbia in rivolta con l’aiuto del mondo intero. Dal giorno in cui è stata uccisa la giovane Mahsa Amini, il regime iraniano ha arrestato circa 20.000 persone, assassinato 500 manifestanti, di cui 70 minorenni e mandato sul patibolo giovani di età compresa tra i 20 e i 23 anni. Echeggiano ancora le parole di Mohammad Mehdi Karim, 20enne impiccato per mano del regime teocratico, il quale scriveva al padre: ‘Papà, hanno proclamato la sentenza. La mia è la pena di morte. Alla mamma non dire niente’.
A Jalal Saraji, il giovane che ha parlato per la comunità iraniana di Venezia, trema la voce mentre racconta alla folla che si è riunita oggi (2 febbraio ndr) in un flash mob in Campo Manin, a Venezia, quanto stanno vivendo i suoi coetanei in Iran.
“La colpa di Mohammad Mehdi Karim, come quella di centinaia di altri giovani – spiega – è stata quella di aver rivendicato libertà fondamentali, una vita normale.
Il consiglio comunale di Venezia a sostegno della comunità iraniana
A fianco della comunità iraniana e dell’ associazione ‘Donna Vita Libertà’, che hanno organizzato la manifestazione non solo per ricordare le vittime di ieri, di oggi e di domani ma soprattutto per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sta accandendo nel loro Paese, si è presentato il consiglio comunale, esprimendo “solidarietà e appoggio – ha detto la presidente Ermelinda Damiano – alla lotta per la libertà e democrazia del popolo iraniano contro la violenza del regime teocratico che in 43 anni dalla sua salita al potere, ha negato e nega le libertà fondamentali e il rispetto dei diritti civili alla popolazione e in particolar modo alle donne”.
“Lottiamo per una vita normale”
Nel campo veneziano, cinque ragazzi iraniani hanno sfilato con il volto coperto da una maschera raffigurante il volto di altrettanti loro connazionali uccisi dla regime. Accanto a loro, un patibolo di legno con un cappio e nell’aria la canzone simbolo della rivolta: “Lottiamo per una vita normale“.
“Da solo questo popolo non riuscirà a vincere – ha aggiunto Jalal Saraji a nome della comunità iraniana – abbiamo bisogno dell’aiuto di tutto il mondo democratico: questa è la nostra rivoluzione femminile e culturale, la più importante dopo quella francese e d’Ottobre”.
Un aiuto che Venezia non intende far mancare .
“Il nostro appoggio – ha detto ancora la presidente Damiano -è solo una goccia, ma non possiamo rimanere indifferenti, non possiamo voltarci dall’altra parte. Se si dovesse arrivare ad un vero cambiamento della situazione in Iran credo che sarebbe una grande conquista per tutte le donne del mondo e per tutti quei Paesi in cui ancora si assiste alla violazione dei diritti umani. Da Venezia parte una ferma condanna a quanto sta succedendo. Venezia, crocevia di popoli e di culture, città del dialogo e dell’accoglienza, continua a onorare questa storia”.